Unindustria Bologna rilancia la moneta complementare
di Ilaria Vesentini, IlSole24Ore, 16 febbraio 2013

«Il primo passo è iniziare a discuterne, perché la moneta complementare non è solo una provocazione di fronte allo sfacelo della finanza speculativa e degli spread – spiega Marco Gasparri, presidente della Delegazione imolese di Unindustria Bologna – come inizialmente io stesso pensavo. In bacini territoriali con forte interrelazione tra imprese e con un solido welfare sociale la moneta complementare ha una sua ragion d'essere e i casi di Wir BanK in Svizzera o di BexB in Italia ne sono una dimostrazione». Eppure tornare a parlare di forme di baratto (perché di fatto questo è la moneta complementare) a livello confindustriale, «la dice lunga sull'insoddisfazione delle nostre imprese e dovrebbe suonare come un campanello d'allarme per la politica e il sistema del credito», sottolinea Daniele Salati Chiodini, vicepresidente Unindustria Bologna con delega al credito.
Non a caso la Regione Lombardia sta continuando gli studi sul "Lumbard", lo strumento filo-istituzionale che dovrebbe aiutare le imprese strozzate dal credit crunch; la Sardegna punta a raggiungere l'1% del Pil veicolato dalla moneta virtuale Sardex entrata in scena tre anni fa; e il network italiano BexB - che ha già raccolto, dal 2001 a oggi, l'adesione di 2.600 imprese che hanno scambiato beni e servizi senza l'esborso di denaro per l'equivalente di 250 milioni di euro – sta organizzando, per il prossimo 21 febbraio a Roma, il Business meeting nazionale per far incontrare 110 aziende di tutta Italia interessate a fare affari a suon di "EuroBexB".
«La vera questione della moneta complementare oggi – spiega Massimo Amato, docente dell'Università Bocconi di Milano che con il collega Luca Fantacci ha creato il progetto di moneta complementare che debutterà in settembre a Nantes, in Francia – è l'ampiezza dell'area su cui può essere utilizzata, perché il presupposto è un territorio dentro il quale nascono e muoiono gli scambi tra imprese e individui, un circuito chiuso». Per cui potrebbe avere anche un senso il ritorno di una lira domestica, come auspicato dall'ex premier Berlusconi. «Ma non come valuta sostitutiva dell'euro, che dovrebbe continuare a essere utilizzato per operazioni intereuropee, ma solo come alternativa per gli scambi interni, perché elimina gli effetti inflazionistici, il razionamento del credito e stimola i consumi, in quanto non ha senso accumularla deprezzandosi nel tempo», spiega l'economista, che pensa a un modello federale in cui le camere di compensazione regionali si compensano tra loro a livello nazionale.
«Va implementato qualsiasi strumento che permetta oggi di alleggerire il fabbisogno di liquidità – nota Amato – e che abbia una funzione anti-ciclica o a-ciclica, che si basi sulla fiducia reciproca e sull'economia reale e che, infine, consenta di eliminare il gap di competitività causato oggi da differenti condizioni finanziarie e non da reali differenze di produttività». E siccome nessuno è profeta in patria sarà a Nantes, la capitale della Bretagna, che Amato sperimenterà la riuscita dell'"altra moneta locale"(il nome sarà ufficializzato a giorni, dopo un concorso di idee) su un bacino di 600mila abitanti, 45mila imprese e 6 miliardi di Pil, con l'idea di veicolarne almeno il 5% con il nuovo strumento di scambio. Il circondario imolese è cinque volte più piccolo di Nantes, la provincia bolognese è quasi il doppio, ma fare i followers e capire come funziona l'esperimento dai cugini francesi, in questo caso, può non essere un'idea sbagliata.
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