giovedì 19 luglio 2012
Attualità di Giacinto Auriti
Nuovo ABRUZZOpress >>> Nazionale
Servizio Stampa - CF 93030590694 - Tel. 0871 63210 - Fax 0871 404798 - Cell. 333. 2577547 - Dir. Resp. Marino Solfanelli
Ap – Della moneta
Il Quotidiano Il Mezzogiorno di Terra di Lavoro, del 3 Novembre u.s., reca il seguente articolo:
Cinque anni dopo, l’attualità di Giacinto Auriti
di Arcangelo Santoro
Chi scrive, ha avuto l’onore di essere commensale del Professor Giacinto Auriti. La mia terzogenita è stata sulle sue ginocchia. Ma andiamo per ordine. Quando parlava, ti affascinava e calamitava l’attenzione degli ascoltatori. Quando metteva per iscritto, le sue tesi, forse perché cercava di essere il più scientifico possibile, non sempre ciò che scriveva era proprio chiarissimo.
La prima cosa che lessi di lui, mi lasciò, come dire, sorpreso e perplesso. Lessi che si batteva per l’abolizione della Banca d’Italia. Onestamente, mi sembrava un problema, a dir poco, ultra-secondario. Poi, studiando meglio le faccende, vidi che, non solo i termini delle proposte del Professore, erano un po’ diversi, ma che il problema che stava sollevando era fondamentale. Il Professore diceva di sé, che era un contadino prestato all’economia. Infatti, era anche produttore di un ottimo vino, cui aveva messo nome:”Nocet cui non bibit” (“fa male a chi non lo beve”). Già questa presentazione, dovrebbe far intuire qualche aspetto della personalità del Nostro. Le brevi note pubblicate dall’amico Ugo Maria Tassinari, e che mi permetto di riportare, fanno una rapida sintesi al riguardo.
Oso aggiungere solo alcuni particolari. Il Professor Giacinto AURITI, aveva in comune con alcuni altri grandi nomi della scienza e della cultura, un particolare. L’aver conservato quel pizzico di “immaturità”, che porta a fare il “Gioco del perché”. Iniziò con il porsi alcune domande, che noi, normalmente, diamo per scontate. Ovvero: cosa è la moneta? Ed a chi appartiene? Trovò che la migliore definizione era quella di Aristotele: “Misura del Valore”. Poi, riflettendo, giunse alla conclusione che, la definizione aristotelica, forse era esaustiva per i tempi in cui visse il Filosofo, ma oggi è solo un aspetto. Oltre ad essere “Misura del Valore”, la moneta, nella percezione comune, comprende (o, almeno, *DOVREBBE* comprendere - cominciate con il notare questo uso del verbo al CONDIZIONALE -) sottinteso anche il concetto complementare di “Valore della Misura”. La prima citazione di una transazione, adoperando della moneta, nel senso che quale usualmente intendiamo noi, lo troviamo nell’Iliade. Vi possiamo leggere che lo scudo di Aiace fu pagato “DODICI BUOI”. Dal contesto, non è chiaro, se si sta parlando proprio di animali, o di dodici gettoni, a forma di testa di toro. Quel che è certo, è che, nella seconda ipotesi, tanto coloro che hanno venduto lo scudo, quanto coloro che lo hanno comprato, sapevano dove si trovava il recinto, entro il quale erano richiuse le bestie, e, ove, in qualunque momento, ci si poteva recare e, consegnando il gettone, si ritirava l’animale. In altri termini, la moneta aveva una base reale, cui confrontarla, per riconoscerle un valore. La si accetta in cambio di beni e/o servizi, perché ci si aspetta, a nostra volta, di cederla contro beni e/o servizi. Ora, questa nostra convinzione, è in rapporto al fatto che la moneta è percepita quale garantita da qualche cosa di “Reale”. Qualche cosa che dovrebbe soddisfare alcune caratteristiche: di disponibilità il più possibile costante; non producibile con economie di scala, tecnologie, trasformazioni, ecc…; divisibile/misurabile; stoccabile; universalmente noto.
Come abbiamo visto, all’inizio fu il bestiame (o almeno la sua rappresentazione), per cui la moneta è chiamata anche “Pecunia”. In seguito, in particolar modo nei paesi caldi, fu usato il sale, da cui l’espressione “Salario”. Si è potuto vedere che ciò che più risponde alle caratteristiche di cui sopra, si chiama: ORO. Questo aggancio all’oro, per motivi che sarebbe troppo lungo anche solo accennare in questa sede, non solo non esiste più da tempo, ma dal 15 agosto 1971, è un fatto risaputo ed acclarato. Da esattamente quaranta anni, sappiamo che il denaro, non ha garanzia aurea. Pertanto, la nostra convinzione di accettarlo contro beni e/o servizi, perché vogliamo cederlo contro beni e/o servizi, è L’UNICA & SOLA BASE del suo valore. In definitiva, il valore del denaro è di natura “SPIRITUALE”.
