lunedì 13 agosto 2012

Sesto anniversario scomparsa prof.Giacinto Auriti


Chieti, 11 Agosto ’12  - Sabato, S. Tiburzio – Anno  XXXI n. 252  -  www.abruzzopress.info - abruzzopress@yahoo.it – Ch 1/81
   NuovoABRUZZOpress

Ap – Anniversario

11 agosto 2006 – 11 agosto 2012
Sesto anniversario della scomparsa del prof. Giacinto Auriti
di Antonio Pimpini

Il passare del tempo consolida il fondamento scientifico dell’Idea auritiana e conferma la sua visione profetica della sottomissione alla grande usura bancaria e finanziaria attraverso la grande truffa dell’emissione monetaria, nella quale il sistema delle banche centrali si appropria del valore monetario. E’ come se la sua presenza fosse sempre maggiore e i suoi insegnamenti attuali. Nel testo “Ordinamento internazionale del sistema monetario” (Editore Marino Solfanelli) il prof. Giacinto Auriti individuava con la fine degli accordi di Bretton Woods la dimostrazione della fondatezza del suo pensiero. Quel 15 agosto del 1971 la sua teoria non solo era valida, ma anche terribilmente vera. 

Nel testo richiamato l’Autore poneva le basi per una corretta analisi della strategia culturale di dominazione attuata dagli Stati Uniti attraverso la stampa di dollari in misura incontrollata. Ma andiamo per ordine, nel trattato di Bretton Woods del 22 luglio 1944, quindi durante la seconda guerra mondiale,  730 rappresentanti di 44 paesi "alleati", si riunirono dall'1 al 22 luglio 1944 in un Hotel di Bretton Woods e firmarono, dopo non poche liti, un accordo importantissimo e semplicissimo: Si noti, la guerra mondiale non era ancora terminate, ma era necessario, visto che l’epilogo era ormai scontato, individuare chi e come governare il mondo.
In quel contesto, il dollaro americano diventava la valuta di riferimento di tutte le altre valute del mondo. Il suo valore veniva ancorato all'oro nella misura di 35 dollari per oncia d'oro, in modo da creare una sostanziale riserva garantita per ogni emissione. Non poteva, sostanzialmente, procedersi alla stampa ed emissione di dollari se non si creava una riserva corrispondente, nell’ammontare indicato, in oro. Ciò avrebbe garantito la collettività interna-zionale da indebite azioni la Fed (Federal Reserve System, non lo Stato americano) e, in particolare, da surrettizie emissione non garantite da apposita e predeterminata riserva. 
Nella predetta riunione, il dollaro ebbe la meglio soppiantando tutte le altre monete (sterlina, franco francese ed altre minori) ed il suo corrispettivo risiedeva nell'oro in cui, in via puramente ipotetica, ognuno poteva tramutare i suoi dollari, tenuto conto appunto della riserva aurea che doveva essere garantita.
La finalità dell’incontro di Bretton Woods fu apparentemente quella di stabile ufficialmente la stabilità monetaria in un sistema di cambi quasi fissi, ma, in realtà, era sin dall’inizio quella di creare la FED a capo del mondo, composto da debitori ineludibili. Le altre valute, secondo il piano americano, potevano subire solo piccole oscillazioni sul dollaro, mentre l’organo deputato a dirimere gli eventuali squilibri tra i vari paesi, veniva individuato nel Fondo mone-tario internazionale (altra associazione criminogena). Le due teorie che si contrastarono in quella fatidica riunione furono quelle di John Maynard Keynes, rappresentante del governo inglese, portatore di un progetto antagonista a quello americano caldeggiato dal White, che ebbe la meglio.
La linea inglese prevedeva l'istituzione di una valuta virtuale e supernazionale (il Bancor) nella quale le singole valute nazionali entravano in percentuale pari alla quota del commercio di quel paese negli ultimi tre anni. Era evidente che un diverso progetto che individuasse in una valuta già esistente quella di riferimento anche per gli altri stati significava regalare al relativo Paese e, quindi, come avverrà poi agli Stati Uniti, un lucro immenso, senza giustifi-cazione, senza corrispettivo e senza fornire alcuna garanzia anche in termini di controllo. In altri termini, la più grande truffa internazionale, portata avanti dagli Stati Uniti che ha consentito, in modo assolutamente maramaldo, a questo Paese di divenire il più potente al mondo. Gli americani, come detto, prevalsero, il bancor andò nel cassetto dei ricordi mai venuti alla luce ed il dollaro divenne la moneta regina.
Fu evidente, forse non da subito, che la condotta del paese a stelle e strisce, ma è sempre bene precisare che il responsabile fu la FED che non coincide affatto con il popolo americano, non si ispirò alla corretta applicazione del principio della riserva aurea e, quindi, del bene comune e men che mai alla stabilità monetaria, ma esclusivamente al tornaconto personale della stessa FED e della greppia massonica che ne era a capo, 
La stampa dei dollari fu – di fatto – anche nella vigenza degli accordi di B. Woods, del tutto svincolata dal rapporto di cambio. 
Dopo la guerra, gli americani attraverso la mondializzazione del piano Marshall concessero prestiti rilevantissimi, ovviamente in dollari, a tutti gli Stati (sia vincitori che vinti nell’ultimo conflitto mondiale),  stampandoli liberamente, con l'unico vincolo (poi rivelatosi apparente) di convertirli in oro a richiesta.

