Una nuova finanza pubblica per riappropriarci del nostro destino
di Andrea Degl'Innocenti - 08/02/2013Fonte: ilcambiamento
Ripubblicizzare la Cassa Depositi e Prestiti e promuovere l'auditoria locale del debito. Questi i principali obiettivi dell'assemblea nazionale "Per una nuova finanza pubblica" che si è tenuta al Teatro Valle Occupato il 2 febbraio 2013. Con la consapevolezza che tornare a parlare di finanza pubblica significa anche - soprattutto - sottrarre risorse e potere ai mercati finanziari.
Tornare a parlare di finanza pubblica significa anche - soprattutto - sottrarre risorse e potere ai mercati finanziari
“Dobbiamo sconfiggere la nuova ideologia, che non è più quella del ‘privato è bello’, quella l’abbiamo già sconfitta col paradigma dei beni comuni e l’esperienza dei referendum, ma quella del ‘privato è obbligatorio’”. Lo sguardo, sempre lucido, è quello di Marco Bersani, volto storico di Attac Italia e delForum dei movimenti per l’acqua.
Da circa un anno e mezzo, da quando cioè il successo dei referendum ha abrogato le leggi che imponevano la privatizzazione dell’acqua e la sua gestione secondo le leggi del mercato, il ritornello è stato sempre lo stesso: “Non ci sono i soldi, quindi non possiamo ripubblicizzare i servizi”.
Il modello di capitalismo neoliberista ha trascorso gli ultimi quarant’anni a convincerci della bontà dei mercati, della loro capacità di gestire ogni bene materiale e immateriale garantendo un benessere collettivo. Ci ha fatto al contempo credere che fossimo liberi di scegliere. Poi, al primo accenno d’incertezza, alla prima volta che il dogma liberista viene messo in discussione, ecco che la libertà di scelta svanisce. “Siete liberi di scegliere finché scegliete noi”.
Ed ecco che il popolo dell’acqua e dei beni comuni si è ritrovato incapace di incidere sulla realtà. Difficile convincere un comune o un’assemblea di sindaci a riprendere in mano la gestione dei servizi in una situazione in cui gli enti locali sono strozzati dal patto di stabilità con lo stato, a sua volta obbligato a rispettare il pareggio di bilancio ed i limiti all’indebitamento imposti dal Fiscal Compact europeo.
Attualmente i soldi vengono gestiti in modo da alimentare i circuiti della finanza e a sottrarre valore all’economia reale
“Dobbiamo risalire la corrente, spostarci da valle a monte”, ha continuato Bersani. Dobbiamo in pratica arrivare alla sorgente del problema: riprenderci i soldi. Perché, a dispetto di quanto ci viene ripetuto quotidianamente, i soldi ci sono. “Sono persino troppi”, ha commentato ironicamente Antonio Tricarico. I soldi a cui si fa riferimento sono quelli della Cassa Depositi e Prestiti: 250 miliardi di euro di depositi postali di cittadine e cittadini italiani. Sono troppi nel senso che – per come vengono gestiti attualmente – contribuiscono ad alimentare i circuiti della finanza e a sottrarre valore all’economia reale.
La cassa depositi e prestiti è quell’ente incaricato di gestire i risparmi dei milioni di italiani che hanno un conto corrente presso le Poste italiane. Dal 1860, anno di nascita della Cassa, fino al 2003 è stato un ente pubblico che serviva per finanziare le opere pubbliche degli enti locali. Poi nel 2003 viene trasformata in una società per azioni e diventa la CDP Spa.
Sebbene il Ministero del Tesoro rimanga l’azionista di maggioranza, controllandone il 70 per cento circa, la Cassa diventa di fatto un ente di diritto privato che agisce secondo le leggi di mercato. E cosa fa? Da un lato inizia ad investire sui mercati finanziari, dall’altro smette di fornire prestiti a tassi agevolati agli enti locali: i tassi si sa li decide il mercato. Oggi per un comune che voglia finanziare ad esempio il rinnovamento della propria rete fognaria è indifferente chiedere un prestito ad una banca o alla CDP.
Ripubblicizzare la Cassa Depositi e Prestiti significherebbe tornare a decidere collettivamente come vengono gestiti i nostri risparmi di cittadini. Ma come misura non sarebbe di per sé sufficiente a garantire il welfare e gli investimenti. Gli enti locali, al pari dello stato italiano, sono sommersi dai debiti. “Si prenda Roma Capitale: ha un debito di 14 miliardi di euro, di cui 4 miliardi in derivati”, ha affermato davanti all’assemblea attonita un’ex dipendente del comune di Roma.
Insomma il debito pubblico non è solo un problema nazionale ma anche locale. Ecco dunque che è necessario promuovere degli audit locali sul debito. Convincere i sindaci e le giunte, al pari di tutte le amministrazioni, a prendere in mano la matassa del proprio debito ed iniziare a sbrogliarla per capire se e in quale percentuale è giusto pagare.
La ripubblicizzazione della CDP e l’auditoria locale sul debito sono le due iniziative principali emerse dall’assemblea del Valle. Sono due strumenti che assieme concorrono alla riappropriazione pubblica della gestione dei capitali finanziari. Una riappropriazione che ha molti significati. “La finanza pubblica vista nel suo complesso ha un compito ancor più importante che supportare il welfare e lo stato sociale: ha il compito di togliere linfa vitale ai mercati finanziari”, ha commentato Antonio Tricarico. In pratica, più saremo in grado di decidere sulla distribuzione delle risorse economiche, meno potere decisionale lasceremo ai mercati, più potremo tornare a decidere del nostro destino e del mondo in cui viviamo.
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