LA
FALSIFICAZIONE DELLA STORIA
La verità
è una ed una sola, ma infinite sono le interpretazioni
di Filippo Giannini
Data la vastità
dell’argomento trattato, sono in dovere di avvertire che questo
articolo sarà più corposo dei precedenti.
Leggo sul quotidiano
Libero del 5 aprile 2012 un articolo dal titolo: “IL 25
Luglio del Senatur”, dal quale estraggo questo concetto: "Forse
mi lascio prendere la mano (e mi sembra, un po’ più della mano,
ndr) da un confronto storico. Eppure vedo (penso che vede proprio
male, ndr) molte analogie nei tramonti di Mussolini e di Bossi. Il
leader fascista venne travolto da una serie di errori terribili. Il
primo fu di trascinare in guerra un paese impreparato a
quell’avventura disperata e sanguinosa. Il secondo fu di non
valutare sino in fondo la crisi del regime, testimoniata da scandali
e dall’affarismo di troppi ras".
Nel contempo mi
giunse una mail a firma di D.G. (non posso indicare il nome) che, in
linee generali ripropone le stesse accuse. Ecco il testo: "In
effetti, solo durante il ventennio (ma soprattutto negli anni trenta)
fascista si raggiunsero livelli di corruzione paragonabili agli
attuali: gerarchi, federali, podestà avevano imposto un vero e
proprio endemico sistema di mazzette su qualsiasi tipo di fornitura
allo Stato. Per questo i nostri soldati si ritrovarono in Russia con
le scarpe di cartone, la nostra millantata aviazione disponeva di
soli 900 aerei in grado di volare sui 3000 teoricamente disponibili,
i nostri fucili erano i vecchi ’91, ed i nostri carri armati
pesavano 3-5 ton rispetto alle 30 dei carri Russi. Ed il duce in
tutto questo…? O sapeva ed era complice (pur non essendosi
arricchito personalmente: solo per sostenere un sistema corruttivo
che gli garantisse l’assoluta fedeltà degli accoliti ed il
potere)… o non sapeva, ed allora era cretino; esattamente come
Rutelli. Scelga lei – D.G".
Proverò ad essere il
più breve possibile, ma come ho scritto sopra, non sarà facile.
Per iniziare: le
affermazioni del signor D.G. possono essere giustificate in quanto
ubriacato da un sistema che basa la propria sopravvivenza
sulla necessità di non accettare un dialogo serio e sereno fra
l’attuale sistema e il precedente regime. Deduco che il signor
D.G., anche se persona colta non è tenuto ad osservazioni storiche,
invece per quanto riguarda il firmatario dell’articolo su Libero
certe inesattezze non sono accettabili essendo un tecnico della
storia; Giampaolo Pansa non è un nome qualunque. A proposito di
quest’ultimo, desidero ricordare quanto segue: sono un ammiratore
di Benito Mussolini e delle sue opere, però non sono un fanatico e
aperto a qualsiasi ripensamento, MA QUESTO NON DEVE AVVENIRE SU DEI
BLA’ BLA’ E BLA’, BENSI’ SU DOCUMENTAZIONE. Sono anni che
provo a proporre un SERIO dialogo; sono anni che propongo di
presentare in televisione un processo a Benito Mussolini, con tanto
di atti di accusa e di difesa, insomma sulla falsariga di un processo
vero. Niente da fare. Un paio di anni fa telefonai a Gianpaolo Pansa
e, dato che ormai era già ben noto, gli proposi di aiutarmi in
questa iniziativa. Mi rispose con un NO anche piuttosto un pò
duretto.
Ciò premesso, andiamo
avanti, avvertendo che per confutare i due personaggi, mi avvarrò di
testimonianze e di scritti, per quanto possibile, di personalità non
davvero fasciste; come ad esempio citando l’intellettuale Cesare
Musatti che nel 1983 ha scritto: "Diciamo finalmente la verità
VERA (maiuscolo nel testo, nda); in un certo momento il 98% degli
italiani era per Mussolini".
Inizio con una
domanda: allora, quel giorno Mussolini dava libero sfogo al
suo cupido bellandi?
Francesco Saverio
Nitti, nella seduta del 27 luglio 1947, all’Assemblea Costituente
disse: "Ho letto troppo spesso anche nei nostri giornali, e
leggo ancora giudizi, che mi sembrano non solo falsi, ma anche
inabili, che fanno cadere sull’Italia la responsabilità della
guerra mondiale, dicendo che è dovuta al fascismo. Non sono convinto
che noi abbiamo seguito la buona via e nemmeno la vera, quando nella
lotta contro il fascismo abbiamo detto e diciamo, come ora, che la
guerra è una conseguenza del fascismo, e che il fascismo è stato
soltanto fenomeno italiano. Vi sono state cause ben più profonde.
