Un bankster all’attacco dei Non Allineati
di Fabrizio Fiorini - 10/09/2012Fonte: Rinascita
Alcuni vendono falsi contrassegni dell’assicurazione dell’automobile, altrivendono a cinque euro delle banconote da venti stampate in cantina, altriancora vendono la stessa casa a dieci diversi acquirenti o la fontana di Trevi aituristi americani. Tutti costoro non hanno quasi mai destini radiosi: sono relegatiall’emarginazione sociale, alla vita di espedienti, alle cronache nere o grottesche.
Non hanno certo la fortuna di chiamarsi Moisés Naìm cui – pur loro omologo col vizio della falsificazione – addirittura viene concessa la prima pagina deiquotidiani della stampa più “autorevole”.
Ci siamo già occupati di questo personaggio, già ministro dell’industria e del commercio del governo finanziario del Venezuela pre-chavista e in seguito uomo forte della Banca Mondiale e della National Endowment for Democracy. In linea con le direttive emanate dagli istituti di cui è stato esponente, questi si è sempre fatto alfiere della destabilizzazione, attraverso campagne di disinformazione mirata, degli Stati che si trovavano in intollerabile disallineamento nei confronti delle imposizioni americano-sioniste e – attraverso di queste – della grande finanza apolide.Non hanno certo la fortuna di chiamarsi Moisés Naìm cui – pur loro omologo col vizio della falsificazione – addirittura viene concessa la prima pagina deiquotidiani della stampa più “autorevole”.
Questa volta ha affidato alle colonne de La Repubblica la sua opera di disinformacija. Dal titolo dell’articolo si sarebbe potuto pensare che l’Autore fosse stato illuminato da chissà quale lampo di onestà autobiografica: Quella finanza criminale che il mondo non vede. Ma già dopo poche righe questo pio pensiero si tramuta in altro. Il Naìm analizza infatti le connessioni e addirittura la coincidenza tra le organizzazioni criminali e i governi di alcuni Paesi del mondo; e quali mai saranno queste “nazioni-canaglia”? Bene, insieme alle immancabili Myanmar, Guinea-Bissau, Corea del nord e Afghanistan (ma come? non era questo un Paese “liberato”?) trovano posto soprattutto il Venezuela (evidente il risentimento dell’Autore nei confronti del suo popolo, “reo” di averlo messo su un aereo e rispedito a Washington), che viene esplicitamente accusato di narcotraffico, e la Russia, tacciata di connivenza con le organizzazioni mafiose nel lucroso commercio del gas e degli idrocarburi.
Questa – sostiene l’uomo della finanza mondiale – sarebbe “la finanza criminale che il mondo non vede”. Non certo quella delle banche usuraie che affamano i popoli di gran parte del mondo; non certo quella dei potentati che hanno costretto gli Stati a delegare ai banchieri la loro sovranità politica, economica e monetaria; non certo quella di chi strozza il lavoro dei cittadini per pagare un “debito” concepito ad arte per tenere le nazioni e i popoli alla catena; né tantomeno quella di cui sono mere emanazioni gran parte delle endemicamente corrotte classi politiche d’Occidente le cui connessioni con le organizzazioni criminali sono cosa arcinota da decenni.
No: per l’editorialista de La Repubblica questi sono filantropi, e la finanza criminale sono Chávez e Putin; e milioni di lettori, statene certi, penderanno dalle sue labbra. L’oppio dei popoli, si sa, non odora più di incenso e non suona più con salmi e litanie: lo si trova a chiare lettere sui “grandi quotidiani”, viene urlato nei tg, assume le forme del nuovo Verbo della “correttezza politica”.
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