martedì 26 giugno 2012

Il ripudio dei debiti è stato un fenomeno costante


E' da pagare il debito?
di Esther Vivas - 25/06/2012
Fonte: Arianna Editrice

Il debito è ormai una questione centrale nell'agenda politica e sociale. E' nel suo nome che si effettuano privatizzazioni, misure di austerità e, infine, il trasferimento del costo della crisi sulle spalle della maggioranza della popolazione.
Bisogna in primo luogo porsi queste domande: chi beneficia del debito? Chi l'ha contratto? A cosa è servito? Chi dovrebbe pagarlo? E' a queste domande che cercano di rispondere coloro che, all'interno del movimento degli Indignati, evidenziano la necessità di un'audit (revisione, N.d.T.) cittadino dei debiti.

Nei decenni degli anni '80, '90 e 2000, abbiamo visto l'impatto del debito estero sui popoli del Sud del pianeta, attraverso l'applicazione sistematica di programmi di adeguamento strutturale e di misure di austerità nella spesa sociale che era presentata come "necessaria" per garantire il rimborso.

Dal 2010, con l'esplosione della crisi del debito sovrano, quest'ultimo è diventato un tema centrale anche nei paesi dell'Unione Europea, e in particolare tra quelli della sua periferia, dove si condensano le contraddizioni dell'attuale crisi.
 
Il debito estero è stato uno strumento di controllo e di dominio utilizzato da élites politiche ed economiche del Nord nei confronti del Sud, e un potente meccanismo per il trasferimento di risorse finanziarie di questi ultimi in favore dei primi. Oggi, è la stessa logica di sottomissione centro-periferia che si riproduce, ma questa volta nel cuore dell'Europa, e sono le stesse ricette di adeguamenti e di austerità che vengono applicate per pagare debito.
 
Ma il ripudio dei debiti è stato un fenomeno costante nel corso della storia. La dottrina del "debito odioso", che, secondo il diritto internazionale viene utilizzato per ripudiare un debito contratto da un governo che lo ha utilizzato contro il suo popolo, è stata evocata ed applicata diverse volte in tutto il diciannovesimo, ventesimo e ventunesimo secolo.

Da diversi anni, i movimenti sociali nei paesi in via di sviluppo conducono campagne che denunciano l'illegittimità del debito e, di conseguenza, la cessazione del pagamento. Gli audit (del debito, N.d.T.) sono stati uno dei principali strumenti utilizzati a questo scopo. L'esperienza più significativa è quella effettuata dall'Ecuador, dove, nel 2007, fu istituito un Comitato di Controllo del Debito Pubblico Interno ed Esterno, costituito da rappresentanti del governo e dei movimenti sociali ecuadoriani e di altri paesi. Il suo lavoro ha contribuito a portare, nel 2008, al rifiuto del rimborso di una parte del debito, che fu dichiarato illegittimo.
 
Il processo di audit permette la ricerca del motivo per cui i debiti furono contratti, a cosa sono serviti e chi ne ha tratto beneficio? Permette di evidenziare le sue irregolarità, rivelare le complicità dei creditori e anche ad ottenere gli argomenti giuridici per ripudiarlo. Si tratta di uno strumento profondamente pedagogico che permette di mettere in discussione il funzionamento dello Stato, dell'economia di mercato, i rapporti istituzionali e di far luce sugli oscuri retroscena del potere.
Con la crisi del debito in Europa, organizzazioni e movimenti che, negli ultimi decenni hanno lavorato in campagne di ripudio del debito estero dei paesi in via di sviluppo, iniziano oggi, insieme al movimento degli Indignati, a promuovere azioni di cessazione del pagamento del debito e a spiegare il rapporto tra quest'ultimo e le misure di austerità, le privatizzazioni e l'aumento della precarietà del lavoro.
 
Con l'obiettivo di promuovere un dibattito pubblico e la partecipazione popolare nel processo decisionale sul debito, per rompere con i discorsi egemonici sull' "inevitabilità" del suo pagamento, i processi di audit sono diventati uno dei loro principali strumenti. La loro applicazione dovrebbe permettere, insieme ad una grande mobilitazione sociale, di annullare la parte illegittima del debito e ridurre significativamente il resto. In paesi come Grecia, Portogallo, Francia, Belgio, Irlanda, Italia e lo Stato spagnolo, iniziano campagne di cittadini per la revisione del debito.
 
In questo modo, di fronte a discorsi egemonici secondo i quali si dovrebbero "salvare le banche", "far quadrare i conti", "pagare il debito", comincia ad emergere un altro discorso: "salvare la famiglia", "eliminare la povertà", "non pagare il debito". Infatti, qual è il significato di iniettare grandi quantità di somme pubbliche in enti finanziarie come Bankia, se non per assicurare la conservazione dei privilegi di una minoranza a scapito dei bisogni umani e sociali della maggioranza? Come ha giustamente sottolineato il movimento Occupy Wall Street, è stato sacrificato il 99% per salvare l' 1%.
 
Le verità assolute avanzate per affrontare la crisi iniziano ad incrinarsi. Un'altra coscienza collettiva emerge dal basso e inizia con questa domanda: "Dobbiamo pagare il debito?" E la risposta è chiara.
*Esther Vivas è membro del Centro di Studi su Movimenti Sociali dell’Universitat Pompeu Fabra di Barcelona. Traduzione per Alba Canelli di Tlaxcala.
 

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