Il “dàgli al banchiere” si ode forte e chiaro da Milano a Seul
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Per il pm Alfredo Robledo, titolare dell’inchiesta, l’Italia “è stata terra di scorribande”.Eppure questa è una piccola storia rispetto agli scandali che stanno investendo alcuni dei principali istituti finanziari del mondo, dove le “scorribande” sarebbero state celate a lungo anche dai rappresentanti delle istituzioni. E’ il caso di Ubs che, secondo quanto rivelato ieri dal Financial Times, ha patteggiato una sanzione da 1,3 miliardi di euro con le autorità svizzere, americane e inglesi per chiudere il procedimento per manipolazione “consueta e diffusa” del tassi interbancari Libor ed Euribor che fungono da riferimento per scambi miliardari in diversi prodotti finanziari. Lo scandalo riguarda almeno dieci istituti e della faccenda era al corrente dal 2008 anche il segretario al Tesoro americano, Timothy Geithner. La banca, guidata da Sergio Ermotti, andrà incontro a perdite da mettere a bilancio. L’inglese Barclays aveva patteggiato una penale, il suo amministratore delegato Bob Diamond si era dimesso perché direttamente coinvolto. Entrambi gli istituti hanno ammesso sia le manipolazioni da parte dei trader per fare profitto sui derivati sia la corruzione del tasso in sede di concertazione alla British Bankers’ Association, cui è stata tolta la facoltà di assestare il Libor. Ci sono stati duemila interventi considerati impropri in Ubs e sarebbero coinvolti oltre 45 manager dal 2005 al 2010. Almeno due finiranno alla sbarra. “Pensami quando sarai sul tuo yacht a Monaco”, è solo uno degli scambi di e-mail tra i personaggi coinvolti. Intanto nemmeno l’Asia è risparmiata dall’ondata del “dàgli al banchiere”. In Corea del sud gli istituti Kookmin, Shinhan, Woori e Hana sono sospettati di avere manipolato i certificati di deposito (Cd), usati di norma come riferimento per fissare i tassi di prestito. Altro filone è quello dei legami e degli affari con l’Iran e del riciclaggio del denaro criminale. E’ il caso in particolare dell’americana Standard Chartered, accusata di “lavare” i petrodollari dell’Iran, pratica vietata perché il paese è sotto sanzioni. Anche la storica banca inglese Hsbc ha patteggiato per avere ripulito denaro dei cartelli della droga messicani e degli iraniani, la contesa non è chiusa. Pendente, infine, è il caso di Royal Bank of Scotland, sospettata anch’essa di fare affari con Teheran.
Twitter @Al_Brambilla
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