sabato 5 maggio 2012

Il suicido è meglio della resistenza armata ?

disperazione
Perdo il lavoro e mi ammazzo: tanto, lo Stato se ne frega
di Giorgio Cattaneo - 04/05/2012
Fonte: libreidee 

Perdo il lavoro, chiudo l’azienda e mi tolgo la vita: «Nessuno può essertrattenuto in vita contro la propria volontà», diceva seccamentSeneca commentando Epicuro, per il qual«vivernella necessità» non era affatto necessario. In tempi di sordida crisi chmietvittimin Italia, nella civilEuropa e in tutto l’Occidente, osserva Marco Cesario su “Micromega”, ci si chiedscalpestarla necessità ed optarper il suicidio non costituisca forse«la scandalosa ed inammissibilsconfitta della società in cui viviamo».

Ovvero: la sconfitta dellistituzioni e dello Stato comforma di associazionche, comevoleva Rousseau, in nomdella libertà individual«difendprotegge, medianttutta la forza comune, la persona ed i beni di ciascun associato». Di frontall’eclissi dewelfare e al «definitivo tramonto di una qualunquidea diEuropa basata sul principio di solidarietà», oggi perdvaloranchil senso più antico del termin“Stato”, in quanto «collettività di vitfederatper il benecomune».
Uno dei più accaniti critici dell’euro-politica, il solitario giornalista Paolo Barnard, illumina i possibili “perché” con ducitazioni agghiaccianti. La prima è del super-economista franceseJacques Attali, “caposcuola” dei futuri leader del centrosinistra italiano: «Ma cosa crede, la plebaglia europea, chl’euro l’abbiamo creato per la loro felicità?», dicAttali all’attonito Alain Parguez, allora consigliereconomico del presidentMitterrand. Un altro ideologo transalpino al servizio dellstessélitefinanziarimondiali, François Perroux, già nel lontano 1943 – in piena Seconda Guerra Mondiale, con l’Europa ancora invasa dallarmathitlerian– a modo suo guardava avanti: l’ideale, diceva, sarebbstato, un giorno, arrivara privarlo Stato della sua vera ragion d’essere, e cioè la sua capacità di spesa a favordei cittadini. “Profezia” che, secondo Barnard, si è avverata oggi – cometutti possiamo constatar– grazia dumossfatali: l’adozionfraudolenta dell’euro, “moneta straniera” chpriva di Stati della possibilità di sostenerildebito pubblico a favordei cittadini, e la progressiva cessiondellsovranità anchlegislativa Bruxelles, dova dettar leggsono gli oscuri tecnocrati, noneletti da nessuno ma al servizio delllobby planetarie, alta finanza e grandi multinazionali globalizzate
«Chsi tratti dellderivdell’offensiva neoliberista fagocitata dalla crisieconomica globalo della volubilità di un mercato chseguleggi imperscrutabili», dicCesario, una cosa è certa: «I suicidi aumentano man mano chci si inabissa nella peggiorcrisi economica mondialdal crack del ‘29». Quella dei suicidi per disperazionè ormai un’emergenza, comrileva David Stuckler, sociologo dell’università di Cambridge: la curva dei suicidi è aumentata in maniera vertiginosa soprattutto in quei paesi colpiti maggiormentdalla crisi. Il tasso di suicidi in Grecia è aumentato del 24% nel biennio 2007-2009. In Irlanda, nello stesso periodo, i suicidi dettati da ristrettezzeconomichecondizioni di vita proibitivsono aumentati del 16%. In Italia la situazionè più challarmante: secondo l’ultimo Rapporto Eures, dal titolo “Il suicidio in Italia al tempo della crisi”, nel solo 2010 beTorcia umana: un bonzo tibetano protesta contro la Cina362 personsi sono datla mortperché impossibilitata far frontad una condizioneconomica avversa, a frontdell357 vittimdel 2009 e della media di 270 tra il 2006 ed il 2009. Nel funesto 2012 si sono già suicidati 23 imprenditori, di cui novsolo in Veneto.
