lunedì 6 agosto 2012

Cosa si nasconde dietro al MES

Il mostruoso antieuropeismo

di Valerio Valentini

Ve ne sarete accorti anche voi: il nuovo mostro che s’aggira per l’Europa (e in Italia in particolare) è l’antieuropeismo. A leggere i giornali e a sentire le esternazioni della politica, infatti, la minaccia degli euroscettici è sempre più concreta e pericolosa. Ovviamente, come nel caso degli scontri di piazza tra manifestanti e forze dell’ordine, anche le critiche mosse all’Europa vengono condannate senza se e senza ma. In pochissimi si sforzano di comprendere le ragioni di chi non è ciecamente convinto dal “progetto Europa tutto e subito”, mentre invece in molti si dilettano nel banalizzare, ridicolizzare e criminalizzare le obiezioni mosse a tale progetto.


Ora, io rivendico il mio diritto ad essere contrario a questo modello di Europa. Il che non significa che io sia un antieuropeista, né tantomeno un fiero italiota nazionalista. Tutt’altro. Ritengo che sarebbe un grande passo in avanti, per tutti i Paesi dell’UE, se si arrivasse ad una maggiore collaborazione politica che producesse risultati tangibili: la creazione di un codice penale unico che omologhi le pene per alcuni reati (è inaccettabile che in alcuni Stati europei il reato di associazione mafiosa non esista o sia punito con 5 anni di reclusione); lo smantellamento degli eserciti nazionali e l’istituzione di un unico contingente europeo, il che sarebbe utile anche a ridurre le spese folli che ogni Stato compie per finanziare uomini e risorse; l’attuazione di misure che agevolino l’effettivo riconoscimento di titoli di studio in tutto il continente; la condivisione reale di norme concrete per la tutela dell’ambiente; l’equiparazione dei diritti e delle tutele sul lavoro che in tutti gli Stati devono essere rispettati, così da ridurre le delocalizzazioni finalizzate alla massimizzazione del capitale attraverso lo sfruttamento degli operai dei paesi più poveri. Insomma, queste sono soltanto alcune delle iniziative che mi piacerebbe che l’Europa intraprendesse. E per ottenere queste conquiste a livello continentale, sarei anche disposto ad accettare quelle che vengono chiamate “cessioni di sovranità nazionale”. Anche perché sono convinto che nel momento in cui avvenisse ciò, si innescherebbe una reazione uguale e contraria di riscoperta – per quanto mi riguarda auspicabilissima – delle culture e delle tradizioni locali, che salvaguarderebbe le identità regionali e periferiche.

Ma il disegno politico che si sta cercando di attuare oggi, ad opera dei vari governi europei, è tutt’altra cosa. Si tratta di un tentativo, antidemocratico e liberticida, di ridurre le autonomie governative dei singoli Stati per demandarle ad un’oligarchia grigia e senza volto, che non risponde ad alcun mandato o volontà popolare, e che pare avere, come unico scopo, la salvaguardia dei privilegi delle élites economiche garanti del capitalismo internazionale. L’attuazione del Mes, tanto per dirne una, è un esempio paradigmatico del nuovo regime che si cerca di imporre. Al di là della difficile sostenibilità economica del progetto, che rappresenta per noi una nuova, enorme fonte di indebitamento senza fornire nessuna garanzia di credito, quello che spaventa è l’ennesima immunità che gli ideatori di questo fantomatico meccanismo di stabilità si sono confezionati su misura. Lo dice chiaramente il comma 3 dell’articolo 32 del trattato che istituisce l’organismo: “L’Esm, le sue proprietà, le sue fondazioni e i suoi patrimoni, dovunque situati e da chiunque gestiti, dovranno godere di immunità da qualsiasi tipo di processo giudiziario”.

Quello dell’Esm è un precedente gravissimo, ma è anche indicativo di una certa mentalità che vige tra le aristocrazie finanziarie europee, in questo momento più che mai. È la mentalità fascista del mettere il popolo di fronte al fatto compiuto. “Caro popolo, c’è un problema? Bene, ad affrontarlo ci pensiamo noi, tu non ti impicciare, non metterci il naso: tutto risolto, tutto sistemato”. E' nei confronti di questa Europa che si deve rivendicare il diritto di essere contrari.

Se l'obiettivo è quello della creazione degli Stati Uniti d’Europa, da tutti invocati a gran voce, che si creino con la partecipazione di tutti gli europei, attraverso istituzioni realmente democratiche. Gli organi governativi continentali devono essere la reale espressione della volontà popolare. Invece esiste una distanza siderale tra la croce che i singoli cittadini mettono su un candidato e la miriade di nomine che poi vengono decise all’interno del Parlamento Europeo. La partecipazione di noi semplici cittadini, per quel che riguarda il governo dell’intero continente, inizia e finisce sulla scheda elettorale. Il resto – cioè tutto quello che conta davvero – avviene a Strasburgo e Bruxelles, nei conciliaboli dei vari partiti. Dunque, per creare davvero un Stato Europeo, o un’Unione di Stati Europei, sarebbe opportuno e anzi doveroso procedere prima alla stesura di una Costituzione Europea, i cui pilastri devono essere discussi e approvati con largo consenso, anche a costo di numerose consultazioni referendarie nazionali e internazionali. Si dirà che è difficile, ed è innegabile che lo sia. Ma è anche inevitabile che una creatura così complicata come l’Europa richieda un impegno fuori dal comune. Se si vogliono davvero superare le barricate dei vari Stati nazionali, lo si deve fare avendo come principi fondanti quelli del miglioramento e dell’estensione della democrazia, per renderla sempre più reale e sempre meno formale. A questa Europa sarebbe difficile dire di no. Altrimenti, se l’Europa – quella che l’establishment continentale ha in mente – deve divenire una grande colonia di poche superpotenze, tanto vale rimanere l’accozzaglia frammentata di Stati che già oggi siamo.

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