sabato 2 giugno 2012

Caso Rapetto: le banche sono Cosa Nostra

31 maggio 2012

La mafia e la classe politica impongono al governo di far dimettere il Nemico n.1 dei criminali finanziari in Italia: il colonnello Rapetto.


di Sergio Di Cori Modigliani

Ce lo invidia tutta l’Europa. Anzi, ce lo invidiavano. E non solo in Europa. E su questo, bisogna davvero dar battaglia. Il nome è sconosciuto ai più. E qui ve lo presento.
Si chiama Umberto Rapetto, è un colonnello della Guardia di Finanza nato nel 1959. Attualmente insegna “Tecniche di investigazioni digitali” agli allievi del Master in “Criminologia Forense” presso l’Università di Castellanza. E’ l’unico italiano docente della Nato. Insegna “Open Source Intelligence” alla Scuola Nato di Oberammergau in Germania ed è responsabile della formazione intelligence per agenti della Cia che per conto della Nato cercano di rintracciare la filiera del riciclaggio dei soldi dei terroristi nelle banche della zona euro. Inoltre insegna “Sicurezza telematica nelle reti di telecomunicazioni” presso la facoltà di Ingegneria dell’Università di Genova, in un corso specialistico per ingegneri informatici. Ha pubblicato, inoltre, una ventina di libri specialistici, di cui i più importanti sono:
Umberto Rapetto, IL TUO COMPUTER È NEL MIRINO, Milano, Editrice Il Crogiolo, 1990.
Umberto Rapetto, I SISTEMI OPERATIVI DEL PERSONAL COMPUTER, Milano, Pirola Editore (Gruppo Editoriale Il Sole 24 ORE), 1991.
Umberto Rapetto; Salvatore Di Gioia, COME ORGANIZZARE UN ARCHIVIO ELETTRONICO, Milano, Pirola Editore (Gruppo Editoriale Il Sole 24 ORE), 

A detta di tutti (nel senso di esperti) è considerato il numero uno nel suo campo in Europa e tra i primi al mondo. Da anni l’FBI gli promette ponti d’oro per andare a lavorare lì da loro, ma lui risponde sempre “no grazie, la mia vita sono le fiamme gialle”.
Lo era.
Trent’anni di fedele servizio nell’arma della guardia di finanza, ha raggiunto qualche anno fa il grado di colonnello e, considerati i suoi titoli, successi e merito, nonché i dovuti scatti di anzianità raggiunti, si attendeva da un momento all’altro la sua promozione a generale.
E da lì, da quella postazione di comando, per evasori, mafiosi e criminali, avendo “il Grande Mastino” (così è soprannominato nell’ambiente di lavoro) la possibilità di esercitare il comando operativo, sarebbero stati davvero dolori per i furbi, per i collusi, provvedendo a fare ciò di cui l’Italia ha bisogno oggi più di ogni altra cosa in assoluto: rimpinguare le casse dello Stato. E’ ciò che lui predilige. Ed è ciò che sa fare. E lo fa in maniera eccellente.

Da ieri, Umberto Rapetto non fa più parte della Guardia di Finanza. Altro che generale!
L’hanno sbattuto fuori. O meglio, non potendolo fare l’hanno messo nelle condizioni di dimettersi. Come faccio a saperlo? Ce lo ha detto lui stesso con un commovente messaggio su twitter “con il cuore affranto, con dolore civile, e con non pochi rimpianti, ho rassegnato oggi le dimissioni dall’arma”. Sgomento e raccapriccio. E di lì a quaranta minuti, un successivo messaggio su twitter “credetemi, se l’ho fatto è perché sono stato costretto a farlo, mi hanno costretto”.

Champagne a go go tra i mafiosi, tra i politici, tra i criminali che questa sera festeggiano l’abbattimento del più solido e agguerrito combattente contro l’evasione fiscale e i delitti finanziari della mafia operativa all’interno del sistema bancario nazionale.

Adesso che avete capito il tipo e sapete la notizia, vi racconto la sua recente storia.

