Ciao euro, la Sardegna ora scommette sul SardEx
Se pensate che non si possa vivere senza l’euro, andate in Sardegna e provate a dire in giro che pagherete in Sardex. A parte benzina, farmaci ed energia elettrica, potrete comprare tutto, sia beni che servizi. E quindi alberghi, dentisti, falegnami, elettricisti, meccanici, consulenti di marketing. Ma anche sale congressi, corsi di lingua inglese, pubblicità sui giornali locali. E poi vestiti, mobili, ristoranti e persino la connessione Internet. Oltre a cibo, vino e carni, tutto rigorosamente sardo. Il Sardex è la “moneta a chilometro zero”. Solo che non è una moneta, nel senso che fisicamente non esiste. Non ne hanno stampato nemmeno una banconota: esiste solo su Internet.
Tutti i Sardex in circolazione – oltre un milione, ma il dato cresce ogni giorno – stanno su un server, un computer in un piccolo comune agricolo tra Cagliari e Oristano: Serramanna. «Qui, in un bel casolare – scrive Riccardo Luna il 20 gennaio su “Repubblica” – l’hanno inventato quattro ragazzi, sardi naturalmente, non solo di nascita, ma di cultura. Fieri della loro terra». Quattro ragazzi che si erano stufati di sentirsi dire che i sardi sono «pochi, matti e divisi». Il Sardex sta già smentendo i luoghi comuni, perché si basa su due principi di vita: «Il primo è che se il tuo vicino guadagna, stai meglio anche tu; e il secondo afferma che nessuno se ne va col bottino e nessuno resta solo».
La storia inzia nel 2006 da quattro amici: Carlo Mancosu, Piero Sanna, Giuseppe e Gabriele Littera. «Non hanno studiato economia – racconta Luna – ma sono affascinati dal tema delle monete complementari, le alternative currencies». Nel mondo ce ne sono centinaia, spinte dal web e dalla fiducia reciproca invece che da una imposizione legale. Secondo il “Wall Street Journal”, con la crisi di dollaro ed euro, rappresentano un possibile futurodell’economia. Alcune sono molto controverse, al limite della legalità, come i Liberty Dollars o i Bitcoin; altre stanno avendo un buon successo come il Res belga o la sterlina ecologica di Brixton.
In Italia il fenomeno non è nuovo, racconta a “Repubblica” Pierluigi Paoletti, 52 anni, ex consulente finanziario oggi vicino a “Occupy Wall Street”, convinto del fatto che «la moneta è solo un sistema di sopraffazione che serve a fare i ricchi più ricchi». Il primo esperimento italiano, ricorda Paoletti, risale al luglio del 2000 quando il giurista abruzzese Giacinto Auriti, che si batteva contro l’usura, emise il Simec nel suo piccolo comune natale di Guardiagrele: i pensionati si entusiasmarono per questa improvvisa iniezione di liquidità ma la Guardia di Finanza ne decretò bruscamente la fine. Tre anni dopo, in Calabria, il presidente del parco dell’Aspromonte Tonino Perna fece stampare alla Zecca dello Stato l’Ecoaspromonte: «Era bellissimo, troppo forse, ed ebbe breve vita».
Nel 2007, a Napoli, l’associazione Masaniello stampa gli Scec, “lo sconto che cammina”, un network fatto di ormai 10.000 associati e duemila imprese: «Formalmente e fiscalmente è uno sconto – spiega Paoletti – ma in realtà è un dono che tu fai a un altro membro della comunità affinché lui spenda i suoi soldi lì». I modelli sono tanti, ma nell’estate del 2006 i quattro ragazzi sardi si entusiasmano per l’antica vicenda del Wir, una moneta creata in Svizzera da 16 imprenditori per superare la crisi del ‘29: oggi rappresenta una rete di 80.000 aziende locali. Proprio sul modello elvetico, nel luglio 2009 viene varato il Sardex: «Ci vogliono nove mesi a mettere a segno la prima transazione», scrive “Repubblica”, e da allora «è un crescendocontinuo, 420 aziende affiliate e un totale delle transazioni quadruplicato in un anno».
Come funziona una moneta che non c’è? «Come una camera di compensazione di crediti e debiti», spiegano gli inventori della moneta sarda. Quando un’azienda entra nel circuito le vengono assegnati dei Sardex: «È un fido bancario, ma senza interessi». L’assenza di interessi è un punto fondamentale: non si fa denaro con il denaro, i soldi servono solo a scambiarsi beni e servizi. Questa apparente eresia si chiama finanza etica. E quindi, continua “Repubblica”, i Sardex assegnati a chi aderisce rappresentano l’importo di beni e servizi che ciascuno è disposto a vendere e a comprare nel network. Entro dodici mesi, quella posizione va pareggiata: se una azienda è in difficoltà si muovono tutte le altre e se proprio è impossibile tornare in pareggio – ma non è ancora mai accaduto – la posizione viene saldata in euro.
«L’euro però non scompare», spiega Riccardo Luna, «e non solo perché ogni azienda decide di usare i Sardex per smaltire le possibili giacenze di magazzino, i probabili tavoli vuoti al ristorante, le ore inoperose di un artigiano. Ma perché in euro si pagano l’Iva, le altre imposte, i contributi previdenziali. E questo rende il business legale, oltre che trasparente: l’evasione nel mondo dei Sardex è impossibile, essendo tutto tracciato in tempo reale». I veri vantaggi sono altri, però. «La ricchezza resta sul territorio e vengono valorizzati i prodotti locali». E con la crisi in corso non è poco. Per questo il Sardex va. Renato Soru, l’inventore di Tiscali, ne è un sostenitore entusiasta e prevede una espansione in tutta Italia: in Sicilia sta partendo un network gemello che si chiama Sicanex; a Torino in consiglio comunale il Popolo della libertà e i grillini concordano sulle necessità di creare il Taurino; e a Nantes, in Francia, due italiani sono al lavoro per creare il Bonùs.
Lo scorso 8 dicembre, Giuseppe Littera si è messo la coppola ed è andato alla City di Londra dove è stato invitato a svelare l’arcano sardo a una platea di investitori internazionali; nel frattempo i dirigenti della Banca Centrale dell’Ecuador sono stati qualche giorno a Serramanna per imparare. E finalmente sono arrivati i soldi (in euro) di un venture capital per sviluppare il progetto con obiettivo stratosferico: in dieci anni transare il 10% dell’economia sarda, due miliardi e rotti di euro. Ci riusciranno? «Dipende da come andrà il passaggio da moneta fra aziende (com’è adesso) a moneta per consumatori, previsto in primavera», spiega “Repubblica”, secondo cui «comunque vada a finire, l’impressione è che la guerra all’euro sia appena iniziata».
Del Sardex parlerà il 4 febbraio in valle di Susa Giovanni Acquati (finanza etica), nell’ambito della ressegna “Il Grande Cortile”, con Marco Berlinguer, sul tema dell’economia dei territori, a partire dall’esperienza del cartello “Etinomia” che raggruppa 160 imprenditori No-Tav. Appuntamento a Villardora, ore 15.
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