La risultante fu l’apertura di tutti i mercati agli USA, la contestuale commercializzazione, in regime di sostanziale monopolio impositivo, dei propri prodotti e l’indebitamento generalizzato di tutte le economie post belliche, anche quelle in grande espansione e addirittura di quelle che la guerra l’avevano vinta. Il motto era: con i dollari che ti presto potrai fare grandi infrastrutture, ma sarai con me indebitato a vita. 
Tuttavia, la nota scarsa lungimiranza americana in politica, portò gli States alla guerra fredda e al conflitto vietnamita, i cui costi furono enormi e la collettività nazionale li vedeva e li stimava ogni giorno. 
La bilancia dei pagamenti con l'estero ne risentì e divenne passiva. Dovettero, quindi, importare di tutto e spendere dollari in quantità incontrollabile per mantenere le loro basi militari.
Ma la loro ricchezza proveniva dalla truffa della stampa incontrollata e senza limiti dei dollari che di lì a poco veniva svelata.
La Francia, intuita finalmente la fregatura, preparava lo smacco all’America. Come: ma è ovvio, proponendosi di consegnare una enorme quantità di dollari, stampati senza costo, controllo e corrispondenti riserve auree, per ricevere dagli USA la doverosa contropartita in oro. Intuito il rischio e la generale riprovazione per la condotta dello zio Sam, Nixon si precipitò in televisione il 15 agosto 1971 e dichiarò la fine degli accordi di B.W. con la conseguente inoperatività del rapporto di cambio con l’oro. 
Quindi, in quel preciso momento tutto il resto del pianeta oltre al danno di aver dovuto subire il dollaro come moneta di riferimento, ebbe modo di assaporare anche la beffa per non aver potuto - quanto meno - ricevere il metallo aureo che garantiva i dollari in loro possesso. Le note di banca della Fed erano, infatti, in circolazione in misura illimitata, senza costi, riserva, garanzia e il signoraggio bancario, fino ad allora in modo subdolo e truffaldino, ora trasformava la sua opera di devastazione mondiale con il signoraggio dell’emissione monetaria (attribuendosene la proprietà all’atto dell’emissione) e con l’indebitamento generale di tutte le economie planetarie nei confronti di chi non aveva fatto altro che arricchirsi con la stampa dei biglietti verdi, senza sostenere alcun costo.
Il prof. Auriti analizzò questo importantissimo momento, evidenziandone la patologia (è un chiaro eufemismo), ma andò oltre, giungendo a teorizzare la proprietà popolare della moneta, che sanciva il principio assolutamente inderogabile secondo cui la moneta è di proprietà dei cittadini e deve essere attribuita ai componenti la collettività nazionale a titolo di reddito di cittadinanza, poiché il valore monetario deriva dall’accettazione della collettività e dalla ricchezza che la stessa (ed unica) collettività crea. Corollario: l’istituto di emissione non può vedersi attribuito alcun valore monetario, in quanto la sua funzione di mera stampa non gli consente di appropriarsi del valore monetario, al quale non partecipa in alcun modo e di cui non ha titolo di godere neanche a livello marginale.
Quel ferragosto del 1971 fu un momento decisivo degli studi auritiani sulla moneta, iniziati pochi anni prima. Da allora le idee e la intuizioni in nuce si rilevarono verità e diedero lo spunto ad ulteriori approfondimenti e studi (vedi la creazione del Centro Studi Politici e Costituzionali), che poi con l’analisi della fattispecie giuridica monetaria, con la scoperta del valore indotto della moneta, esitarono nel principio della proprietà popolare della moneta.   
Ed è da quel momento che l’insegnamento del prof. Auriti ha via via ricevuto conferme di fondatezza e di scientificità. Più la crisi si inasprisce, maggiormente appaiono chiare le varie fandonie che ci vengono propinate per giustificare le lacrime e sangue richieste dai nostri politici, asserviti alla grande finanzia.
Non è possibile, infatti, ritenere che la causa dell’inasprimento delle tasse sia da ricercare nel deficit pubblico, senza considerare, in questa sede, l’inesistenza del debito pubblico e la grande truffa che vi è dietro, di cui parleremo in altra sede. L'Italia, infatti, a voler seguire i dati diffusi proprio da chi vuole le lacrime e il sangue altrui, ha un deficit del 2% calcolato sul Pil, mentre la Francia ha il 4.5%.. La conseguenza, anche a voler seguire i meccanismi perversi di macroeconomia, dovrebbe essere che i francesi dovrebbero pagare interessi più alti di noi. E invece pagano poco più dei tassi tedeschi, mentre noi paghiamo uno sproposito (480 punti) di più.