Ha lavorato con la sua squadra operativa che ha salvaguardato garantendo di persona. Per impedire fughe di notizie, spiate, e perversioni varie, infatti, non ha mai rivelato a nessuno il nome dei suoi quattro collaboratori, noti soltanto al suo superiore in comando. Per cinque anni ha seguito, come un bracco a caccia di tartufi, tutti i componenti delle organizzazioni che gestivano il gioco d’azzardo in Italia senza pagare le tasse. Finchè un giorno, dopo 158 giornate di lavoro, ha chiuso il dossier, lo ha consegnato ai suoi superiori e in copia conforme lo ha consegnato ai carabinieri. Ha fatto arrestare quindici persone e un generale dei carabinieri ha voluto che fosse lui a presentare il caso ai pm. E così, Umberto Rapetto, si è presentato in giudizio con migliaia e migliaia di pagine di prove e con i conti fatti con il pallottoliere: “questi individui sono debitori allo Stato di 98 miliardi, 456 milioni, 756 mila euro: questa è la cifra”.  L’equivalente di cinque grandi manovre finanziarie. Si evitava il taglio sulle pensioni, l’aumento delle tasse. Gli imputati (tutti condannati penalmente) hanno fatto ricorso “patteggiando” in relazione alla cifra da pagare. Rapetto spiegò alla corte che il “solo fatto di accettare l’idea del patteggiamento implica una surrettizia irresponsabilità, non vi è nulla da patteggiare:  quella è la cifra sottratta all’erario, quella è la cifra calcolata al millesimo che deve essere saldata al Ministero del Tesoro”.  (va da sé che nel  frattempo, mentre tutto ciò si svolgeva, a noi nessuno ci diceva nulla perché la nazione era presa dalle ultime notizie sui festini ad Arcore). Alla fine i giudici si sono rivolti alla Corte dei Conti che ha preso atto della condanna penale della Cassazione e ha deliberato imponendo agli imputati il pagamento di 2,5 miliardi di euro. Se non altro qualcosa hanno pagato; sconto effettuato:  96,5%.

Rapetto si è rimesso al lavoro e ha cominciato ad andare dietro alle famiglie mafiose del clan di Santapaola e alla famiglia Corallo di Messina. Anche lì, naturalmente, ha fatto centro. Finchè, dinanzi a inoppugnabili prove, i suoi superiori non hanno potuto far altro che consegnare tutto il materiale alla procura generale di Milano che quattro giorni fa ha emesso l’ordine d’arresto per Massimo Ponzellini, presidente del Banco Popolare di Milano e la richiesta di incarcerazione per Francesco Corallo, nonché la comunicazione di apertura d’indagine penale per “truffa aggravata ai danni dello Stato” nei confronti dell’intero management della banca, che coinvolge politici della stazza di Marco Milanese, Ignazio La Russa, Francesco Fini, Labboccetta, l’imprenditore Paolo Berlusconi e “altri” di cui per il momento non è possibile dar menzione pubblica. Perché il Ponzellini arrestato è vero che era del PDL, ma fino a due anni fa era della Lega Nord quando al Ministero degli Interni c’era Roberto Maroni e fino a quattro anni fa era del PD: era l’uomo che Romano Prodi e Massimo D’Alema avevano imposto alla presidenza della banca, garantendosi l’affidamento delle concessioni per l’apertura delle sale bingo. Fu il grande accordo chiuso nell’ottobre del 2007: la sinistra  gestiva il bingo, la destra le slot machines.
Quindi, Ponzellini è meglio che non parli (meglio per i politici che lo hanno sorretto, si intende).
Quindi, bisogna chiudere questa partita nella maniera più veloce e silenziosa.
Quindi, bisogna eliminare Rapetto, che è davvero un cane rognoso.

E così, hanno iniziato subito a operare come fa sempre la mafia.
Come aveva fatto con Giovanni Falcone: prima la delegittimazione, poi l’isolamento, con annesse calunnie e diffamazioni, poi, quando l’individuo è socialmente isolato o scompare nel nulla perché si ritira a vita privata e viene privato degli strumenti operativi necessari per combattere allora il caso è risolto oppure se continua a dar fastidio allora giù con il tritolo. L’Italia funziona così.