Per nuocere al fascismo, noi abbiamo fatto cosa pessima a danno
dell’Italia. La cosa più semplice per tutti coloro che odiano il
fascismo e per i pochissimi che ne avevano subito le persecuzioni era
di insultare il fascismo e di attribuirgli colpe che non aveva".
Lo storico Rutilio
Sermonti ha scritto (L’Italia nel XX Secolo): "La
risposta poteva essere una sola: perché esse volevano un
generale conflitti europeo, quale unica risorsa per liberarsi
della Germania – formidabile concorrente economico – e,
soprattutto dell’Italia. Questo è necessario comprendere se si
aspira alla realtà storica: soprattutto dell’Italia".
E ancora; Winston
Churchill nel 1925 attestò: "Il genio romano è impersonato da
Mussolini, il più grande legislatore vivente. Egli ha pensato
esclusivamente al bene duraturo del popolo italiano come Egli lo
concepiva, e null’altro al di fuori di quel bene ebbe importanza
per Lui… se fossi italiano sono sicuro che sarei del partito di
Mussolini". Sempre Churchill nel 1947: "Così terminò la
dittatura di Mussolini in Italia, durata ventun anni, durante i quali
aveva portato l’Italia in una posizione in Europa quale mai aveva
raggiunta prima…".
Nella conferenza di
Ginevra (febbraio 1933), alla quale parteciparono sessantadue
nazioni, l’Italia era rappresentata da Dino Grandi e da Italo
Balbo. Venne esposto il progetto mussoliniano tendente all’abolizione
dell’artiglieria pesante, dei carri armati, delle navi da guerra,
dei sottomarini, degli aerei da bombardamento, in altre parole la
messa al bando di tutto ciò che avrebbe potuto portare alla guerra.
E questo era l’uomo che preparava la guerra? In ogni caso la
conferenza si chiuse con un nulla di fatto per le opposizioni di
Francia e Germania.
Intanto Adolf Hitler
prese, democraticamente, il potere nel 1933. Ancora una volta Winston
Churchill notò: "La salita di Hitler al Cancellierato non destò
entusiasmo a Roma. Il nazismo veniva considerato come una cruda e
brutale versione del tema fascista, e le ambizioni di una grande
Germania verso l’Austria erano ben conosciute". Hitler non
perde tempo e tenta immediatamente di annettersi l’Austria. Per la
verità questa operazione, detta appunto Anschluss, era un
desiderio soprattutto austriaco. Mussolini teme di avere le truppe
germaniche al Brennero, allora ecco come ci vengono raccontati i
fatti da due storici. Il primo George Roux, nel 1957, quindi in epoca
non sospetta, ha scritto: "Mussolini manda le sue Divisioni al
Brennero, ma Francia e Gran Bretagna non seguono il suo esempio e
rimangono colpevolmente alla finestra. Stupefatto da tanta
incapacità, Mussolini scrolla le spalle. Non vedendosi seguito,
ritira con dispiacere le sue truppe, maledicendo la cecità delle
grandi Potenze occidentali". L’altro, lo svizzero Paul
Gentizon nel 1949 ha scritto fra l’altro: "Nessun altro si
muove al soccorso della nazione minacciata; e bisogna pur riconoscere
che, nell’atonia e nel cinismo dell’Occidente, il solo difensore
di equilibrio nell’Europa orientale resta Mussolini (….)".
C’è da aggiungere che di fronte alla reazione del Duce, Hitler
ordina il ritiro delle sue Divisioni.
Solo per inciso,
giusto per provare a capire l’”uomo” e l’importanza
che stava assumendo nel mondo, non solo il 98% degli italiani
(vedere Cesare Musatti), ma anche gli stranieri non celavano la loro
ammirazione per l’opera del Duce: Lord Rosebery gli donò la sua
villa a Posillipo, Lady Ogle gli fece omaggio della Villa Vista
Lieta a Sanremo, Enrichetta Wurst gli regalò la splendida Villa
Sciarra a Roma. E l’Adorabile Tiranno (espressione di
Bernhard Shaw) cosa fece? Donò tutto al popolo italiano. E voi
pensate che questi tesori siano goduti dal popolo? No, cari
signori, se li godono i vari presidenti della repubblica italiana.
Si può sostenere che
non passasse giorno che Mussolini non avvertisse che "I Patti
non sono eterni e possono sempre essere rivisti". Chi fu
l’ideatore, il 7 giugno 1933, del Patto a Quattro? Il
documento propositivo riguardava le quattro Potenze europee:
Inghilterra, Francia, Germania e Italia. Il documento, di cui fu
ideatore e protagonista il Duce ebbe successo di siglatura, ma non
trovò rattifica nei parlamenti inglese e francese. Per questo
disconoscimento Mussolini profetizzò: "In mancanza di
riconoscimento del Patto a Quattro, sarà Sua Maestà il
cannone a parlare!".
