A vele spiegate verso la Grecia, verso l’estorsione sistematica di proprietà pubblica e privata
di Rodolfo Ricci
L’approvazione della riforma costituzionale relativa all’Art. 81, passata con una maggioranza superiore ai due terzi , il che rende impossibile il ricorso al referendum confermativo, cioè il pronunciamento popolare sulla misura più invasiva sulla vita concreta di 60 milioni di italiani che si registri dalla nascita della nostra Repubblica, ci dice che, a meno di eventi miracolosi, siamo giunti alla fine della forma repubblicana fondata sulla democrazia rappresentativa e sull’autonomia e sovranità dello Stato.
L’approvazione della riforma costituzionale relativa all’Art. 81, passata con una maggioranza superiore ai due terzi , il che rende impossibile il ricorso al referendum confermativo, cioè il pronunciamento popolare sulla misura più invasiva sulla vita concreta di 60 milioni di italiani che si registri dalla nascita della nostra Repubblica, ci dice che, a meno di eventi miracolosi, siamo giunti alla fine della forma repubblicana fondata sulla democrazia rappresentativa e sull’autonomia e sovranità dello Stato.
Sintetizzando in parole povere l’effetto di questa modifica costituzionale, si può dire che essa rende inattuabili, inesigibili e praticamente scaduti, gran parte degli articoli fondanti della carta costituzionale, a partire dall’Art. 1, 2, 3, 4, 5, 9 e tutti i successivi nei quali viene espressa la titolarità e l’obbligo di intervento della Repubblica a sostegno e a salvaguardia di diritti che implichino, per la loro natura, l’erogazione di risorse finanziarie pubbliche. L’effettivo adempimento dei contenuti di questi articoli è ora vincolato alle compatibilità derivanti dall’equilibrio –pareggio - di bilancio. Essi saranno dunque attuati solo nella misura in cui saranno finanziabili, ma non a deficit, secondo il principio che non ci si può indebitare per renderli fruibili. In realtà, vuol dire che essi potranno essere finanziati solo e se i mercati saranno d’accordo, cioè se saranno compatibili con i loro obiettivi di valorizzazione.
Lo Stato da ora in poi investirà quindi solo i suoi avanzi di gestione, che tuttavia, dovranno andare in primis a ridurre il debito attuale. Solo eventuali ed improbabili briciole riguarderanno il finanziamento dei diritti costituzionali.
Fine di ogni qualità progettuale della funzione pubblica fondata sulla corretta gestione della sua sovranità monetaria, la quale viene abolita per legge, così che da evitare ogni eventuale rigurgito neokeynesiano; lo Stato si trasforma in mero amministratore seguendo i principi contabili del neoliberismo, per il quale, ciò che è eterno e fisso, come la terra al centro del sistema copernicano, è solo la salvaguardia dell’interesse composto; tutto il resto è una mera variabile e gira attorno ad esso.
E’ evidente a chiunque abbia un minimo di conoscenza storica dei processi economici, che si tratta di un colpo di stato controriformistico, rispetto all’evidenza strumentale della moneta inaugurata dalla scoperta di Keynes (ma prima di lui del santo pasoliniano dagli occhi azzurri di Treviri) e sancito dallo sviluppo economico del dopoguerra, ivi incluso il miracolo economico italiano, un dato empirico che non può essere messo in discussione e che dà conto dell’ignoranza abissale e sciatta in cui versa la classe dirigente del paese, a partire dal mondo accademico, in cui è stata effettuata una trentennale opera di sostituzione netta dei keynesiani con i monetaristi, secondo quanto ispirato dalle centrali mondiali del neoliberismo, per arrivare alle segreterie dei partiti e alla quasi totalità della rappresentanza parlamentare.
Su quest’ultima è bene soffermarci un attimo: i parlamentari che hanno votato sì per ben due volte alla modifica costituzionale, sono quelli usciti dal porcellum, soldatini operosi e subalterni, totalmente acritici e in buona parte interessati al proseguimento della legislatura per raggiungere gli anelati benefits, un complesso di ignoranza e di pavidità, di sottomissione al dettato dei vari capataz contraddistinti da altrettanta sciocca e insipiente dogmatica. Un mare nostrum di poltiglia che è in grado di inalberarsi e di starnazzare solo per qualche presunto interesse lobbistico o territoriale, la cui coscienza sociale e politica appare vicina allo zero.