La sintesi è questa: arrestato Ponzellini, Rapetti è costretto alle dimissioni.
Fine del primo tempo: Mafia-Stato: 2-0.

Erano tutti contenti a palazzo.  La Russa, Penati, Tedesco, Cicchitto, Prodi, Fini, D’Alema, Berlusconi. Tutti.
Pensavano che fosse finita la partita.
E invece era finito soltanto il primo tempo.
Perché un curioso personaggio all’interno del PDL (zona AN) ha detto “no, questa volta non ci sto”.  Gli hanno detto ”stai calmo e non fare idiozie”. Lui ha litigato con tutti e avvalendosi della sua funzione, in data 28 maggio 2012 si è presentato  in aula e ha fatto una interrogazione parlamentare ad personam: cioè –considerato lo stato attuale d’emergenza nazionale- direttamente a Mario Monti, pretendendo che il governo desse una risposta per iscritto.
E il governo ha risposto.

Sono riuscito a procurarmi la documentazione parlamentare ufficiale, che sono atti pubblici.
Qui di seguito, per intero, accludo l’interrogazione parlamentare dell’on. Domenico Gramazio e la risposta del sottosegretario alla presidenza del consiglio e al Tesoro Vincenzo Grilli.

Prima dei due documenti, in copia e incolla, vi presento la comunicazione ufficiale dell’evento così come è stata presentata anche dal sito Romacapitale.net , che rappresenta la voce “ufficiale e istituzionale” della capitale di questa Repubblica a nome del Quirinale.

Ecco il testo sintetizzato:

ROMA 31 maggio 2012 - Umberto Rapetto, colonnello comandante del Gat Nucleo Speciale Frodi Telematiche, il più affermato investigatore informatico a livello europeo noto anche come "lo sceriffo del Web", lascia la Guardia di Finanza. Le dimissioni, appena firmate, sono arrivate dopo la sua rimozione dall'incarico finora rivestito. L'ufficiale sarebbe stato destinato a frequentare un corso al Centro Alti Studi Difesa, dove peraltro lo stesso tiene lezioni e conferenze da oltre dieci anni.

La rimozione giunge a ridosso della condanna dei Monopoli di Stato e delle società concessionarie delle slot machine al pagamento di oltre 2 miliardi e mezzo di euro, sanzione derivata dall'indagine svolta proprio da Rapetto su delega della Corte dei Conti.

Sulla vicenda ha risposto oggi il viceministro per l'Economia Vittorio Grilli.

Sulla vicenda ci sono già state diverse interrogazioni parlamentari da parte di Idv, Pd, Udc e Pdl. Come quella di aprile scorso, dove il senatore Elio Lannutti (Idv) elencava i risultati ottenuti dal Nucleo Speciale, diretto appunto dal colonnello Rapetto.

Nel corso degli anni tra i più importanti traguardi raggiunti venivano ricordate: l'Operazione "Macchianera", su delega della Procura della Repubblica di Castrovillari, che ha portato già nel 2005 alla scoperta di centinaia di false posizioni previdenziali create attraverso l'uso fraudolento del sistema informatico dell'Inps; l'Operazione "Stamina RX", che ha coinvolto 10 Procure della Repubblica sull'intero territorio e ha sgominato un'organizzazione che commercializzava via Internet farmaci pericolosi per la salute; l'Operazione "Pentathlon", su delega della Procura di Napoli, che ha portato all'arresto del primo "ladro seriale" di identità, reo di aver rubato ed utilizzato illegalmente i dati di migliaia di avvocati; l'Operazione "Carta da pacchi", su delega della Procura di Roma, che ha smascherato una banda che offriva l'opportunità di pagare bollette e cartelle esattoriali con sconti
significativi; l'Operazione "SIM è Napule", su delega della Procura partenopea, che ha consentito di individuare le dinamiche di attivazione di decine di migliaia di Sim telefoniche a nome di soggetti inesistenti o inconsapevoli.