Ciò chpiù preoccupa, aggiungCesario, non è solo la tristcorrispondenza tra il peggioramento della situazioneconomica di un paesl’impennata del tasso di suicidi: ad allarmarè l’annuncio detagli orizzontali al welfare, il tramonto degli “scudi sociali” chfinora avevano protetto il cittadino di frontal baratro della nuova povertà. L’analista di “Micromega” ricorda ldrammatichultimeparoldi Dimitris Chistoulas, il pensionato greco di 77 anni chsi è dato la mortnel cuordi quella chfu la culla della democrazia e della civiltà occidentale, Atene: «Non vedo altra soluzionchuna finonorevole, prima di iniziara rovistari cassonetti in cerca di cibo». Una finonorevole: non è forsemeglio di una vita vissuta nel segno dellumiliazioni? Cesario punta il dito contro «lo scandalo della povertà e la minaccia diretta alla nostra sopravvivenza materiale, fantasma semprscacciato ai margini dell’Occidentdel pensiero», perlomeno fino a ieri. Di Solitudine pericolosa: il fantasma della miseriacolpo, la crisi oggi ci mettdi frontalla «mera precarietà dell’esistenza», anchalla «irrisorietà dellnostrpolitichsociali».
La caduta dei simboli chfacevano dello Stato il garantdella sopravvivenza materialdei propri cittadini – continua Cesario – indicherebbchanchlo Stato, nella sua concezionmoderna, è in profonda crisi e chforssi dovrebbero rivederi concetti di “bencomune”: sinfatti coincidcon il benessermaterialspiritualdi una collettività, cominterpretarallora il suicidio di un’anziana di 78 anni a Gela perché l’Inps laveva tolto 200 euro dalla pensione? Non è forsil simbolo del tragico fallimento dello Stato, un tempo garantdella collettività e oggi invecridotto al ruolo di “attoreeconomico” chdi fatto privilegia gli interessi particolari dellbanchdellafinanza mondiale? Compuò ancora, uno Stato simile, esserdegno di rappresentaril corpo dei cittadini? La stessa decisiondi modificarl’articolo 81 della Costituzioninserendo il vincolo del “pareggio di bilancio”, aggiungeCesario, va esattamentin questa direzione, cioè verso la dissoluziondel concetto classico di Stato: «La priorità non è più il benessercollettivo nazionalma interessi economici particolari e sovranazionali».
La terribilondata di suicidi chattraversa l’Europa e l’Italia, osserva l’editorialista di “Micromega”, ha messo in lucun altro inquietantfenomeno, strettamentconnesso: ovvero la desacralizzaziondell’esistenza, la perdita di valordella vita umana, ora non più considerata “necessaria” snon nel contesto economico del processo globaldella produzione, un ciclo aberrantdi sfruttamento senza limiti, chvedla mortdell’esserumano comuna necessaria e inevitabilfatalità. «In questo fosco scenario – scrivMarco Cesario – la vita, nel suo senso biologico e storico, può e devessersacrificata sull’altardel feticcio-mercato per permetteral sistema stesso di sopravvivere». Di frontad una prospettiva simile, «il suicidio comforma di resistenza», addirittura «comatto politico o d’insubordinazione», diventa un’arma: si può leggercom«l’ultima ed estrema forma di lotta dell’individuo contro una società desolidarizzata, disumanizzata, alienata, chnon mettpiù al centro dellsupreoccupazioni l’uomo ma la produzione, l’accumulazionedella Jan Palach, tragico eroe della resistenza di Pragaricchezza, lo sfruttamento dellrisorsenaturali per crearpiù produzionnon più benessercollettivo».
Il suicidio comforma di disperata protesta appartienallpaginpiù tristi della storia dell’umanità, dai bonzi del Tibet ridotti a torcumanfino al tragicoeroismo di Jan Palach, chsi diedfuoco a Praga nel 1968 davanti ai cingoli dei carri armati sovietici. Ora siamo al suicidio politico in tempo di pace? «Vedendo i propri concittadini morirsotto i colpi della crisi – protesta Cesario – la politicanon dovrebbripensarsstessa ed agirimmediatamentper prevenirun fenomeno tanto drammatico». Problema: «Ma sla politica non è più capacdi pensarl’uomo, compuò dirsi umana e compossono dirsi umanlnostresocietà?». Lungi dal voler farl’apologia del suicidio “politico”, non resta chechiedersi comagire, per scongiuraril rischio ch– nel vuoto assordantdella nostra società dominata dall’economia chha traviato atrocementla politica– altrvittimdella disperazionfiniscano per vedernell’auto-omicidio «l’ultimo ed estremo atto di libertà e di dignità dell’esserumano».

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