Il Modello Tedesco, Visto da Sotto
(di Maurizio Blondet, rischiocalcolato
“Rent a Rentner”, affitta un pensionato, è un nuovo sito tedesco dove aspiranti di 67-75 anni si propongono come lavoratori. “Trasferire ai giovani la mia esperienza” è la motivazione più spesso dichiarata da questi cerca-lavoro coi capelli bianchi. Ma le difficoltà di farcela con la pensione ad arrivare alla fine del mese, è probabilmente la più vera. Nel 2011, la pensione media nei Laender della ex-Germania Ovest era di 1062 euro mensili, all’Est di 1047. E dal 2000, hanno perso il 17 % del potere d’acquisto ad Ovest, e il 22% all’Est. Quattro milioni di pensionati sono a rischio povertà.
Di loro, circa 761 mila completano il loro assegno con un “mini-job” da 400 euro mensili.
Certo, la Germania è il paese vincente dell’area euro. Ha un attivo di 100 miliardi della bilancia commerciale; è il massimo esportatore dopo la Cina. E’ “altamente competitivo” e super-produttivo, ha portato via quote di mercato all’Italia, alla francia, per non parlare della Spagna. E’ il modello che ci viene proposto: anche noi dobbiamo diventare più competitivi, aumentare la nostra produttività. Ma il travolgente successo tedesco ha un altro aspetto visto da sotto, ossia dalla popolazione meno favorita.
E’ vero che le paghe della Volkwagen sono ben superiori a quelle dei nostri metalmeccanici. Ma è anche vero che 7,3 milioni di tedeschi ha quello che vien chiamato un “mini-job”: salario, 400 euro mensili. Si tratta di un occupato su 5, e due terzi sono donne. Di questi, 3 milioni hanno preso un “mini-job” accanto al lavoro (e salario) principale, perchè altrimenti non ce la fanno a vivere.
I mini-jobs sono la grande scoperta della riforma del lavoro varata dal cancelliere (socialista!) Schroeder: consentono insieme di mantenere basse le statistiche della disoccupazione, e di risparmiare sui sussidi di disoccupazione. Sei disoccupato, magari da lungo tempo? Accetta un mini-job da 400 euro, e il governo ti dà il sussidio meno 400 euro. Il numero dei mini-jobber è aumentato, dal 2003, di 1,6 milioni di addetti. Lavapiatti e parrucchiere, commesse d’appoggio per ore di punta, taxisti, muratori a part-time. Chi ha un mini-job non paga tasse né contributi, ma la sua paga da 400 euro nemmeno contribuisce ad aumentargli la pensione. Si ha quasi il sospetto che serva a mascherare la marginalizzazione permanente di una quota crescente di popolazione, poco istruita, poco abile e dunque inoccupabile nelle sofisticate attività post-moderne. Nonostante il successo esportatore tedesco, infatti, la disoccupazione è piuttosto alta: 7%. Figurarsi quanto salirebbe la percentuale, se si tenesse conto dei mini-jobbers che vorrebbero un lavoro vero. Per il resto:
- Il 20 per cento dei salariati guadagna meno di 10,36 euro lordi l’ora.
- Solo un giovane su 5 oggi ha conseguito un titolo di studio più alto di quello di suo padre.
- Tra il 2006 e il 2010, la proporzione dei lavoratori poveri è cresciuta di oltre il 20% nelle imprese con più di 100 occupati.
- Pare diventata pratica comune “spezzare” una mansione regolare in più mini-job, assegnati a gente che, tutta insieme, viene pagata considerevolmente meno del salario orario standard per quella mansione, come ha rivelato un rapporto dell’Università di Duisburg-Essen
- I salari reali sono caduti del 2,9 per cento tra il 2004 e il 2011.
- Il 10% dei cittadini possiede il 53% della ricchezza tedesca, mentre la metà dei salariati si divide l’1% della medesima ricchezza. La disparità sociale cresce in Germania più che in ogni altro paese europeo.
- Non c’è da meravigliarsi se i consumi interni tedeschi sono bassi e non crescono, elemento non secondario del “successo esportatore germanico”: 14 milioni di lavoratori tedeschi si spartiscono l’1’% della ricchezza prodotta. Quanta frugalità.
Questo è il modello tedesco, visto da sotto. Non si potrebbe averne un altro?
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