Stupisce un po’, ma è uno stupore retorico, che anche coloro che sono stati eletti nella Circoscrizione Estero attraverso un sistema che prevedeva l’espressione delle preferenze, abbiano assunto la medesima decisione, salvo protestare, nella totale indifferenza delle segreterie dei rispettivi partiti e dei loro capigruppo (per loro stessa ammissione), rispetto alle loro umili rivendicazioni per gli italiani all’estero, settore che ha subito prima degli altri il più drastico e irrecuperabile ridimensionamento dagli anni ‘70.
Faccio queste considerazioni, non per cattiveria, ma perché, per le mere leggi di probabilità, è del tutto improbabile che, ove i parlamentari avessero assunto un voto fondato sulla loro coscienza e conoscenza, il risultato sarebbe stato quello ottenuto. Ergo, quelli che non erano d’accordo, suppongo una parte non così piccola, sono stati obbligati con varie modalità a votare sì alla modifica. Dunque a rappresentare non la volontà popolare, ma le loro segreterie, le quali a loro volta, come i sondaggi indicano, sono distanti anni luce dalla volontà popolare. Quando si dice l’Antipolitica !
Anche il mondo dei media, salvo rarissime eccezioni appare totalmente embedded e paralizzato, quando non è prezzolato. E’ penoso assistere alla lampante insussistenza e pochezza di giornalisti abituati da oltre un decennio a ripetere a pappagallo solo le litanie sui processi berlusconiani, passando per le guerre umanitarie e a fare da sostegno alla assente dimensione politica del paese. La caduta di share di tutto il palinsesto televisivo dei Talk Show politici conferma la imminente fine della comunicazione di regime e comincia a regnare il più totale disorientamento e spaesamento, ben impersonato dal buon Mannoni che si aggira come un disperso nello studio di Linea Notte, dove la direttrice Berlinguer, per molto tempo in prima fila, latita da diverso tempo: starà facendo un corso di recupero in macroeconomia ?
Il presunto sacerdote tecnico Mario Monti, con tutta la sua schiera di adepti allineati in seconda fila ripete quotidianamente le sue banalità parrocchiali e contraddittorie di cui avrebbero riso a crepapelle intere classi di liceali negli anni ’70 ed ‘80. Adesso si esercita a rimandare alla fine del 2013 (cioè dopo la fine del suo mandato) il risanamento del bilancio e al 2020 il recupero di qualche punto percentuale sul PIL grazie a sciocche misure di liberalizzazione e ai ben più onerosi salassi operati su lavoratori e pensionati, varate dal parlamento avicolo rimesso in carreggiata dai professori, mentre neanche i cosiddetti mercati o il FMI possono rischiare di fare la figura di quelli che ci credono. Infatti prevedono il pareggio al 2017 e intravvedono un pieno decennio di recessione. “Siamo solo agli inizi” ha affermato ieri il bocconiano trilaterale (a proposito, diceva di essersi dimesso dalla Trilaterale invece, al 29 marzo u.s., compare ancora negli elenchi ufficiali), ed è vero, perché dal prossimo anno scattano anche gli obiettivi del contenimento del totale del debito entro il 60% del PIL, come prescrivono gli accordi europei del marzo 2011 sottoscritti da un altro genio, ora pentito, della finanza, tale Tremonti. (Accordi ritenuti ovviamente vincolanti anche da Napolitano e opposizione). Dove saranno rinvenuti i 40 miliardi all’anno necessari per questo obiettivo, che si aggiungono agli 80 da pagare sugli interessi sul debito, e ai 120 miliardi che dovrà versare l’Italia per rimpolpare il Fondo Salva Stati, necessario, secondo BCE & C. a ridurre la speculazione internazionale sui debiti sovrani ?
Si tratta di un ammontare spaventoso, pari al 15% di un PIL in fase calante.
L’apparato di propaganda tiene nascosto tutto questo, ma è bene far sapere agli italiani, per quel che si può e a futura memoria, che adesso la scure oltre ai soliti noti, disoccupati, dipendenti e piccoli imprenditori, arriverà a tagliare necessariamente consistenti settori di classe media, perché c’è da recuperare somme che sono solo nella loro disponibilità: case, terreni, depositi, valori da trasferire al mondo della finanza (pubblica, ma solo di transito, perché alla fine devono arrivare a quella privata).
