martedì 17 aprile 2012

La resa sindacale al governo

La resa sindacale al governo liberista e tecnocratico Monti
di Federico Dal Cortivo - 16/04/2012
Fonte: europeanphoenix 





 

L’attacco ai diritti dei lavoratori per merito del governo Monti ha sancito, di fatto, la fine del Sindacato in Italia e il suo ruolo di tutela e mediazione tra lavoratori e datori di lavoro.


Il declino era già iniziato da qualche tempo e ora con la riforma del lavoro Fornero e il depotenziamento dell’art. 18 la discesa ha toccato uno dei punti più bassi della sua storia.
Le dichiarazioni di questi giorni dei vari Segretari Nazionali non fanno che confermare, se mai ce ne fosse stato bisogno, la totale svendita dei lavoratori; Bonanni, Angeletti e la Camusso, chi più chi meno alla fine hanno accettato di buon grado quello che il “governo” ha imposto con forza, quella che Monti senza alcuna vergogna ha definito “svolta storica per la crescita dell’Italia”.
Il Segretario della Cisl Bonanni si sente addirittura rassicurato dagli ininfluenti cambiamenti apportati di recente al testo della riforma per quello che concerne i licenziamenti per cause economiche, (…nel testo rimaneggiato si parla che in caso di manifesta insussistenza del giustificato motivo, quindi in casi estremi e remoti, il giudice potrà optare per il reintegro, ma in caso d’indennizzo economico si scende da 27 mensilità a 24, quindi solo un po’ di fumo, ma nulla di più. Del resto come ha dichiarato in modo netto Monti, il reintegro non è per nulla un obbligo…), e si spinge oltre nel riconoscere alla Fornero “tenacia e capacità di recupero”, anche se  non sappiamo bene a cosa si riferisca giacché il testo della riforma liberista distrugge quel poco di tutele e stato sociale che era presente in Italia.
Sempre Bonanni, che tra il tre Segretari rappresenta da sempre quello più filo-esecutivo, si spinge oltre affermando che “la riforma del lavoro è un tassello importante per puntare sulla crescita”. Cigl e Uil sono invece già allineate e coperte, mentre l’Ugl nicchia in attesa di vedere che faranno gli altri, e certamente non daranno preoccupazioni all’esecutivo Monti.
La parabola discendente del Sindacato era già iniziata nel luglio del 1993 con l’adesione al famoso “Protocollo sulla Politica dei Redditi e dell’Occupazione”. Esso fu firmato il 22 luglio dai rappresentanti di Cgil-Cisl e Uil, che allora erano Trentin, D’Antoni e Larizza. Sancì che i nuovi assetti contrattuali, di durata quadriennale per la parte normativa e biennale per quella salariale, fossero agganciati al “Tasso d’Inflazione Programmata”, stabilito come obiettivo comune tra le parti; ulteriori punti di riferimento dovevano essere in sede di rinnovo la comparazione tra l’inflazione programmata e quell’effettiva intervenuta nel precedente biennio.
Com’è facile intuire dietro la voce “inflazione programmata” si celava la colossale truffa ai danni dei lavoratori italiani, che hanno visto anno dopo anno i propri stipendi perdere valore, senza che il nuovo meccanismo voluto dal padronato, sindacati gialli e governo di allora potesse in qualche modo essere un idoneo strumento di tutela salariale, come lo era stata la “scala mobile” detta anche indennità di contingenza, negoziata nel 1975 per tutti i settori del mondo del lavoro, poi aggiornata nel 1982 e definitivamente abolita tra il 1984 e il 1992, con il via libera dato anche dal Sindacato. Il Presidente del Consiglio era nel 1993 l’uomo di Bankitalia Carlo Azeglio Ciampi, succeduto ad Amato, e al Lavoro, invece,  Gino Giugni, padre dello “Statuto dei Lavoratori”, anche lui convertitosi al liberismo.
In precedenza e successivamente, per chi ha la memoria corta, vale la pena di ricordare altri passaggi importanti:
 1984: attacco alla scala mobile e approvazione legge 863 che estende mansioni di applicazione del part-time e introduceva i contratti di formazione e “solidarietà”.
  1986 :legge 56: estende a tutti i settori produttivi il contratto a termine. Legge 146/90: attacco al diritto di sciopero, preavviso di due settimane, estese le attività considerate di pubblica utilità.
  1991: legge 223: mobilità che ha permesso uso massiccio di esternalizzazioni 
Dopo il 1993 sfondamento sul terreno  dei contratti atipici.
  1994: Viene estesa la possibilità di ricorrere a mobilità, contratti di formazione lavoro, apprendistato.
  1997: pacchetto Treu, che introduce il lavoro interinale e privatizza in pratica il collocamento. Legge 30/2003 e Dlgs.n 276/2003 che introducono le borse dell’impiego, job sharing, certificazione, somministrazione lavoro, lavoro a chiamata e tutto quanto possa rendere il lavoro di fatto precario.
Come si noterà la gran parte di questi provvedimenti sono stati varati con governi di centrosinistra, convertiti anche loro al capitalismo vincente di questi anni.