E ancora, l'indagine (tutt'ora in corso per conto della Procura della Repubblica di Roma) sulle procedure informatiche utilizzate dal Comune di Roma per il trattamento delle pratiche di condono edilizio, accertando gravissime irregolarità da parte dell'Ente pubblico e delle società incaricate in outsourcing con enorme pregiudizio erariale. Fino all’ultima indagine svolta su delega della Procura della Corte dei conti del Lazio e durata circa 3 anni, che ha portato all'individuazione di incredibili irregolarità nel contesto del cosiddetto "gioco legale" delle slot-machine installate negli esercizi pubblici di tutta Italia, dall'originario addebito di diverse decine di miliardi di euro di penali contrattuali non applicate dai Monopoli di Stato; alla revisione normativa e ad altri interventi irrituali per la riduzione dell'importo dovuto dai responsabili (Monopoli e società concessionarie); alla condanna al pagamento di 2 miliardi e 500 milioni di euro, somma immediatamente messa a bilancio dello Stato.

A seguito dei numerosi risultati ottenuti, in special modo quelli verso i Monopoli di Stato, mai conseguiti prima dalla Guardia di Finanza, il Procuratore generale della Corte dei conti del Lazio pro tempore, dottor Ribaudo, aveva proposto l'ufficiale e i suoi collaboratori per un avanzamento di carriera per straordinari meriti di servizio. Il Comando generale della GdF non ha ritenuto di prendere in considerazione la lettera formale e non ha nemmeno istruito la pratica per l'esame della questione.

Come ultima chicca, il colonnello Rapetto, impegnato in tante delicatissime missioni ricevute dalle Procure della Repubblica di tutta Italia, è anche assegnatario dello spinoso compito di coordinare le attività tecniche di recupero ed analisi dei dati memorizzati nella scatola nera e nei computer di bordo della nave Costa "Concordia".

Con incredibile coincidenza L’alto ufficiale, appena resa nota la sentenza della Corte dei conti che confermava l’efficacia delle sue indagini e condannava i responsabili del ciclopico danno erariale, è arrivata la rimozione del colonnello Rapetto dall'incarico di comandante del Nucleo speciale, destinandolo alla frequenza di un corso di formazione.

L'ufficiale, a seguito della comunicazione del trasferimento ad altro incarico, ha formalmente chiesto di conferire con il Comandante generale per esigenze di servizio e la sua istanza - nonostante quanto previsto dal regolamento di disciplina militare - è stata bloccata dalla gerarchia intermedia senza mai giungere all'organo di vertice che avrebbe potuto decidere se ricevere o meno il colonnello.

Diversi parlamentati si chiedono dunque se il trasferimento dell’ufficiale - allontanato dal comando senza alcuna consultazione, così come invece è avvenuto per altri ufficiali - sia semplicemente una ritorsione per il suo brillante risultato e per la sua mancata elasticità a fronte delle pressioni per evitare scandali che potessero coinvolgere altre amministrazioni sempre dipendenti dal Dicastero dell'economia e delle finanze.

Ecco dunque il testo della interrogazione dell’on. Domenico Gramazio, a titolo personale: il titolo della sua interrogazione parlamentare è:

