martedì 21 agosto 2012

Il governo usuraio dalla parte degli assassini


La scomparsa della morte

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 di Valerio Valentini, Byoblu

 Chi gestisce davvero il potere, in Italia? Una domanda molto impegnativa. Eppure, quello che sta succedendo negli ultimi giorni a Taranto, con l’affaire Ilva, getta un fascio di luce oltre la coltre. E dimostra (per chi ancora non lo sapesse) come questa nostra democrazia, in realtà, sia molto meno “démos” (popolo) e molto più “cràtos” (potere) di quanto non si tenda a credere.


È di poco tempo fa, infatti, la notizia che il governo (anziché costituirsi parte civile contro chi per anni ha avvelenato migliaia di cittadini e anziché costringere i colpevoli a sobbarcarsi le spese del risanamento ambientale) ha deciso di opporsi alla decisione del gip di Taranto, Patrizia Todisco. La quale, cercando di applicare al meglio la legge vigente, aveva disposto la chiusura delle acciaierie Ilva per mettere in pratica le bonifiche ambientali necessarie, e poi aveva revocato al presidente dell’azienda, Bruno Ferrante, la nomina a curatore dello stabilimento per evidente conflitti d’interesse.
 La risposta di chi di dovere non s’è fatta attendere: è stato immediatamente annunciato l’invio dei ministri Passera e Clini n Puglia. Uno s’aspetta che almeno il ministro dell’ambiente intervenga con decisione per mettere fine alla scandalosa gestione delle acciaierie tarantine. Clini, invece, intervistato da Rai News, ha affermato che la decisione del gip di Taranto di chiudere gli impianti dell’Ilva per questioni ambientali condanna di fatto l’Italia ad una situazione di concorrenza sleale nei confronti degli altri Paesi europei, in quanto Francia, Germania e Polonia hanno normative in materia ambientale tali che per l’Ilva non vengono ritenute sufficienti. Poi è stata la volta del guardasigilli Severino (il cui studio legale sta difendendo una banca accusata di usura, ndr), la quale ha richiesto l’acquisizione degli atti dell’inchiesta, per verificare eventuali irregolarità: a me, che sono in malafede, quest’atteggiamento ricorda molto quello tenuto da Alfano nell’affaire De Magistris. Ma la decisione più clamorosa è stata quella del sottosegretario alla presidenza del Consiglio, che ha reso nota l’intenzione del governo di ricorrere alla Corte Costituzionale impugnando il provvedimento del gip, che menomerebbe la prerogativa dell’esecutivo di esercitare una politica industriale, e ribadendo che la chiusura immediata degli stabilimenti è un fatto gravissimo.
 Nel frattempo, il Ministro della salute Renato Balduzzi cosa fa? Sarebbe lecito attendersi una presa di posizione chiara da parte di chi dovrebbe salvaguardare la salute degli italiani. Invece se ne esce con un’analisi acutissima: è vero, sì, che i dati riguardanti l'effetto dei veleni dell'Ilva sulla popolazione generale “sono inquietanti”, ma anche “i problemi occupazionali incidono sulle condizioni di salute”. Infatti “la perdita del lavoro ha conseguenze negative sull’organismo e può costituire causa di malattia seria” (l’ha detto davvero). Anche in questo caso, la memoria corre a certi commenti di politici di piccolo cabotaggio sulle operazioni delle Direzioni Distrettuali Antimafia, i quali, concedendo che “è giusto combattere la criminalità organizzata”, fanno tuttavia osservare come le cosche diano però da mangiare a un sacco di persone, e come siano dunque parte integrante delle economie locali.
 È evidente a chiunque analizzi con sincero spirito critico la vicenda dell’Ilva (dunque non Bersani), che le varie giustificazioni addotte dal governo per opporsi al provvedimento della magistratura sono risibili: quasi come quelle addotte da Napolitano, Csm e Procura Generale della Cassazione per detonare l’attività investigativa di chi cerca di far luce sulle stragi che hanno sancito col sangue l’inizio della seconda repubblica. Del resto, se lo stivale non fosse asservito alle logiche del potere, quella messa in atto contro i magistrati tarantini, così come quella contro i pm palermitani, verrebbe descritta per quella che è: una meschina rappresaglia intimidatoria nei confronti di chi intralcia il potere.
 Resta da stabilire, per tornare alla domanda iniziale, chi è che lo detiene davvero. questo potere. Certamente non la politica. Quello che sta accadendo a Taranto è paradigmatico: governo e parlamento sono di fatto inebetiti di fronte ai taciti diktat delle oligarchie industriali. Le grandi famiglie di imprenditori e petrolieri tengono al guinzaglio Palazzo Chigi non meno delle élite bancarie, le quali poi – a ben pensarci –, tutelando le esposizioni dei gruppi come l’Ilva non fanno che esercitare “comprensibili pressioni” su chi ne ha in mano le sorti. E a questo “démos”, il vero detentore del potere, che peso resta? Quello di volano dell’industria funeraria: se la gente smettesse di morire, cadrebbe un’intera filiera di operatori funebri, e sono sicuro che Balduzzi osserverebbe che “la scomparsa della morte ha conseguenze negative sull’organismo e può costituire causa di malattia seria”.
 Del resto lo spiegava chiaramente anche Craxi quando veniva interrogato da Di Pietro: “Ci sono gruppi industriali in Italia che sono una potenza, molto più dei partiti. Proprietari di giornali, proprietari di banche: sono loro ad incuterci timore e ad avere grande influenza nella vita pubblica”. Ora, qualche ingenuo s’era comprensibilmente illuso che un governo di tecnici, non ricattabile a livello elettorale dai grandi industriali e dai grandi banchieri, potesse finalmente rompere questo legame di complicità. E forse prendere seri provvedimenti contro quei grandi industriali e quei grandi banchieri di cui parlava Craxi, come ad esempio un Ferrante o un Marchionne. Ma - se ci pensate bene - sono proprio banchieri e industriali a comporre quest’esecutivo. Banchieri e industriali che, evidentemente, hanno liquidato i rappresentanti del popolo e hanno deciso, per qualche tempo, di mettersi in proprio.
 È la specializzazione del potere, bellezza!

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