sabato 18 agosto 2012

Generale Pappalardo: Indagare Ciampi !


Antonio Pappalardo: Atto Dovuto – Stato Mafia, Ciampi perche’ non Indagato?

Queste due parole, “atto dovuto”, mi sono rimbalzate nella mente, trasportandomi indietro nel tempo, dopo avermi colpito il viso con una frustata. Stavo leggendo il libro di Vittorio Messori “Patì sotto Ponzio Pilato”, che prego i miei lettori di leggere in quanto l’Autore svolge un’approfondita indagine sulla passione e morte di Gesù.
A pag. 179 è scritto che nello stesso evangelo (quello di Marco) è riportato: “Allora il sommo sacerdote, stracciandosi le vesti … ” . Ciò accadeva dopo che Cristo aveva proclamato dinanzi al Sinedrio, composto dagli anziani e dai sacerdoti, che Lui era il Figlio di Dio.

Dice Messori che questo particolare (quello di strapparsi le vesti) non è un fatto pittoresco aggiunto dagli evangelisti per accrescere drammaticità alla scena: “Caifa (il sommo sacerdote) non poteva in alcun modo tralasciare quei gesti di lutto e di indignazione, sia che la sua irritazione fosse spontanea e sincera, sia che fosse fittizia e ipocrita (Blinzer).
Un atto dovuto, insomma, che trovava una regolamentazione precisa, soprattutto nei casi di bestemmia. E difatti Marco accompagna quello stracciarsi di vesti con un “Avete udito la bestemmia; che ve ne pare?”, e Matteo : “Ha bestemmiato”. Un rapporto fra causa (l’espressione blasfema) ed effetto (lo stracciamento di vesti), che era una prassi prevista dalle norme religiose e giudiziarie, documentata dalla fonti antiche.
Ma io, che nel 1993, non avevo bestemmiato, perché Scalfato, a quel tempo Presidente della Repubblica (il sommo sacerdote) si è strappato le vesti, invitandomi a inghiottire il rospo, accettando supinamente la decisione di Ciampi, Presidente del Consiglio dei Ministri pro-tempore, di estromettermi dal governo? Non avendo io accolto il suo invito, ha pomposamente sentenziato che se il governo gli avesse proposto la mia estromissione, lui avrebbe firmato come atto dovuto.
Caifa aveva una qualche ragione: Gesù aveva bestemmiato, secondo la loro religione. Io no. Avevo semplicemente invitato, appena nominato Sottosegretario di Stato alle Finanze, il Comandante Generale della Guardia di Finanza, Generale Berlenghi, e il Capo di Stato Maggiore dell’Arma dei Carabinieri, Generale Pisani, a costituire una comune task force in modo da sconfiggere mafia e corruzione politica, con essa collusa.
Apriti cielo ! Mi sono venuti addosso tutti. E Ciampi che – 17 anni dopo abbiamo appreso – aveva perorato, d’intesa con Scalfaro, tramite il suo Ministro di Giustizia Conso, l’ammorbidimento del carcere duro ai mafiosi, è saltato sulla poltrona e mi ha fatto fuori. Guai se quel diavolo di Pappalardo, con una simile task force scopre quello stiamo facendo! Salta il governo.
E, credetemi, io l’avrei scoperto! E avremmo mandato a casa i due compari! Anzitempo.
Queste mie parole sono state dette in modo più circostanziato da Claudio Martelli nel suo sito. Vi prego di andarlo a visitare.
Qualche giorno fa ho inviato alla Procura Generale della Repubblica di Palermo una richiesta di avocazione di quell’indagine perché Ingroia, mentre sta indagando gli esecutori di quella vergognosa trattativa, nulla fa per raccogliere indizi e prove a carico di Ciampi e Scalfaro.
Una prova gliela sto dando io: Scalfaro mi sbattè fuori dal governo con una procedura che si poneva contro la Carta Costituzionale.
Un atto dovuto, mi disse. Vi rendete conto, Scalfaro mi faceva estromettere dal suo compare Ciampi, perché era costretto o dalle procedure, che non esistevano (mentre per Caifa vi erano tutte), o dal fatto che si stava svolgendo una trattativa, che abbiamo scoperto solo grazie alle rivelazioni del figlio di Ciancimino.

Ingroia invece di mirare dritto al bersaglio grosso, devia e cerca di coinvolgere nell’indagine Silvio Berlusconi, che come dice Martelli, almeno in questa faccenda non c’entra un tubo.
Diceva bene Ferdinando il Borbone, re delle Due Sicilie: “Quando il popolo protesta e si lamenta a voce troppo alta, fate un po’ di ammuina”. Per fargli credere che le autorità dello Stato si stanno muovendo per rendergli giustizia. Mi sa tanto che Ingroia stia seguendo il consiglio di quel sovrano.
Attendo che il Procuratore Generale di Palermo mi chiami affinché si faccia piena luce su quello scandalo e si dica in modo chiaro e netto che, se il ROS iniziò quella trattativa, fu solo per il fatto che qualcuno molto in alto glielo impose.
Io nel 1993 non inghiottii il rospo e mandai a farsi benedire il capo dello Stato (lo scrivo minuscolo, perché costui non merita di essere ricordato con quel titolo).
I miei colleghi del ROS inghiottirono. Ed oggi il rospo va su e giù. E non vuole scendere. Neanche con una forte dose di bicarbonato.

Palermo, 15 agosto 2012

Antonio Pappalardo

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