 - Accordo Quadro Riforma Assetti Contrattuali del 22 gennaio 2009.
In dettaglio di particolare rilevanza si nota che  quest’ accordo  garantisce “benefici e profitti” alle sole imprese; in esso sparisce ogni riferimento, anche simbolico, all’incremento del potere di acquisto dei salari, e al suo posto si cita l’”efficienza dinamica retributiva”, che in parole povere significa solo la tutela delle necessità delle aziende.
Esaminando  il nuovo modello contrattuale (voluto da Confindustria), della durata sperimentale di 4 anni, che vedrà la riconferma su due livelli di contrattazione, Contratto Nazionale di categoria e decentrato. Il CCNL sarà triennale, sia per la parte salariale, sia per quella normativa e dovrebbe nelle intenzioni degli estensori “garantire la certezza dei trattamenti economici e normativi” comuni a tutti i lavoratori del settore senza però dare alcuna indicazione esatta relativa al livello di questo trattamento, e non dando alcuna certezza sul “reale potere d’acquisto salariale”. Dall’abolizione della scala mobile questa certezza era svanita già da tempo, quindi i salari a livello nazionale saranno stabiliti partendo da un “parametro previsionale” elaborato da “un soggetto terzo”(?), che non è neppure citato nell’accordo…, che utilizzerà  un “nuovo indicatore dei prezzi al consumo armonizzato in ambito europeo”, denominato IPCA.
Si capisce fin troppo bene che questo nuovo indicatore, che è “depurato” dai prezzi energetici noti come  inflazione importata, non consentirà di coprire l’inflazione, quella vera, che erode i salari ed inoltre quest’indicatore è applicato solo a parte della retribuzione, prendendo a riferimento un valore retributivo da individuarsi nelle intese di settore. Nel settore pubblico, a differenza di quello privato dove i pur risibili recuperi degli scostamenti tra inflazione prevista e reale saranno effettuati nel triennio di vigenza contrattuale, si procederà a stabilire un indice previsionale come solo valore di riferimento  che però terrà  conto delle risorse destinate agli incrementi salariali, il cui ammontare sarà definito dai Ministeri competenti, dopo aver sentito le OO.SS.. Le eventuali variazioni saranno valutate alla fine dei 3 anni ed i recuperi avverranno nel triennio successivo…E’ facile immaginare come dopo questa firma, le OO.SS. saranno certamente più che disposte ad assecondare la politica di tagli del governo, del resto non si possono prima sottoscrivere accordi capestro e poi ergersi a difensori dei lavoratori.
La negatività di questo accordo è palese e ci viene anche dalla lettura del punto 16 dello stesso, dove compare la possibilità di “deroghe in peggio del CCNL” sia per la parte normativa, sia salariale durante la trattativa di secondo livello.
Si arriverà poi ai recenti accordi con la Fiat di Marchionne a Pomigliano e Mirafiori, volti a cinesizzare sempre più il lavoro in fabbrica con turni 24 ore su 24 per sei giorni la settimana, sabato compreso, ogni turno sarà di 8 ore e con una breve pausa mensa di soli 30 minuti a fine turno che per esigenze produttive potrà anche saltare, mentre le attività di manutenzione saranno svolte su 7 giorni e per 24 ore il giorno.
La Fiat può chiedere senza l’autorizzazione del Sindacato ulteriori 80 ore di straordinario all’anno che si sommano alle 40 già previste dal CCNL e per esigenze produttive le ore annuali di straordinario potranno arrivare a 200.
I primi tre giorni di malattia potranno non essere retribuiti se considerati “assenteismo anomalo””.
Con questi trascorsi quindi non deve sorprendere la totale resa di quello che fu il Sindacato Confederale, resistono ancora gli RdB, però, totalmente oscurati dai media embedded. Il Sindacato Confederale vive oramai sui lauti guadagni derivanti dai Caf, Patronati, sulle nuove tessere degli stranieri, e su tutte quelle attività collaterali che nulla hanno a che vedere con l’attività di difesa dei lavoratori.
E intanto che Cigl Cisl e Uil festeggiano Monti e la Fornero, Mario Draghi ancora una volta ci parla di flessibilità che a parere dell’attuale Presidente della BCE “dovrebbe essere estesa anche ai meno giovani, perché altrimenti questi ultimi sono discriminati”, in poche parole invece di tutelare tutti, è più conveniente per Draghi non tutelare nessuno.
L’arroganza del banchiere Draghi, che in altri tempi sarebbe già stato arrestato per Alto Tradimento visti i suoi stretti legami con la finanza apolide e antinazionale, non ha limite al punto di dichiarare “morto il sistema sociale europeo”, e lui sa di poterlo dire impunemente: i governi  europei sono stati di fatto esautorati dal governare le scelte economiche delle rispettive nazioni e in Italia pure il Sindacato gli da oramai una mano.

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