Scalfari e le sue sparate dissennate
Da Faceboook
Siccome Scalfari pubblica i suoi cosiddetti "editoriali" senza prevedere uno spazio di discussione anche critica sul sito di Repubblica (poi dice di essere un democratico) occorrerebbe creare un blog specifico chiamato "Le cazzate di Scalfari". L'editoriale odierno trasuda stupidaggini e veri e propri insulti a chi non la pensa come lui (la sinistra "becera"; a proposito, grazie per non considerarsi di sinistra, è un contributo alla chiarificazione; i sindacati che se non accettano supinamente lo smantellamento dei diritti dei loro teorici rappresentati sono "fuori dalla storia", chi non la pensa come lui che "non ha orecchie per intendere o cervello per capire"). Da chi si proclama liberaldemocratico un bell'esempio di tolleranza. L'arrogante Scalfari mette soltanto a nudo un certo nervosismo, perché la realtà non è quella che dipingono sondaggi addomesticati, e le contestazioni all'asse neoliberista Napolitano-Monti sono sempre più frequenti. Quanto alle cazzate, poi, l'editoriale ne propone a bizzeffe: la lettera degli undici capi di Governo della Ue sulla crescita, che sarebbe un potente antidoto contro le lobby (quando poi, invocando maggiori liberalizzazioni, altro non è che un modo per favorire gli oligopoli); il coraggio di Monti nel "disconoscere gli emendamenti delle lobby" al decreto liberalizzazioni, quando ogni giorno che passa quel decreto viene smontato pezzo per pezzo, con il parere favorevole dello stesso Governo, come avvenuto per esempio sul tema delle licenze dei taxi, o sull'abolizione dell'obbligo dei preventivi dei professionisti, misura questa che serve solo per favorire le nascenti aggregazioni oligopolistiche nel settore delle professioni, garantite proprio dalle liberalizzazioni; il capolavoro secondo cui "la battaglia sulle liberalizzazioni non ha niente a che vedere con l'ideologia liberista". Per giustificare questa cazzata arriva ad inventarsi di sana pianta una categoria politica nuova, ovvero il capitalismo democratico, che si dovrbbe opporre al liberismo, quando invece il capitalismo democratico non è altro che una versione un pò più edulcorata socialmente del liberismo stesso (infatti Scalfari porta ad esempio di tale dottrina Einaudi, che fu un liberale puro). Afferma che le liberalizzazioni spezzeranno gli oligopoli, quando invece sono fatte proprio per creare oligopoli, perché la concorrenza capitalistica, essendo darwinista, porta inevitabilmente alla formazione di posizioni oligopolistiche nel medio periodo (menti ben più brillanti di Scalfari, che in fondo è solo una puzzetta nella storia intellettuale dell'umanità, lo hanno dimostrato, da Marx a Sweezy e Baran, si tratta di gente che invece continua ad essere letta anche post mortem, a differenza di ciò che avverrà per gli scritti di Scalfari). Afferma che la riforma del mercato del lavoro di Monti è fatta per scardinare le segmentazioni interne al mercato del lavoro, quando invece il caso di mercato del lavoro più mondo, ovvero quello statunitense, trabocca di dualismi e segmentazioni, fra lavoratori ad alta qualifica e lavoratori dequalificati, fra lavoratori bianchi e neri, fra lavoratori statunitensi ed immigrati, fra lavoratori degli Stati economicamente depressi del Mid West e della South Belt e lavoratori degli Stati economicamente più dinamici, fra lavoratori cinquantenni e lavoratori giovani, ecc. Poi l'esaltazione del governo tecnico, scelto cioè dal Presidente della Repubblica al di fuori della composizione politica del Parlamento, e quindi fuori da processi di legittimazione elettorale, che secondo il brillante Scalfari costituisce un modello da replicare anche dopo Monti, e questo perché è coerente con "l'assetto parlamentare della nostra Costituzione". Persino uno studente di scienze politiche al primo anno potrebbe rispodnere a Scalfari che un premier scelto dal capo dello Stato al di fuori delle composizione politica del Parlamento è in realtà la negazione stessa del parlamentarismo, configura cioè un modello di Repubblica presidenziale. Infine il capolavoro: Monti non è né di destra né di sinistra, perché è semplicemente un riformista innovatore. Ecco una nuova categoria della politica: sinistra e destra devono morire perché ci sono i riformisti innovatori che, essendo tecnici e professori, sono gli unici a sapere cosa è necessario fare per rispondere alle esigenze dell'economia e della società. Complimenti, caro Scalfari: Lei che si autoproclama liberaldemocratico, in una sola frase delinea lo scenario autoritario ed antidemocratico di un regime tecnocratico ed oligarchico di tecnici e burocrati asserviti agli interessi del capitale, negando alla radice la validità di un assetto politico in cui diverse visioni del mondo si cotnrappongono fra loro. Roba da far venire i brividi, roba da romanzo di Aldous Huxley, roba che conferma i peggiori scenari sulla burocratizzazione del mondo descritti da Bruno Rizzi. Per questa Sua affermazione, Lei non può essere perdonato nemmeno in virtù dell'eventuale arteriosclerosi indotta dall'età avanzata.
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