Premesso che:
i Monopoli di Stato e le società concessionarie delle slot machine sono stati condannati dalla Corte dei conti a pagare oltre 2 miliardi e 500 milioni di euro di penali contrattuali per il mancato collegamento degli apparati alla rete dell’anagrafe tributaria con disastrose conseguenze per l’erario;
le indagini delegate dalla Procura della Corte dei conti sono state svolte dal Nucleo speciale frodi telematiche della Guardia di finanza sotto la direzione del colonnello Umberto Rapetto, che, nonostante i ridottissimi mezzi a disposizione, ha conseguito quello che costituisce il più importante risultato mai conseguito dalla Guardia di finanza;
premesso che a quanto risulta all’interrogante:
il Procuratore generale della Corte dei conti del Lazio pro tempore, dottor Ribaudo, ha proposto l’ufficiale e i suoi collaboratori ad un avanzamento per straordinari meriti di servizio ma il Comando generale non ha ritenuto di prendere in considerazione la lettera formale e non ha nemmeno istruito la pratica per l’esame della questione, nonostante le promozioni non siano infrequenti e vadano a premiare persone che non hanno avuto alcun bisogno di fare operazioni clamorose e spesso si sono distinte solo per eccezionale “fedeltà”;
il colonnello Rapetto, impegnato in tante delicatissime deleghe ricevute dalle Procure della Repubblica di tutta Italia, è anche assegnatario dello spinoso compito di coordinare le attività tecniche di recupero ed analisi dei dati memorizzati nella scatola nera e nei computer di bordo della nave Costa “Concordia”, nonché delle non meno scottanti indagini relative alle irregolarità nella gestione del condono edilizio commesse dal sistema informatico del Comune di Roma;
il colonnello Rapetto, che è considerato il più brillante investigatore in tema di criminalità informatica non solo in Italia e che è stato – fra l’altro – capace di far condannare in via definitiva gli hacker che avevano violato i siti Internet del Pentagono, della Nasa, di tanti Governi stranieri, di importanti istituzioni ed enti pubblici italiani, appena la sentenza della Corte dei conti ha confermato la bontà delle sue indagini e condannato i responsabili del ciclopico danno erariale (computato al netto delle riduzioni determinate da interventi normativi e interpretazioni “favorevoli” ai colpevoli e contrarie agli interessi dello Stato), è stato rimosso dall’incarico di comandante del Nucleo speciale e sbalorditivamente destinato alla frequenza di un corso al Centro alti studi difesa dove lo stesso insegna con successo didattico ineguagliabile da circa 15 anni;
l’ufficiale, a seguito della comunicazione del trasferimento ad altro incarico, ha formalmente chiesto di conferire con il Comandante generale per esigenze di servizio e la sua istanza – nonostante quanto previsto dal regolamento di disciplina militare – è stata bloccata dalla gerarchia intermedia senza mai giungere all’organo di vertice che avrebbe potuto decidere se ricevere o meno il colonnello Rapetto;
considerato che il colonnello Rapetto non è stato promosso al grado di generale perché ritenuto dalla Commissione superiore di avanzamento in possesso di qualità intellettuali appena “buone”, a giudizio dell’interrogante in brutale spregio del fatto che Rapetto abbia insegnato in numerosi Atenei italiani e nell’ultimo anno accademico alla facoltà di Ingegneria dell’Università di Genova, collabori assiduamente con “Il Sole-24 Ore” e altri quotidiani, sia molto spesso presente con editoriali sui settimanali “Oggi” e “Sette” del “Corriere della Sera” , sia autore di oltre 50 libri, abbia ripetutamente tenuto lezioni (unico ufficiale non di Forza Armata) in lingua inglese alla Nato School di Oberammergau in Germania, abbia svolto docenza all’allora Scuola di guerra, all’Istituto Superiore degli stati maggiori interforze, al Centro alti studi difesa, alla Scuola di polizia tributaria, alla Scuola tecnica di polizia e in tanti altri istituti di formazione militare, sia stato il Consigliere per la sicurezza tecnologica del Presidente del Consiglio nazionale delle ricerche (CNR), abbia rappresentato l’Italia su delega del Ministero degli esteri nei congressi del Nuclear suppliers group (NSG, l’organismo internazionale per il controllo del nucleare) e del Missile technology control regime (MTCR, per la non proliferazione dell’armamento missilistico) occupandosi di trasferimento di tecnologia intangibile e quindi di spionaggio militare tramite Internet, sia stato