Le autorità statunitensi hanno citato in giudizio il colosso bancario svizzero Wegelin. L'accusa è quella di aver favorito l'evasione fiscale da parte di facoltosi cittadini americani, che avrebbero nascosto in conti offshore circa 1,2 miliardi di dollari.
È la prima volta – ricorda il Wall Street Journal – in cui, per una questione di questo genere, ad essere perseguita è una banca e non le singole persone coinvolte. Gli inquirenti hanno anche sequestrato oltre 16 milioni di dollari in un conto che Wegelin aveva con UBS a Stamford, nello Stato americano del Connecticut. Stando alle parole del procuratore di Manhattan Preet Pharara, la banca non si sarebbe lasciata scoraggiare dalle parallele indagini condotte su UBS, che nel 2009 ha dovuto ammettere di aver favorito l'evasione fiscale, ha rivelato i nomi di oltre 4 mila clienti statunitensi e ha pagato una sanzione da 780 milioni di dollari. Anzi: Wegelin avrebbe proprio cercato di recuperare i clienti “persi” da UBS e da un altro istituto elvetico. Sottolineando, per giunta, il fatto di non avere filiali al di fuori dei confini della nazione alpina: e, dunque, di essere meno vulnerabile alle indagini degli Stati Uniti.
La banca, secondo le autorità federali, avrebbe quindi aperto conti a nome di società “schermo” e fondazioni con sede nei paradisi fiscali, o avrebbe permesso ai clienti di intitolare i conti a nomi fittizi o codici numerici. E avrebbe addirittura “pubblicizzato” i propri servizi su siti specializzati, gestiti da terzi. I clienti, pur di sfuggire alle indagini, si sarebbero dimostrati disposti a pagare tariffe molto elevate per i servizi della banca.
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