sabato 3 novembre 2012

Gran Bretagna: referendum sull'Europa

La Gran Bretagna verso un referendum sull'Europa

David Cameron

 da Londra, per byoblu.com, Valerio Valentini

 Non se ne è parlato molto, in Inghilterra, quindi probabilmente in Italia non ne arriverà neppure l’eco. Ma quello che è successo mercoledì sera a Westminster merita di essere raccontato, perché tra qualche anno potremmo doverlo ricordare come uno dei prodromi del duro scontro politico tra la Gran Bretagna e l’Europa. Uno scontro, a questo punto, tutt’altro che improbabile, e sicuramente non privo di conseguenze.


 È sera inoltrata, a Londra, quando nella Camera dei Comuni si sta dibattendo sul varo del budget Europeo per il periodo 2014-2020, che verosimilmente verrà approvato a Bruxelles entro novembre. A un certo punto, una cinquantina di Tories – appartenenti quindi allo stesso partito di David Cameron – si alzano in piedi per votare contro i provvedimenti proposti dal primo ministro. Immediatamente i Laburisti prendono la palla al balzo e appoggiano la loro mozione. Risultato: il governo viene battuto 307 a 294.
 Qual è il motivo del contendere? Stando alle anticipazioni, pare che la Commissione Europea abbia intenzione di proporre un rifinanziamento del budget pari al 5%, portandolo così a 826 miliardi di Euro. David Cameron, fedele alla sua linea dura contro gli sprechi dell’eurozona, dichiara che presenterà una proposta per congelare momentaneamente il bilancio, accettando soltanto gli aumenti proporzionati al livello dell’inflazione. Neppure un centesimo in più, per evitare che gli Stati più ricchi ed efficienti debbano pagare i debiti di quelli spendaccioni sull’orlo del default. Ma per gli esponenti dell’ala più radicale del partito dei Conservatori, quella dichiaratamente euroscettica, non è ancora abbastanza: loro pretendono addirittura un taglio al bilancio. Si accende il dibattito, e a quel punto si insinuano, con cinico opportunismo, i Laburisti. I quali sono invece apertamente favorevoli all’Europa, ma di fronte alla prospettiva di mandare sotto il governo Cameron non si fanno tante remore. Va detto che per quanto riguarda le riunioni di Bruxelles di questo mese, la Gran Bretagna non assumerà ancora posizioni estreme. Il voto di mercoledì non era, infatti, vincolante per il governo, e quindi Cameron procederà come aveva pianificato. Ma i rischi per i futuri equilibri, sia britannici sia europei, sono quantomai concreti.
 La stabilità dell’esecutivo è infatti messa ogni giorno a dura prova: Cameron ha ricevuto critiche molto aspre rispetto alla politica energetica attuata dal suo governo, e in questi giorni sta montando parecchio malumore anche tra i suoi sostenitori. Non solo: il capogruppo dei Tories alla Camera dei Comuni, e Chief Whip del governo (capo del gabinetto che garantisce il rispetto delle linee del partito da parte di tutti i suoi parlamentari), è stato costretto a rassegnare le sue dimissioni, dopo lo scandalo del “Plebgate” rivelato dal Sun. Di fatto, aveva insultato due poliziotti dando loro dei “fottuti plebei” (ebbene sì, qui per queste faccende gli esponenti del governo si dimettono: ho provato a spiegare ad un mio compagno di università che da noi i politici che azzannano i carabinieri vengono nominati Ministri dell’Interno, ma non m’ha voluto credere).
 Questi e altri problemi stanno costringendo Cameron a cercare nuovi consensi. Ma per farlo, il primo ministro si vede spesso costretto a strizzare l’occhio proprio a quell’ala più radicale del suo partito che spesso fa della vera e propria fronda interna, soprattutto quando si tratta di Europa. “Per quale motivo – sostengono i frondisti – dovremmo avallare politiche di austerity in patria per poi andare a scialacquare i soldi dei contribuenti inglesi a Bruxelles?”. A dire il vero, anche Cameron la settimana scorsa ha pronunciato discorsi del genere, riscuotendo consensi proprio in quell’ala più oltranzista del suo partito. La quale, però, ora insiste con istanze sempre più radicali, e pretende il taglio del budget europeo per i prossimi sei anni, e addirittura un referendum per chiedere ai cittadini britannici di esprimersi sulla loro effettiva volontà di rimanere in Europa.
 Molti osservatori politici inglesi condannano questo atteggiamento, denunciando il fatto che un simile testardo euroscetticismo porterà la Gran Bretagna a rimanere isolata. Ma alcuni Conservatori non sembrano vedere questo come un problema, e anzi auspicano proprio un isolamento britannico sul modello di quello di Svizzera o Norvegia.
 In ogni caso, il prossimo banco di prova, per Cameron e per un bel pezzo d’Europa, sarà l’approvazione del pacchetto di misure che il governo presenterà al Parlamento inglese di ritorno da Bruxelles. Il voto definitivo potrebbe avvenire a dicembre oppure slittare a gennaio. A quel punto, la posizione della Gran Bretagna si delineerà con maggiore chiarezza. E forse anche gli equilibri politici europei dovranno essere rivisti.

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