distaccato in posizione dirigenziale per alcuni anni all’Autorità per l’informatica nella pubblica amministrazione dove oltre ad essere stato l’assistente del Vice Presidente ha avuto la responsabilità di alcuni progetti speciali, sia stato il promotore e il coordinatore dei primi corsi di “technointelligence” presso il SISDE diretto allora dal prefetto Stelo, sia stato consulente anche della Commissione d’inchiesta sull’affare Telekom-Serbia, e che abbia ricevuto dall’AICA (la storica Associazione italiana per l’informatica ed il calcolo automatico) il premio EUCIP Champion, ovvero lo stesso riconoscimento che l’anno precedente è stato attribuito a Federico Faggin, inventore del microprocessore,
si chiede di sapere:
se risulti al Presidente del Consiglio dei ministri se il trasferimento del colonnello Rapetto – allontanato dal comando senza alcuna consultazione così come invece è avvenuto per altri ufficiali, forse perché lo stesso non ha mai fatto parte di cordate o correnti che notoriamente caratterizzano la Guardia di finanza così come i fatti di cronaca hanno ripetutamente evidenziato – sia semplicemente una ritorsione, a giudizio dell’interrogante spietata, per il suo brillante risultato e per la sua mancata elasticità a fronte delle pressioni ad evitare scandali che potessero coinvolgere altre amministrazioni sempre dipendenti dal Dicastero dell’economia e delle finanze come invece avvenuto;
se risulti che i colleghi di Rapetto, considerati migliori in sede di promozione al grado di generale e riconosciuti in possesso di “validissime” qualità intellettuali, abbiano davvero un così strabiliante curriculum che giustifichi il vantaggio ottenuto in graduatoria;
se la mancata appartenenza a lobby o squadre di fedelissimi, possa pregiudicare fino a questo punto la carriera degli ufficiali migliori;
se l’annunciato congedo del colonnello Rapetto, prima mortificato in avanzamento e adesso messo da parte facendogli frequentare i corsi nell’ambito dei quali egli ha svolto a lungo attività di docenza non costituisca un danno incredibile per il Paese e confermi il disinteresse a premiare chi si impegna e ottiene risultati sorprendenti e di rilevante importanza per la collettività;
inoltre, quale risposta sia stata data all’autorità giudiziaria di Grosseto che avrebbe chiesto di riconsiderare il trasferimento del colonnello Rapetto vista la pendenza delle attività tecnico-investigative per il procedimento relativo al naufragio della Costa “Concordia”, se è vero che al posto del Colonnello Rapetto, guida carismatica del Nucleo speciale e professionista di inconfutabile competenza ai massimi livelli mondiali, sarà assegnato un parigrado, a giudizio dell’interrogante più controllabile, privo di conoscenza del settore e del know how tecnologico;
se inoltre sia vero che – dopo anni di inutili reiterazioni del tentativo di Rapetto di ottenere mezzi e personale – il Nucleo Speciale sia stato potenziato proprio quando il comandante (e creatore) del reparto è stato allontanato e se tale potenziamento avvenga senza che siano stati selezionati i militari da assegnare, acquisiti gli strumenti di lavoro predisposti i locali in cui svolgere l’attività;
se sia vero che la partenza di Rapetto dal Nucleo comporti l’assegnazione di ben sei ufficiali nel tentativo di poter sostituire chi con soli due militari, con il ruolo di capitano, ha inanellato continui successi e dimostrato che è possibile contrastare i sempre più frequenti e diffusi crimini tecnologici (con gioia dei cittadini ed innegabile ritorno di immagine per la Guardia di finanza;
se ritenga opportuno che la Guardia di finanza continui impunita in una gestione delle risorse difficilmente condivisibile, nel continuo permanere di scontri tra correnti facenti capo ai diversi generali di corpo d’armata in lotta per aggiudicarsi la posizione di Comandante generale, nella dolorosa constatazione di sempre più numerosi casi di suicidio tra i militari del Corpo che sono la cartina al tornasole di una condizione di malessere dell’organizzazione;
se il Governo non ritenga che risorse come il colonnello Rapetto debbano essere salvaguardate da simili ingiustizie e se non sia opportuno trovare altra collocazione istituzionale ad un personaggio che, in tanti anni di servizio e di positiva esposizione mediatica, rappresenta uno dei volti di maggiore fiducia per il cittadino e che per fenomenale professionalità ed assoluta indipendenza costituisce pregiato soggetto di assoluta garanzia.

