sabato 9 febbraio 2013

Trapani, suicida perché senza lavoro

 Il Fatto Quotidiano

Trapani, suicida perché senza lavoro. In un foglio i riferimenti alla Costituzione

Giuseppe Burgarella, operaio edile con una storia dentro ai sindacati, si è suicidato una settimana fa. In un biglietto ha lasciato la sua disperazione per i diritti violati. All'ultimo direttivo degli edili aveva detto: "Dobbiamo suicidarci tutti per far capire quanto è grave la situazione?"

“Vittima della nuova resistenza”, la “resistenza” che si combatte per il “lavoro”. Giovanni Burgarella, “storico” sindacalista della Cgil trapanese, per un periodo costretto a vivere sotto scorta dopo che da segretario della federazione provinciale degli edili aveva denunciato la diffusa presenza della mafia nei cantieri, con le lacrime agli occhi definisce “uomo della nuova resistenza” il fratello, Giuseppe, 61 anni, morto suicida una settimana fa. Pino, come lo chiama suo fratello, da tempo era disoccupato, il dramma di non avere un lavoro lo ha travolto.
Domenica mattina Giovanni lo ha trovato con una corda al collo, penzolante sotto al gazebo del giardino della loro casa che si trova nella frazione di Guarrato, a pochi chilometri da Trapani. Le sue ultime parole Pino Burgarella le ha scritte su un foglio di agenda che i carabinieri hanno trovato dentro una busta sigillata sotto al maglione. In passato Burgarella si era anche rivolto a Napolitano e a Susanna Camusso. Non ci sono altri drammi, altri “guai” dietro la sua morte, se non quello di un uomo che, sindacalista come il fratello, si era battuto per il lavoro, prima quello per gli altri e poi il proprio. Pino Burgarella ha combatutto fino all’ultima riunione del direttivo degli edili. Con toni forti intervenne per denunciare la crisi del settore dell’edilizia (in provincia di Trapani il comparto ha quasi 4mila senza lavoro, rispetto al 2012 siamo già a un 20 per cento in più di disoccupati) e prendendo la parola aveva detto: “Dobbiamo suicidarci tutti per fare capire quanto grave sia la crisi che stiamo vivendo?”.
Il suo testamento è racchiuso nelle parole scritte su quel foglio del primo febbraio 2013: “44 giorni di lavoro dal 2010 ad oggi… da oggi ho trovato un impiego…un posto fisso per sempre…”. A casa è rimasto un libretto, la storia della Costituzione italiana, regalo della Cgil lo scorso 25 aprile. “Mio fratello aveva sottolineato le frasi relative al lavoro, al diritto che ogni cittadino ha di avere un lavoro, era profondamente convinto che a quel diritto nessuno poteva rinunciare né qualcuno poteva in qualsiasi modo negarlo, lui la pensava in modo chiaro, il lavoro come unica condizione per avere piena dignità sociale”. In quel foglietto d’agenda che ha lasciato c’è scritto il suo malessere di uomo: “Mio fratello è morto per credere fino in fondo a quello che c’è scritto nella nostra Costituzione a proposito di diritto al lavoro”. Infine uno sfogo. “Qui – dice Giovanni Burgarella – chi è di sinistra, chi fa sindacato, è segnato, non è facile che trovi lavoro chi è così schierato a difendere i diritti… Lui che era molto più rigido di me ha sofferto in silenzio questa realtà”.

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