Pertanto, i cittadini possessori/utenti del danaro, sono coloro che ne creano il valore. Pertanto, Loro ne sono i proprietari. OGGI cosa succede? Le banche centrali si comportano come se fossero loro le creatrici/proprietarie del danaro. Mettiamo che, la spesa tipografica per produrre una banconota da 100 Euro sia di 3 centesimi di Euro (in realtà penso che sia molto meno). La Banca Centrale Europea a fronte di una spesa di 3 centesimi, anzi, in tempo di denaro elettronico/”virtuale”, oramai neppure più quella, addebita alle banche nazionali (verso la quale banca europea, le banche centrali nazionali, hanno un rapporto curioso, forse mai visto prima: ne sono TANTO le proprietarie, che le filiali nazionali, ed anche le principali clienti, anzi, il solo fare cenno alla relazione, ancora più curiosa, che hanno con la Banca dei Regolamenti internazionali di Zurigo, ci porterebbe lontano) 100 Euro, Più gli interessi (il c.d. “TASSO DI SCONTO”). Le banche centrali nazionali, a loro volta, lo cedono agli Stati, riprendendosi i soldi, più ulteriori interessi. Tale utile, assume il nome di “Signoraggio Primario” INFATTI, la stessa Banca d’Italia, ci da la seguente definizione: “Per signoraggio primario viene comunemente inteso l’insieme dei redditi derivanti dall’emissione di moneta. Con riferimento all’euro il reddito da signoraggio generato dall’emissione della moneta è definito come reddito originato dagli attivi ottenuti in contropartita delle banconote in circolazione e viene ricompreso nel calcolo del reddito monetario che, secondo l’articolo 32.1 dello Statuto del SEBC, è “Il reddito ottenuto dalle Banche Centrali Nazionali nell’esercizio delle funzioni di politica monetaria del Sistema Europeo delle Banche Centrali”. Era ciò che il Professor Giacinto AURITI chiamava “Usura MAJOR”. Al cui confronto, ogni altro prestito ad interesse, per quanto esoso e criminale, è “Usura minor”. Il prestito ad interesse che, nelle sue forme “minori”, corrode e rovina la vita a famiglie ed aziende, è poca cosa rispetto alla palla al piede per l’economia nazionale, rappresentata dal Signoraggio. E così si sarebbero compiuti i sogni e gli auspici di tanti grandi santi, da San Giacomo della Marca, a San Gaetano Thiene (patrono del Regno di Napoli). il Nostro Professore, non solo non nascondeva il suo essere “Cattolico Apostolico ROMANO (Anche se sono abruzzese, aggiungeva)”. Per non parlare di come, nel corso della sua vita, si sono verificati fenomeni mistici. Fenomeni, circa i quali era molto restio a parlarne e di qualche cosa in più, si è saputo solo dopo la sua morte. Ora, tornando al signoraggio, la proposta di AURITI era quella di capovolgere la situazione. Se il denaro ha valore, poiché sono coloro che lo accettano a dargliene, in quanto lo usano, il SIGNORAGGIO è un utile che spetta ai cittadini. In concreto: le banche centrali possono continuare ad esistere ma debbono operare solo per distribuire il denaro, non per crearlo. Dato che i proprietari sono i cittadini, non deve essere firmato dal governatore della Banca, bensì dal Capo dello Stato (o da futura figura equivalente).
L’Autorità economica, come vigeva nelle società tradizionali, deve essere, quanto meno concettualmente, soggetta all’autorità politica. Situazione, quest’ultima, che è compatibile con le economie di mercato, come vari politici hanno dimostrato, dai tempi di Colbert. Ciò comportebbe una congrua diminuzione di tasse ed imposte SE NON, FORSE, LA LORO riduzione ai minimi termini, senza dover penalizzare più di tanto i servizi. Con il nome del ministro francese del XVII Secolo, iniziamo a citare nomi che, forse non del tutto a torto, possono non essere simpatici ad alcuni di noi. Adesso faccio un nome che è chiaramente “antipatico” a molti di noi, in primis a me. Il Settimanale “Famiglia Cristiana”. Forse il migliore articolo che ha pubblicato, dal Vaticano II ad oggi, è un pezzo di circa un ventennio fa. Il settimanale, fu il primo organo di stampa che, con quel testo, fece conoscere “Urbi &t orbi” (“A tutti gli ORBI della Città e pure ai ciechi” come traduce un mio caro amico) che la Banca d’Italia è un ente privato e ne pubblicò l’elenco degli
azionisti. Da allora, l’istituto si sentì obbligato a togliere ogni vincolo di riservatezza su tale elenco.
Torniamo ai nomi “antipatici”. Nel testo di Tassinari, ne troverete più di uno. Il Professore reputava che, una tale battaglia, che voleva essere per un cambiamento davvero “epocale”, voleva realizzare “l’Utopia” della fine dello sfruttamento, è una battaglia che dovrebbe interessare e coinvolgere TUTTI coloro che hanno davvero a cuore il bene del popolo, IN MODO tale CHE OGGI SI DIREBBE “TRASVERSALE”. Ai nomi di politici e di partiti che troverete qua, aggiungo che aveva rapporti di stima reciproca e di amicizia con militanti di tutti i partiti. Da “NO Global” a fascistissimi, dagli ultra-referendari del Professor Massimo Severo Giannini a De Mita (di quest’ultimo nome, che mi è stato riferito, non sono certo, ma non vi troverei nulla di strano).
A.S
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento