Imprenditore in rovina minaccia il suicidio dal tetto del centro psichiatrico
In due anni è passato da un tenore di vita elevato a salire sul tetto di un centro psichiatrico, sanguinante alle braccia, e minacciare il suicidio. Per la seconda volta. È la tragica storia di Ciro D’Angelo, 48 anni, titolare della Soemi, azienda che si occupava di asfalture e che gli fruttava 500 mila euro l’anno.Fin quando due ditte, una d’Oltrenza e una parmigiana, non hanno pagato fatture per 260 mila euro, facendolo precipitare sul lastrico. Impossibile pagare il mutuo e i 2.500 euro di mantenimento a figlia ed ex-moglie. Impossibile pure avere un tetto sulla propria testa, così è finito al Centro Santi, una struttura per pazzi, anche se pazzo non è ma potrebbe diventarlo a forza di sbattere contro i muri della giustizia italiana, in attesa che gli venga riconosciuto quanto gli spetta. Sul tetto c’è stato sette ore, salito alle 9 di mattina con le braccia tagliuzzate e sanguinanti per attirare ancora di più l’attenzione. È stato necessario l’intervento di medici, digos e di un telone per evitare il peggio. Solo alle 16 l’uomo si è deciso a scendere, soprattutto per rispetto verso chi lavora nella struttura che lo ospita. Ha ottenuto la promessa che verrà aperto un tavolo di trattativa per il suo caso, una promessa però troppo simile a quella che aveva ricevuto un mese prima, ancora una volta dall’alto di un tetto. In quell’occasione, le due ditte debitrici, avevano offerto quattordici mila euro, una cifra che aveva fatto infuriare D’Angelo. All’imprenditore e al suo avvocato non è rimasto allora che citare in giudizio le due ditte debitrici, le quali sostengono di aver saldato il conto con dei bonifici che però non corrispondono alle fatture. A D’Angelo allora non rimane che attirare l’attenzione coi gesti più estremi, in attesa che la giustizia italiana, coi suoi tempi, faccia il giusto corso.
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