mercoledì 5 dicembre 2012

Il muro dell'omertà


Vuoi vedere che i MAFIOSI erano loro?

 Antonio Ingroia francesco messineo Antonino Di Matteo Paolo Borsellino Giorgio Napolitano

 di Valerio Valentini, dal blog Byoblu

 La realtà è che ieri è stata scritta una pagina orrenda della storia della Repubblica italiana. La realtà è che ieri l’Italia dei giusti è stata, per l’ennesima volta, derisa, umiliata, oltraggiata. La realtà è che non si trattava di decretare se i magistrati di Palermo abbiano agito secondo le norme del diritto: si trattava di stabilire se certe verità possano, o meno, essere ricercate. Ieri la Consulta non ha semplicemente costretto a distruggere delle intercettazioni; ieri la Consulta ha ribadito che certe cose non devono essere dette, che certe stanze, nonostante siano state già abbattute le porte che le rendevano inaccessibili, non devono essere rischiarate dalle luci della verità.

 La realtà è che ancora una volta sono stati ingiuriati i partigiani della giustizia e della costituzione. La realtà è che ancora una volta si è detto che chi vuole sapere e far sapere è un illuso, che chi crede nella giustizia uguale per tutti è uno sciocco, che chi non si arrende “al puzzo del compromesso morale, della indifferenza, della complicità e quindi della contiguità” deve rassegnarsi a restare sconfitto. Anzi, di più. La realtà è che si è sancito che nell’Italia di oggi chi persegue la verità compie un atto criminale, mette a repentaglio gli equilibri fragili e marci su cui ancora si regge uno Stato barcollante e bugiardo.
 La realtà è che ieri questo Stato è stato costretto a gettare la maschera e a mostrare il suo volto più autentico. La realtà è che quel volto è ipocrita e feroce. Ipocrita perché santifica i “martiri” e gli “eroi” dopo che il tritolo li ha ridotti a brandelli, mentre li isola e li delegittima mentre hanno ancora la forza della loro ragione. E feroce, quando sotto ai suoi piedi la terra scricchiola, perché non si fa alcuno scrupolo nel ricorrere ai mezzi più disgustosi e meschini. Perché la realtà non è, come stanno scrivendo i giornali, che ieri la Consulta ha riscontrato un’irregolarità nella condotta tenuta da Ingroia, Di Matteo, Messineo e i loro colleghi; la realtà è che ieri la Consulta ha accusato – è stata di fatto obbligata a farlo – Ingroia, Di Matteo, Messineo e i loro colleghi di aver attentato all’integrità delle prerogative del Capo dello Statoli ha dipinti come dei cospiratori, come dei mafiosi.
 La realtà è che questa vergognosa faccenda dimostra che chi condivide il Potere, oggi, è avvinghiato in una ragnatela viscida di ricatti incrociati, intessuti per anni e ormai inestricabili; la verità è che il segreto sulle stragi è un segreto di Pulcinella: ai piani alti non esiste chi “non ricorda” cosa sia successo vent’anni fa, e non c’è neppure chi “non sa” su che basi si poggia questa sciagurata seconda repubblica. La realtà è che ci sono personaggi più implicati che hanno lasciato il posto a personaggi meno implicati, che tuttavia sanno e ricordano. E sanno e ricordano anche cosa non deve accadere. E sanno e ricordano anche che quando certi telefoni squillano bisogna rispondere.
 La realtà è che noi tutti oggi siamo chiamati, dalla storia e non solo dalle nostre coscienze, a prendere posizione, a non restare imparziali. Siamo chiamati a scegliere se schierarci con chi cerca di trovare una verità che, essa soltanto, ci permetterebbe di redimere la nostra condizione di popolo e vivere in maniera consapevole e matura la nostra partecipazione alla vita politica, oppure se sostenere – per opportunità, per pavidità, per codardia – chi cerca di annegare quegli spasimi di libertà e di giustizia.
 La mattina in cui morì, Paolo Borsellino scrisse una lettera ad una professoressa di Padova che si era lamentata con lui perché qualche mese prima non si era presentato ad un incontro organizzato nella scuola in cui lei insegnava. Tra le varie cose, parlando della “criminalità mafiosa”, Borsellino scrisse: “sono ottimista perché vedo che verso di essa i giovani, siciliani e no, hanno oggi una attenzione ben diversa da quella colpevole indifferenza che io mantenni sino ai quarant’anni. Quando questi giovani saranno adulti avranno più forza di reagire di quanto io e la mia generazione ne abbiamo avuta”.
 Dov’è quella forza? Perché accettiamo con noncuranza e rassegnazione che la lotta alla mafia venga disinnescata con ogni mezzo? Perché l’Italia dei giusti si lascia deridere, umiliare, oltraggiare? La realtà è che oggi Paolo Borsellino sarebbe deluso. Ma avrebbe sicuramente la stessa voglia di combattere per la verità e per la giustizia.
 E noi?

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