lunedì 14 gennaio 2013

Un’Europa di indigenti


Il Fondo monetario critica le misure di austerità imposte agli Stati membri, ma i Soloni Ue preferiscono condannare alla fame milioni di europei
Gli eurocrati sognano un’Europa di indigenti
di: Andrea Perrone, rinascita.eu

I tecnocrati della Commissione Ue criticano le posizioni dei loro omologhi del Fondo monetario internazionale sulle misure di austerità ai danni degli Stati membri dell’Unione europea. Per Bruxelles infatti i tagli a salari e pensioni, le privatizzazioni striscianti, l’aumento dell’Iva, la perdita continua di migliaia di posti di lavoro costituiscono pur sempre un segnale positivo per i mercati, ovvero nonostante le misure approvate siano inique socialmente rappresentano una valida soluzione per il mondo della finanza e per gli speculatori di ogni ordine e grado.
A sostenere la definitiva distruzione dello Stato sociale per volere dell’usura internazionale è stato ieri il commissario agli Affari economici Olli Rehn (nella foto) riflettendo sul rapporto presentato la settimana scorsa dagli economisti del Fondo monetario, organismo mondialista per eccellenza, nel quale veniva sostenuto che gli effetti degli tagli alla spesa erano stati sottostimati. Per cui Rehn ha sottolineato ieri a Bruxelles che “non si possono fare, sulla base di questo studio, conclusioni politiche forti”. “Nel dibattito politico, ciò che è stato spesso dimenticato è che abbiamo non solo l’effetto quantificabile – che è qualcosa che l’economista deve valutare – ma abbiamo anche l’effetto fiducia” dei mercati, ha aggiunto il Solone dell’Unione europea. Ma i tecnocrati del Fmi, ovvero gli economisti Olivier Blanchard e Daniel Leigh, nel loro documento hanno evidenziato gli errori dell’organismo a cui appartengono, nel non aver saputo prevedere l’impatto di austerità sulle economie europee, sottovalutando l’aumento della disoccupazione e il calo della domanda interna associata alla richiesta di un risanamento dei conti pubblici. Il tutto acutizzato da un prestito a tassi d’usura richiesto dagli Stati membri Ue e concesso in cambio di misure lacrime e sangue.
Dopo aver brevemente accennato al problema delle prospettive riguardanti l’economia mondiale, Blanchard e Leigh hanno osservato più ampiamente, con l’ausilio di dati e formule matematiche, quanto siano state sbagliate le previsioni compiute dal Fmi sull’impatto dei forti tagli alla spesa in alcuni Stati membri dell’Ue, come Grecia, Portogallo e Spagna. Dal canto suo Rehn ha invece tentato di snocciolare dati sui presunti successi del BelPaese, dimenticando però di menzionare le difficoltà che famiglie, lavoratori e disoccupati italiani attraversano ogni giorno per sopravvivere alle conseguenze della crisi, alla perdita d’acquisto dei salari – per chi ha la fortuna di averne uno – e alle tasse crescenti imposte dal governo con il pretesto di risanare i conti pubblici. “Da novembre in poi – ha osservato l’eurocrate – abbiamo visto più coerente e prudente consolidamento fiscale tra Italia e stiamo assistendo ad un rendimento dei titoli molto più basso per l’Italia, che porta a un risparmio per gli italiani e facilita il ritorno alla ripresa economica”, ha commentato Rehn, precisando che Commissione Ue, Fondo monetario e Banca centrale europea – la cosiddetta troika, che ha imposto i programmi per affossare Grecia, Irlanda e Portogallo – si trovano nel bel mezzo di un “dialogo a tre in corso” per trovare “un terreno comune” sugli effetti dei tagli alla spesa sulla crescita. Una crescita – che aggiungiamo – è assolutamente inesistente ed è al contrario una durissima recessione. In più, questo presunto dialogo a tre rappresenta una divergenza tra Commissione e Bce, da una parte, e Fmi, dall’altra, su chi dovrà pagare i tassi ad usura del prestito concesso agli Stati in difficoltà. In poche parole si accentua il disaccordo fra Ue e Fondo monetario sulle misure di austerità imposte agli Stati membri: una serie di diktat politico-economici che pongono un forte accento sui tagli alla spesa e le privatizzazioni, ma che il Fmi vorrebbe ripartiti fra gli Stati membri dell’Unione. A questo si devono aggiungere i timori per una crescente protesta sociale che monta da tempo e rischia di esplodere all’improvviso in tutta Europa.
Lo scorso anno un funzionario del Fmi aveva mosso anche lui critiche al ritmo e ai numerosi tagli al bilancio imposti alla Grecia, mentre la stessa Christine Lagarde, direttore generale del Fondo monetario, alla fine del 2012 ha ribadito che Atene avrebbe bisogno di più tempo per mettere in ordine i conti. Rehn ha fatto invece orecchie da mercante, rifiutando di accettare le numerose critiche del Fondo monetario alle misure di austerità. Alla fine del suo discorso però il commissario ha dovuto riconoscere i pericoli che si nascondono dietro questi tagli per il futuro di tutti i popoli europei. A suo dire, infatti, “i prossimi mesi vedranno momenti difficili e tensioni sociali”, poiché i cittadini del Vecchio Continente vedranno miglioramenti nella loro vita di tutti i giorni “solo con un certo ritardo”. Un ritardo sicuramente molto lungo in termini temporale. E quindi un timore, fatto proprio nei giorni scorsi anche dal presidente uscente dell’Eurogruppo Jean-Claude Juncker, che ha avvertito del rischio di un’imminente rivolta popolare diffusa in tutta Europa, sull’onda della recessione che continua a falcidiare salari e lavoro di milioni di europei.

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