Ed ecco la risposta ufficiale del governo, così come è stata rilasciata dal vice-ministro al Tesoro Vittorio Grilli:
"Il trasferimento del colonnello Umberto Rapetto da capo del Nucleo speciale frodi telematiche della Guardia di Finanza è stata una necessaria disposizione che si è dovuta assumere nei riguardi di un ufficiale, il quale eccezionalmente aveva già da tempo potuto godere di ampi margini di permanenza di un incarico e di una stessa sede di servizio . In particolare Rapetto aveva maturato oltre 10 anni di permanenza nello stesso incarico, un  periodo "eccezionale e singolare" rispetto alle carriere di altri ufficiali del Corpo. Inoltre il colonnello Rapetto, nei suoi 30 anni di carriera, ha prestato servizio in soli tre sedi: Portofferaio, Trieste e Roma a fronte di una media di 7 sedi per gli altri ufficiali con la sua stessa anzianità. Di conseguenza non ci sembra, e non appare ai fatti, che il colonnello meriti alcuna promozione e debba pertanto essere trasferito".
Fine della risposta del governo.

IO VOGLIO RAPETTO GENERALE e mi auguro di interpretare il volere collettivo dei cittadini pensanti di questa nazione.
Rivogliamo Rapetto al suo posto di battaglia, con i galloni, gli applausi e tutto l’ambaradan.
Siamo ai tempi supplementari e manca poco.
Se non facciamo sentire la nostra voce, se non facciamo sentire al governo e ai partiti che gli stiamo con il fiato sul collo, chiuderanno in quattro e quattr’otto l’operazione Ponzellini-Banco Popolare di Milano e la mafia avrà vinto ancora una volta.
Sono i vostri soldi. Sono i nostri soldi. Sono i soldi delle tasse inevase.
Sono i soldi che la BCE dà alle banche  e le banche italiane danno alla mafia con la complicità collusa dei partiti.
Bisogna inventarsi qualcosa e fare un tam tam affinchè questa squallida vicenda venga resa nota al più vasto numero possibile di persone, perché sui media mainstream non pubblicheranno le notizie a meno che non si rendano conto che la rete sta reagendo e quindi non possono più mettere il coperchio.
A conclusione, riporto due righe dell’intercettazione telefonica n.345 nel 2010 che fa parte degli atti giudiziari pubblici, tra l’allora Presidente del Banco Popolare di Milano e Ignazio La Russa “Ma vieni pure a visitarmi e ci parliamo, approfitta adesso che il momento è buono, c’è la banca, c’è una banca nostra, ci si può muovere, è roba nostra”.
Ecco come parlano quelli di Cosa Nostra: lo dicono apertamente che le banche ormai sono cosa loro.
E noi dovremmo seguitare a subire tutto ciò senza dire nulla, senza fare nulla?
A Casa Nostra?
Se è così, non lamentiamoci se poi aumentano le tasse, varano le leggi, chiudono le bocche, pensando ai aver a che fare con un branco di pecoroni. Perché questo siamo.

2 commenti:

  1. non siamo più in uno stato democratico, ci sono tanti segni che indicano la perdita di sovranità sostanziale da parte dei cittadini. credo che tutto questo sia stato reso possibile principalmente a causa della attività di disinformazione, o mancata informazione, svolta dai principali organi di informazione, mantenuti direttamente dai cittadini (vedi Rai) o con contributi( grandi testate giornalistiche), che vengono meno clamorosamente al loro ruolo. in altre parole i cittadini non vengono informati su cosa viene deciso nelle sedi istituzionali e, comunque, non hanno strumenti per intervenire. per esempio il cd. fondo salva-stati non credo che avrebbe il consenso dei cittadini opportunamente informati; per contro esso entra legittimamente nel nostro ordinamento. credo che i più grandi temi per una possibile uscita da questa situazione siano due : informazione e democrazia diretta.

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