martedì 18 settembre 2012

Il bidone vuoto del capitalismo targato FIAT


Quei ministri usciti da un libro di Calvino
di Luciano Gallino - 17/09/2012
Fonte: La Repubblica 


 
Sentite le dichiarazioni di Marchionne, Passerhdetto che vuole «capirne le implicazioni». Dunque, per lui, un dirigente che hpromesso 20 miliardi diinvestimento, ne heffettuato uno, e poi dichiarche degli altri 19 non se ne parlproprio, è stato poco chiaro. 
Bisogncapire meglio cosvuol dire. D’altrparte Passerhassicurato all’ad che «non è pensabile che lpoliticsi sostituiscalle (sue) scelte imprenditoriali e di investimento». Quanto allministrFornero, hfornito alcune datedisponibili per incontrarlo. «Non ho il potere di convocare l’amministratore delegato di ungrande azienda», hfatto sapere. Però anche lei vuole «approfondire con Marchionne coshin mente per i suoi piani di investimento per l’occupazione». 

Dinanzi a unsimile remissività dei ministri e dello stesso presidente del Consiglio, e alle difficoltà che denunciano nel comprendere l’ad dellFiat, c’è dachiedersi se hanno capito, loro, il nocciolo dellquestione: sono in gioco, entro pochi mesi, decine di migliaia di posti di lavoro. Se lo capissero, ltelefonatdafare sarebbe di questo tipo: «Dottor Marchionne, il governo consideragravissime le sue dichiarazioni circle produzioni Fiat in Italia. Pertanto laaspettiamo domattinalle 8 precise a palazzo Chigi. Dovrà spiegarci con dati e cifre solide come lsusocietà intende operare nel prossimo futuro in questo Paese. Il governo non tollererà informazioni ambigue né generiche espressionidi intenti». 
parte ministri che non capiscono e telefonate che non si faranno, Marchionne hpure dei sostenitori. C’è lcrisi, essi rammentano, che comprime le venditedi auto. I salari lordi, tasse e contributi inclusi, in Italisono molto alti. Laproduttività dei nostri operai è scarsa. In realtà le cose non stanno così. D’accordo che lcrisi hridotto le vendite di auto in Europa di oltre un quarto, rispetto ai 16,8 milioni di vetture del 2007. Mciò non spiegperché l’Italia, che hnel gruppo Fiat l’unico produttore di autoveicoli, siormai soltanto il settimo produttore europeo, dopo essere statlungo il secondo o il terzo. Nel 2011, quellche fu ungrande potenzautomobilistichprodotto meno di 0,8 milioni di autoveicoli (vetture più veicoli commerciali leggeri). LsolPolonihasuperato di parecchio tale cifra. Poi ci sono, a crescere, lRepubblicCeca, con 1,2 milioni di unità; il Regno Unito (1,5 milioni); lFranci(2,3); lSpagna(2,4); infine lGermania, con 6,3 milioni in totale. Per questi Paesi sembrche lcrisi siun’altrcosa

Del pari inconsistenti sono le altre affermazioni per cui in Italinon conviene produrre auto. Nello stesso settore, i salari lordi dei lavoratori dell’auto sono piùalti in Francia, e più alti ancorlo sono nel Regno Unito e in Germania. Quantoallproduttività, bastaccostare i dati in modo appropriato. Evitando – ad esempio – di comparare stabilimenti esteri dove si lavorsei giorni lsettimanatutti i mesi, tipo quello polacco di Tichy, con Mirafiori, dove danni si lavoraqualche giorno al mese. Si scopre così che lproduttività per oreffettivamente lavoratin Italiè analogquella di molti impianti stranieri. 

In tale quadro di ministri simili al cavaliere di Calvino, inesistenti per quantoattiene allquestione Fiat (manche, duole dire, per altri casi recenti), e dicommentatori sovente poco o male informati, spiccano le critiche di un imprenditore, Diego DellValle, alle due massime cariche di Fiat, l’Ad Marchionne e il presidente Elkann. Hdetto, in soldoni, che lcolpa di quello che staccadendo allsocietà del Lingotto è tuttloro. Pare difficile dargli torto. Se un’impressi ritrovin basso nelle classifiche europee, dopo essere statper decenni in primfila, chiunque mastichi un poco di questioni industriali e manageriali non può fare a meno di pensare che il suo massimo dirigente, al governo di essormai dal lontano 2004, qualche responsabilità ce l’abbia. Siano queste dcercare nell’ambito delle competenze – Marchionne non è un uomo dell’industria, viene dallfinanz– oppure di un disegno volto a trasferire il peso produttivo dell’impresverso altri lidi per i più diversi motivi. 

Semmai si potrebbe obbiettare a DellValle che al punto in cui siamo arrivati le critiche dovrebbero venir rivolte in maggior misuragli azionisti, in primo luogoallfamigliche controllfinanziariamente lFiat, più qualche altro grossoazionistche stdallsuparte, che non al dirigente di vertice. L’Ad in caricapotrebbe essere congedato anche domani. Mquesto non cambierebbe di per sé lposizione dei maggiori azionisti, i quali ormai dlungo tempo mostrano, non con quello che dicono bensì con le scelte che compiono, di considerare l’industriadell’auto come un intralcio allloro ricerca di maggiori rendimenti per i capitalidi cui dispongono. 

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