domenica 6 gennaio 2013

Il tramonto inarrestabile dei media di regime


Il viaggio al termine della notte dell'italiano medio
di Andrea Scanzi - 05/01/2013
Fonte: il fatto quotidiano 

E' un viaggio verso l'ignoto, o piuttosto verso l'abisso, quello che l'italiano medio si appresta a compiere nel 2013. Un tragitto ipotetico, sognato e quasi sempre frustrato: "correre stando fermi", riprendendo un vecchio successo degli U2. La crisi economica non ha minato solo i bisogni primari, i ristoranti (pieni soltanto nei sogni perversi di Berlusconi) e i viaggi (ridotti da tempo a un mesto mordi e fuggi).


CRISI
L'italiano qualsiasi, puntualmente figlio di un Dio minore, dovrà rinunciare sempre più a quel che attiene al quotidiano ludico. Al divertimento, meglio (o peggio) ancora se legato al funzionamento delle attività cerebrali. Giornali, cinema, libri. La crisi non distrugge unicamente le roccaforti di sinistra, ma pure il mercato (di destra?) dell'auto, devastato da una crisi che non si registrava dal 1979. Cominciare l'anno spargendo pillole di apocalisse non è granché popolare, ma conoscere i sintomi della malattia - e i focolai del virus pauperistico - può aiutare a reinventarsi una vita. Forse.
Carta non canta. E neanche vende.

Il cartaceo morirà. Non è soltanto un vaticinio antico, come sempre allegrissimo, di Gianroberto Casaleggio (quello imitato da Crozza, ma pure quello vero). Ormai gran parte degli italiani si informa - se si informa - in Rete. Sia perché è quasi sempre gratis, sia perché è spesso più credibile (pagare un euro e venti al giorno per leggersi Battista è un masochismo fuorimoda).
EURO
Crollano i quotidiani, boccheggiano i settimanali, chiudono i mensili. Per alcuni il web è salvezza, per altri qualcosa di simile ai muri dei cessi pubblici. Entrambe le cose: ci trovi di tutto, dall'articolo irrinunciabile agli sfoghi più rancorosi. Nel 2013 gli italiani compreranno sempre meno giornali, compulsando piuttosto i loro iPad. Solo che, spesso, i soldi per comprare l'iPad non ce li hanno. E l'Adsl manca nel 50% delle case più povere (fonte Censis-Rur). Ecco il paradosso: da una parte l'Italia vorrebbe essere più smart, dall'altra manca degli strumenti basilari. Come andare in bicicletta senza piste ciclabili. O piuttosto senza bici.
Libri. Chi erano costoro?
 Il crollo del cartaceo travolge anche le vendite dei libri. Con la differenza, non troppo marginale, che l'Italia è sempre stato il paese con meno lettori d'Europa (e quando gli parte la rara fregola del romanzo, si abbevera alle fonti di Moccia o del sadomaso grigio-discount: a volte l'analfabetismo è un'alternativa quasi auspicabile).
CRISI GRECA
La letteratura, da noi, si era portata avanti da sola, anelando all'estinzione prima ancora che arrivasse la congiuntura economica. Se l'informazione sembra sopravvivere con il mercato dei tablet, i libri agonizzano doppiamente perché l'e-Book non decolla. A conferma che, qui, il problema non è tanto il portafoglio semivuoto quanto piuttosto la forma mentis. Vagamente obnubilata.
MACCIO CAPATONDA IL CAPPELLO
Niente sorpassi, niente Torpedo Blu
L'auto era la sublimazione del consumismo. Il sogno dei maschi italiani, il simbolo di ricchezza, il prolungamento fallico (gridavano le femministe). Nel 2012 la Waterloo delle quattro ruote è stata impietosa: meno venti percento. Benzina alle stelle, stipendi alle stalle. Italia in stallo.
Boia chi molla. E noi (un po') molliamo.

Gli italiani non vanno più allo stadio. In sé sarebbe una notizia parzialmente positiva. Nei paesi meno adusi alle rivoluzioni serie, l'unica cosa per cui ci si arrabbia è il superfluo. Ancor più se legato a un pallone. La crisi costringerà gli italiani a cambiare (addirittura in meglio)? Non esattamente. L'italiano medio, come ammoniva Maccio Capatonda in un trailer omonimo, rinuncia a tutto tranne che al moviolone. Così, in mancanza di soldi, si lascerà bastare Fabio Caressa (se può permettersi Sky) o Paola Ferrari (se è prossimo alla canna del gas). Ieri c'erano gli spalti pieni, oggi tanti Fantozzi in mutande. E forse qualche rutto libero.
RINO GAETANO
Grande schermo, sala vuota.

Il mercato cinematografico è franato. Il dato positivo è che il cinepanettone è al tramonto, ma sarebbe come esultare se un meteorite - impattando il pianeta Terra - ha estirpato anche il cancro. I film non si guardano più (se non in tivù): li si immaginano. Come per i ristoranti: ci possono andare in pochi, ma su TripAdvisor le recensioni (anonime) abbondano. Migliaia di italiani non mangiano frico o tartare da decenni, però si autoconvincono di averle trangugiate davvero, come in tante Second Life a buon mercato. Per i film è lo stesso: nessuno va al cinema, ma tutti ne disquisiscono. Cantava Rino Gaetano: "Mio fratello è figlio unico perché non ha mai recensito un film senza prima vederlo". L'italiano del 2013, più che fratello figlio unico, sarà orfano. Di se stesso.
La televisiun l'ha gà una forsa da leùn

In tale contesto sfavillante, mediamente ameno e vagamente postbellico, l'unico boom non è economico ma catodico: la carta è morta e il cinema non si sente bene, ma la tivù è ancora il focolare di quasi tutti. E' bello sapere che i cittadini, durante le feste, abbiano potuto godere massicciamente - lo attestano i dati Auditel - delle repliche Rai, dei Concerti di Capodanno e dei Re Leone. Se questa è la tendenza, l'italiano medio si perderà i nuovi capolavori di Mann o Scorsese, ma non smarrirà nemmeno un fotogramma della D'Urso. Menomale.
Implosioni silenziose

L'effetto della crisi sulle afflati ludici degli italiani, da un punto di vista fisico, è l'implosione. La stasi. L'immobilità. Niente auto, niente passeggiate verso l'edicola, niente parcheggi da cercare fuori dallo stadio o dal multisala. L'italiano del 2013 sarà un animale stanziale. Barricato nella sua tana. Inchiodato al monitor, trafitto dal piccolo schermo. Perso tra un tweet di Mario Monti, un dibattito su Balotelli e una ricetta della Clerici. Auguri.
 

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