Sta cioè per partire, anzi è già partito, di soppiatto, il grande attacco alla proprietà privata di intere generazioni, che non servirà all’instaurazione dello stato bolscevico, ma allo Stato Globale della Finanza, assetato di valori fisici reali da sostituire ai suoi derivati inesistenti che non è più possibile piazzare da nessuna parte e di cui tutto il sistema bancario deve disfarsi al più presto per assicurare l’equilibrio sistemico (infatti uno dei problemi capitali è la sfiducia più ampia che regna tra banca e banca). Questo processo è iniziato con la riforma pensionistica per la quale l’immenso ammontare di contributi di chi lavorerà meno di 20 anni (siano essi italiani, emigrati o immigrati), sarà trattenuto dall’INPS e andrà a contribuire al pagamento degli interessi passivi e a sostenere l’equilibrio debitorio nazionale. Ogni attivo è benvenuto. Ciò accade tra l’altro in un contesto che si definisce “contributivo”, rispetto al quale, dovrebbe essere logico che ad ogni contributo versato, debba corrispondere un commisurato servizio pensionistico. E qui ci sono tutti gli elementi per ricorrere alla Corte dei Diritti dell’Uomo, tanto è grande e ingiustificabile la rapina ai danni dei lavoratori.
Ma l’operazione San Gennaro continuerà con l’attacco alle proprietà; un esempio: l’IMU, con la tariffa “da seconda casa”, dovranno pagarla anche gli anziani residenti in strutture di cura e di soggiorno assistito. Vuol dire che per pagarla, viste le altissime rette che gli anziani non autosufficienti già pagano nelle case di accoglienza, dovranno semplicemente svendere le proprie abitazioni, nella quali magari vivono figli o nipoti.
Altrettanto dicasi per le seconde case in generale, costruite nella fase di crescita fino a 30 anni fa. In mancanza di opportunità decenti di lavoro e in una disoccupazione generale e crescente, le famiglie saranno costrette a vendere per non risultare inadempienti rispetto al fisco.
Mentre i suicidi si susseguono ininterrottamente (350 lavoratori e 350 piccoli imprenditori in meno di un anno), mentre i risparmi delle famiglie si sono dimezzati per garantire la loro sussistenza, solo negli ultimi 6 mesi del 2011, a fine 2012 si prevede un calo dei prezzi degli immobili tra il 20 e il 50% rispetto agli attuali. Siamo cioè alla vigilia di una svendita colossale del patrimonio privato degli italiani che sarà assunto d’un tratto da chi i contanti ce li ha: qualche fortunato grande evasore, o cittadini esteri (tedeschi, inglesi, americani, cinesi, ecc.), o banche e assicurazioni, le quali ultime compreranno per quattro soldi, grazie al megaprestito alle banche operato da quell’eccellente figura di banchiere che è Mario Draghi, al modico tasso dell’1 per cento e ad altre elargizioni che certamente arriveranno nei prossimi mesi.
Il trasferimento della proprietà privata dei cittadini alla grandi concentrazioni di capitale italiano ed estero sarà enorme.
Diceva un italiano a Buenos Aires durante uno dei cacerolazos che riempivano le strade della capitale argentina nelle ultime settimane del Governo De La Rua: “i lladri stanno rubando ‘a proprietà privata, i nostri soldi, i nostri risparmi e quando arrivano a toccare la proprietà privata nun è cosa! “
(Dal Film di Roberto Torelli: “Argentina Arde”, LINK: http://cambiailmondo.files.wordpress.com/2011/12/argentina-arde.jpg?w=750)
Una delle condizioni necessarie perché tutto ciò accada è proprio la modifica costituzionale dell’Art. 81, che praticamente vieta allo Stato italiano di intervenire in modo serio e concreto per ricreare condizioni di sviluppo e quindi di lavoro e di reddito per i cittadini, lasciando il pallino del gioco ai mercati.
Ora, nella più classica delle incongruenze del Bel Paese, passeremo alcuni anni a contraddire la riforma costituzionale appena varata, poiché a causa della recessione e della contrazione del PIL, il nostro deficit si allungherà per oltre un lustro nelle migliori previsioni. Un esempio della menzogna assurta a legge, ma anche della merda teorica in cui si trova questo governo, ben cosciente di elargire falsità e di posticipare ad un altro mondo possibile, gli effetti taumaturgici della propria azione. (Nel frattempo se ne saranno andati con il bottino).
Ma questo non importa; ciò che importa è che il compito affidato al grande ufficiale Mario Monti giunga a buon fine: e il suo compito è quello di estorcere in modo duraturo, sovranità e ricchezza all’Italia.
Cosa fare allora ?
Al popolo italiano, la sentenza. Non ardua, semplicemente conseguente.
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