Bioeconomia: un equilibrio dinamico. Oltre la crisi un altro mondo
di Massimo Pieri - 24/04/2012Fonte: COBASE
La crescita della ricchezza materiale, misurata esclusivamente secondo indicatori monetari e finanziari, può avvenire a danno della qualità della vita e sottovalutando le reazioni degli esclusi. Gli esclusi sono incorporati nell'analisi neoclassica come inoccupati. Un tasso frizionale di disoccupazione fa parte dell'analisi neoclassica che tende alla piena allocazione dei fattori produttivi e quindi anche dei lavoratori. Partendo dall'ipotesi che, in un dato istante, tale condizione sia sempre soddisfatta essa non è in grado di interpretare la dinamica dei processi sociali in cui tale obiettivo non si realizza. La discrasia (la crisi) tra un modello che prevede ciò che è diverso dalla realtà fattuale può implicare forme di controllo sociale o spinte autoritarie per includere a forza la crisi nel modello senza però modificarne i paradigmi analitici (68s, ows, oa).
Il cuneo degli esclusi è tanto più grande e critico quanto critica è la differenza tra il valore reale dei processi di trasformazione della materia e il valore finanziario degli stessi. Le grandi crisi, rappresentano i punti più critici di tali differenze dove al massimo dello stock di capitale finanziario corrisponde, poi, il massimo stock di capitale umano escluso.
Il problema analitico è complesso perché l'economia neoclassica, per allocare pienamente le risorse, deve crescere in termini di valore indipendentemente dai flussi materiali prodotti. La differenza che si crea fra la crescita economica finanziaria e quella reale produttiva rappresenta il momento della crisi da cui deriva la distruzione creativa necessaria per la ristrutturazione dei processi economici (Schumpeter).
La bioeconomia si basa sullo sviluppo inteso come continua innovazione dei processi volta al mantenimento dell'omeostasi che consiste nel tentativo di conservare il proprio livello strutturale e informativo, contrapponendosi all'aumento dell' entropia. Essa non ha analiticamente bisogno di una crisi per innovare i processi perché opera un costante affinamento degli stessi. La bioeconomia, come i processi naturali, è una ristrutturazione permanente e si muove con delicatezza come un equilibrista sul filo che aggiusta l'asta in modo quasi impercettibile ma costantemente. Partire da questo presupposto, che implica la ricerca di un equilibrio dinamico e quindi non individuabile con criteri meccanicistici, significa procedere verso uno sviluppo (non crescita) armonico, in cui le persone mantengano il controllo sulla produzione di beni e servizi necessari ai bisogni sociali, con una fruizione più consapevole e partecipe degli stessi. Si tende ad un equilibrio dinamico e omeostatico, che si fondi sulla diffusione di un modello di vita collettivo e incentrato su un uso appropriato dei consumi e dello spreco, sulla concorrenza perfetta e basato sulla ricerca del miglioramento paretiano ed ecologico, della soddisfazione e del benessere.
E' bene osservare che le ricchezze complessive della società non sono solo i beni durevoli, ma anche la conservazione del capitale naturale ed ecologico il rapporto con gli animali e le piante, la socialità e il tempo libero, la conoscenza, la diversità biologica e culturale, che consentono all'uomo di incrementare le sua capacità di produrre benessere, come avviene per i popoli indigeni e la conoscenza tradizionale (V.Jappelli).
COBASE Associazione Tecnico Scientifica di Base (ECOSOC)
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