Vediamo allora se tale situazione drammatica possa essere attribuita al deficit cd. primario, cioè depurato dagli interessi. Sempre percorrendo il ragionamento utilizzato da coloro che ritengono ineludibile la pressione fiscale e senza tener conto della grande truffa che si cela dietro il debito pubblico, siamo addirittura virtuosi, avendo un "attivo" del 3.4% del Pil, mentre la  Germania si attesta nell' 1.7%.. Lo spread invece ci pone in una situazione di assurda ed assolutamente sottomissione.
Pertanto, le teorie convenzionalmente accettate sono intrinsecamente mendaci, anche a volerle esaminare con i canoni interpretativo propri e senza considerare l’insegnamento illuminante del prof. Auriti. Tuttavia, grazie all’enorme coraggio e alla verità assoluta delle stesse, oggi abbiamo la possibilità di reagire a questo etnocidio.

“Ogni limite ha la sua pazienza” diceva il grande Totò e noi abbiamo superato limiti e pazienza, non vogliamo pagare un debito inesistente e non siamo disposti a sacrifici per arricchire chi non ha titolo per pretendere alcunché. 
Ma noi, nostro malgrado, ora abbiamo Monti e allora, per rimanere nel terreno del grande artista napoletano, siamo certi che il nostro primo ministro, componente della trilaterale, abbiamo in “cuor suo”, la celebre frase “Ti voglio ammazzare perché così ti insegno a vivere”. Ciò nonostante resistiamo, grazie agli insegnamenti del prof. Auriti e a quella chiave di lettura critica, un tempo ritenuta eretica, oggi unica via di salvezza, nella certezza che, come per Totò, “i ministri passano, gli uomini restano”.
Grazie ancora prof. Auriti
- Antonio Pimpini

Nessun commento:

Posta un commento