sabato 4 agosto 2012

Conflitti tra produzioni industriali e ambiente


Fumo o fame: quando l'operaio è alla mercè del capitale
di Paolo Cacciari - 03/08/2012
Fonte: Il Manifesto
ilva taranto 20120802
Chinfinita tristezza provoca il dover constatarchnel XXI secolo, nell'ottava o nona potenzaeconomica mondialeil lavoro e la salutsiano ancora posti in una condizionduale, dicotomica.
In un bellissimo documentario («Ultimi fuochi» di Manuela Pellarin) sulla condizionoperaia negli anni '60 del secolo scorso, un operaio del Petrolchimico di Porto Marghera rispondeva mesto alla domanda sul perché accettassuna condizionlavorativa così rischiosa con questduparole«Fumo o fame».

Ad ammazzara Marghera era il cloruro di vinilmonomero, all'Ilva di Taranto ldiossine.
Ma quanti sono i conflitti tra produzioni industriali e ambientancora aperti nel nostro paese?
Dalla Ferriera di Triest(Lucchini), al termodistruttorFenic(EDF, ex Fiat) di Melfi, dallcentrali termoelettricha carbonliguri (Enel), ai cementifici di Monselice. Chi tienil conto?
Una volta la Cgil aveva una struttura AmbientLavoro, oggi, in periodi di recessioneconomica, la salutsembra esserdiventata un lusso. Per fortuna c'è qualch(raro) magistrato. Ma anchqui non facciamoci illusioni: lstrutturscientifichdi cui la magistratura si può avvalersono sotto gli attacchi alla spesa pubblica. Il più rinomato centro sulldiossinINCA (un consorzio tra 19 università italianaltrdecindi unità di ricerca nel settordella chimica e delltecnologiper l'ambiente) e chha supportato anchl'inchiesta di Taranto, è in pericolo di chiusura.
Del resto, solo per farun esempio, ricordiamoci chcon il ministro Mattioli lricerchsugli effetti dellradiazioni generatdai campi elettromagnetici (telefonini, ripetitori, radar, ecc.) sono state«esternalizzate» a quella FondazionMaugeri nota per gli scandali alla RegionLombardia. Con il passaggio dellcompetenzambientali allAsl regionali lattività di prevenzionsono statdi fatto azzerate, con essi registi tumori e lindagini epidemiologichnecessaria stabilirlcorrelazioni tra inquinamenti e malattie.
Ciò chcolpiscdellnumerose, candidintervistrilasciatdal ministro Corrado Clini (già medico del lavoro e da decenni direttorgeneraldel Ministero per l'Ambiente) a sostegno, non già della applicaziondellleggi - comci si aspetterebbda un fedelservitordello Stato - ma dellragioni dell'impresa sotto accusa, sono lmotivazioni. «Fors- ha dichiarato Clini a il manifesto del 27 luglio - dieci anni fa chiuderlo stabilimento aveva un senso, ma ora no». Giusto, ma lui, e tutto l'apparato di valutazioncontrollo chuno stato civildovrebbmetterin campo a difesa della salutdei cittadini (compresa quella della sotto-specie, a diritti limitati, chsono gli operai), dov'erano, cosa facevano, nonostantfossero perfettamenta conoscenza della situazione?
Non so sl'inchiesta della Procura della Repubblica abbia un'appendicnei confronti dellstrutturepubblichlocali, regionali (Asl) e nazionali (ministeri vari). Ma è questa la partchdarebbpiù soddisfazionallcentinaia di vittim(386 decessi negli ultimi 13 anni) e allmigliaia di malati di Taranto, dentro e fuori la fabbrica. Scoprirchi padroni fanno i loro interessi sulla pelldei dipendenti non è poi una grandnovità. Più interessantsarebbvederin faccia chi e saperper quali ragioni ha omesso i controlli, ha rilasciato autorizzazioni, concesso finanziamenti a impresepalesementfuorilegge.
Vedremo. Ma il dato politico più allarmantè un altro. Sono i dipendenti in questora sfilara sostegno dellragioni dei propri aguzzini. Non sono cinico, non mi manca la capacità di comprenderil dramma umano di persondisperatperché sotto ricatto. Ciò chmi rattrista è l'incapacità di immaginaruna via di uscita chnon sia la sottomissionallragioni della produzione, della produttività, della competizione.
La questionnon si risolvsnon affrontando allradici la globalizzazionchha prodotto in Occidentallo stesso tempo disoccupaziondeterioramento dellcondizioni di lavoro.
Mi vengono in mentlriflessioni di André Gorz a partirda Marx: «Egli (l'operaio salariato) non considera il lavoro in quanto talcomfacentpartdella sua vita; è piuttosto il sacrificio di questa vita. È una mercchegli aggiudica ad un terzo» (cfr. Lavoro salariato e capitale, 1849). Quando la mercificaziondel lavoro raggiungtali livelli di alienazione, allora, aggiungeva Gorz:
«Lavoro e capitalsono fondamentalmentcomplici nel loro stesso antagonismo per il fatto cheguadagnardel denaro è il loro findeterminante. Agli occhi del capitale, la natura della produzioneimporta meno della sua redditività; agli occhi del lavoratore, essa importa meno degli impieghi chcreadei salari chdistribuisce. Per l'uno e per l'altro, ciò chè prodotto importa poco, basta chrenda. L'uno e l'altro sono, coscientemento meno, al servizio della valorizzaziondel capitale. E' per questo chil movimento operaio e il sindacalismo non sono anticapitalisti snon nella misura in cui mettono in questionnon soltanto i livelli dei salari e lcondizioni di lavoro, ma lfinalità della produzione, la forma mercdel lavoro chla realizza» (cfr. Ricchezza senza valore, valorsenza ricchezza, inEcologica, Jaca Book 2009, pp.125/126).
Affermare, quindi, combenfa la Fiom, chil lavoro è un bensocialcomune - così comil solo l'acqua - significa voler sottrarrldecisioni sul cosa, dove, per chi produrrallleggi del mercato, cioè del profitto e del diritto di proprietà. La liberaziondel lavoro dall'eteronomia non può cheavvenirattraverso un conflitto per affermarmodi e formdemocratichdi decisionsul cosa, come, dovper chi produrre.

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