Usciamo dal letargo
Dunque siamo al punto in cui di democratico, in questa nostra democrazia, non resta quasi niente. Oggi cominciano a dirlo anche sul Corriere, nell'editoriale a firma di Giovanni Belardelli. Voglio puntualizzare meglio.
Quando Mario Monti ricevette l'investitura, una delle mie principali obiezioni (a parte la sua storia personale che avevo delineato in "tutto tranne democrazia") fu la seguente: una democrazia si basa sul fatto che il popolo, dopo avere valutato con opportuno dibattito e stimolato la formazione di un'opinione pubblica, sceglie i propri rappresentanti e un programma di Governo. I tecnici, viceversa, erano stati collocati nella loro posizione senza dibattito, dalle élite, accettando come se fosse acqua fresca il pesantissimo principio che in certi casi una democrazia può trasformarsi in oligarchia illuminata, se le condizioni di urgenza lo richiedono. Il problema di questa impostazione è che prevede che ci sia qualcuno che decide, e che questo qualcuno non sia il popolo. Una sorta di controllore occulto, cioè, dormiente, che tiene sotto controllo il Paese e valuta se le sue scelte siano appropriate o meno, per poi intervenire quando ravvisa segnali di una deriva indesiderata. Ma un tale controllore non può essere dato, formalmente, perchè presupporrebbe nei fatti l'esistenza di una élite che si trova al di fuori di qualsiasi controllo democratico, che segue le regole di una costituzione non scritta, decisa solo verbalmente in un qualche consesso segreto.
In effetti è proprio quello che è successo: quando il meccanismo della rappresentanza popolare - già svuotato del tutto da una legge elettorale che spezza il vincolo, il patto esplicito tra l'elettore e l'eletto - ha dato risultati difformi dalla volontà delle élite, è stato immediatamente sospeso, nel giro di poche ore, sia in Italia che in Grecia, senza passare da una nuova consultazione popolare. Il Parlamento dei "nominati" ha subito capitolato, un po' per connivenza e un po' perché schiacciato dall'azione a tenaglia dei media che, al soldo dei poteri forti, gridavano "fate presto". Così, divenuto palese che la politica era morta, si è perso definitivamente qualunque ideale, qualunque visione superiore che non fosse quella di questi tecnocrati contabili, preoccupati solo di trastullarsi con i loro giochini infernali inventando nuovi acronimi per complicare ulteriormente una situazione ormai già artefatta e compromessa, pur di non ammettere di avere creato un mostro ingovernabile che deve solo essere abbattuto.
La chiave di lettura che giustifica l'esistenza del "controllore occulto" si trova, pubblicata in chiaro, nel rapporto "Crisis of Democracy", emesso dalla Commissione Trilaterale di cui Mario Monti è stato una delle massime cariche per tanti anni. In sostanza, vi si sostiene che le uniche democrazie che possono funzionare sono quelle dove la grande maggioranza degli elettori rimane in apnea (testuali parole), ovvero ai margini del dibattito pubblico. Si sostiene, in pratica, la necessità di avere una oligarchia pensante e una massa sterminata di "prolet"(*) ininfluenti, da mantenere nell'ignoranza e da usare come serbatoio di voti telecomandato. I proletsiamo noi, mentre la parte non ininfluente, l'oligarchia aristrocratica che si occupa di concedere il privilegio del voto o di toglierlo temporaneamente, sono le famigerate élite: direttori di quotidiani, editori televisivi, grandi industriali, finanzieri, banchieri, grossi assicuratori, alti burocrati europei, petrolieri e affini, che si incontrano periodicamente prendendo accordi "over the table", come ricorda lo stesso Zbigniew Brzezinski, ovvero nelle organizzazioni che pubblicano (almeno formalmente) i resoconti dei loro incontri, oppure "under the table", all'interno dei vari raduni del gruppo Bilderberg o dei think-tank internazionali.
Si potrebbe pensare che questa visione dell'organizzazione sociale non sia poi così pervasiva e determinante, senonché basta premurarsi di leggere le dichiarazioni che giornalmente filtrano attraverso le agenzie stampa, per capire che ormai non si tenta neppure più di nascondere ciò che è palese, sicuri che tanto il processo di emarginazione intellettuale, ottenuto grazie all'inaridimento progressivo dei percorsi formativi, si trova a uno stadio talmente avanzato da consentire ai manovratori di uscire allo scoperto, confidenti che i popoli, ormai in apnea e inconsapevoli dei loro diritti, non saranno in grado di prendere coscienza dei soprusi.
Pierluigi Bersani, pochi giorni fa, rispondendo a un giornalista circa le prossime elezioni politiche, si diceva fiducioso, perché ormai "i mercati" lo conoscono. Non i cittadini, badate bene, cioè gli unici teoricamente legittimati al voto, ma "i mercati".Maria Stella Gelmini, parlando della nuova legge elettorale, ha dichiarato che ormai è tutto pronto, tranne (manifestando un po' di insofferenza) la fase di votazione parlamentare, aggiungendo che - si sa - "il diavolo si nasconde nei dettagli". Dunque il Parlamento sarebbe un dettaglio, per di più identificato con il male assoluto. Fabrizio Cicchitto, sempre in riferimento alla nuova legge elettorale che prevede l'istituzione di speciali listini bloccati, nei quali verranno eletti i nominativi indicati da ogni partito, ha detto ieri che i listini servono per assicurare l'entrata in Parlamento di "una serie di parlamentari di alto livello" che altrimenti rischierebbero di non entrarvi. Per usare il commento di Giovanni Belardelli sul Corriere di oggi: " Quanto a dire che il principio di sovranità popolare dovrebbe essere corretto alla luce di una sorta di diritto a essere rieletti dei politici 'di alto livello' ". Ma Cicchitto è abituato ai circoli chiusi, sin dai tempi della sua membership in un piccolo bilderberg all'amatriciana: la loggia P2.
Ma la democrazia, vedete, o c'è o non c'è. Non ci sono sfumature intermedie. Se il potere è in mano al popolo che lo esercita deliberando, allora c'è. Se questo potere è in mano al popolo solo per le questioni di piccolo conto, ma viene trasferito ad altri momentaneamente - e a piacere - da un controllore oscuro secondo logiche non esplicite e non previste dalla nostra Costituzione, esercitando un'azione diversiva nei confronti dell'opinione pubblica per mascherare la realtà dei fatti, allora la democrazia non c'è. E' un'altra cosa, chiametela come vi pare a voi, ma non democrazia.
O questo stato di cose sta bene a tutti - e per la maggior parte della popolazione, già in apnea, non sembrano esserci problemi -, oppure è necessario recuperare piena legittimità democratica, svegliando chi dorme, non senza pagare il prezzo di essere aggrediti e presi per folli, costringendo tutti a guardare in faccia le cose per come stanno. Un blog può fare molto, ma non è sufficiente. C'è bisogno che ognuno faccia la sua parte. Ma è un processo lungo, perché senza adeguati strumenti culturali, ormai irrimediabilmente compromessi da un lavoro di smantellamento mediatico e istituzionale durato decenni, è diffcile recepire l'importanza di argomentazioni come queste (e poi è ricominciato il campionato di calcio). L'alternativa è lasciare precipitare le cose, perché è solo quando i morsi della fame iniziano a farsi sentire che anche il plantigrado più ottuso esce dal letargo.
(*) Il termine "prolet" deriva dal romanzo 1984, di George Orwell.
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