Il capo del governo
italiano si fece di nuovo promotore di un incontro che si svolse a
Stresa tra l’11 e il 14 aprile 1935. Perché gli Accordi di
Stresa fallirono? Se non il signor D.G. lo dovrebbe saper il
signor Pansa. In ogni caso ce lo spiega Winston Churchill nelle sue
Memorie a pag.163 1° Volume: "(…). In questo episodio
Mussolini vide la prova che la Gran Bretagna non agiva in buona fede
verso i suoi alleati e che fino a quando non venissero attaccati i
suoi particolari interessi navali, essa evidentemente si sarebbe
spinta a qualsiasi accordo con la Germania, incurante del danno che
poteva arrecare alle Potenze amiche minacciate dal crescente potere
delle forze terrestri tedesche". Cosa era accaduto? A soli due
mesi dai solenni accordi di Stresa, la Gran Bretagna,
all’insaputa dei suoi alleati, aveva concesso enormi facilitazioni
per le costruzioni di naviglio da guerra germanico, nonostante che il
Trattato di Versailles lo proibisse chiaramente. Tutto ciò
confermò ancor più che con simili alleati non era possibile alcun
serio accordo e accrebbe in Mussolini la sensazione dell’accresciuto
isolamento internazionale.
Intanto le
provocazioni dei militari etiopici a danno dei nostri presidi
(attacco al nostro consolato di Gondar e ai pozzi di Ual-Ual), dopo
aver richiesto al Negus Hailé Selassié le dovute riparazioni, il
Duce decise di attaccare l’Etiopia. A scanso di equivoci è bene
ricordare quanto scrisse Bruno Barrella su Il Giornale d’Italia
del 18 luglio 1993 rammentando i fatti di Ual-Ual: "Ė l’ultimo
dei una catena di episodi di sangue che avvenivano lungo uno dei
confini più labili dell’epoca". Per risolvere pacificamente
il dissidio creatosi a seguito di quegli incidenti, venne istituita
una commissione arbitrale italo-etiopica, presieduta dallo
specialista greco di diritto internazionale, Nicolaos Politis. La
commissione il 3 settembre 1935 emetteva la sentenza attribuendo le
cause degli scontri agli abissini. A questo punto si verificò
l’assurdo: i due Paesi che detenevano e spadroneggiavano su
territori immensi si ersero a paladini dell’integrità etiopica e
riuscirono a far votare dalla Società delle Nazioni (in
pratica controllata dalla Gran Bretagna), con una maggioranza di 51
Stati su 54, l’applicazione di sanzioni economiche contro l’Italia.
In ogni caso mai il consenso popolare per Mussolini fu più alto; per
rispondere alle inique sanzioni fu indetta la Giornata
della Fede tendente a raccogliere oro per far fronte alle
difficoltà dovute al provvedimento della Società delle Nazioni.
Tutta l’Italia fu percorsa da un’ondata di entusiasmo. Gli stessi
antifascisti si allinearono alla politica mussoliniana. Benedetto
Croce, Luigi Albertini, Vittorio Emanuele Orlando, Arturo Labriola e
tanti e tanti altri donarono oro. Gli stessi comunisti firmarono
l’appello Ai Fratelli in Camicia Nera, in testa a tutti
Palmiro Togliatti, Giuseppe Di Vittorio e tanti altri. Non voglio
dimenticare, per quel che seguirà di lì a pochi anni dopo l’elogio
della Chiesa Cattolica, tanto che il Cardinale Idelfonso Schuster
così scrisse: "Cooperiamo con Dio in questa missione nazionale
e cattolica in bene, in questo momento in cui sui campi d’Etiopia
il vessillo d’Italia reca in trionfo la Croce di Cristo, spezza la
catena degli schiavi, spiana la strada ai missionari del Vangelo".
Ma l’Inghilterra masticava amaro, il perché, brevemente, lo spiega
Renzo De Felice (Intervista sul Fascismo, pag. 52): "Non
si tratta di imperialismo di tipo inglese o francese: è un
imperialismo, un colonialismo che tende all’emigrazione, che spera
cioè che grandi masse di italiani possano trapiantarsi in quelle
terre per lavorare. Insomma non si parte tanto dall’idea di
sfruttare le colonie, quanto soprattutto dalla speranza di potervi
trovare terra e lavoro". Era proprio quello che gli
anglo-francesi non gradivano; tutto ciò poteva mettere in
discussione il loro modo di intendere l’imperialismo. Non sono
lontano dalla verità se asserisco che ciò fu una delle cause –
ripeto una delle cause – per cui fummo costretti alla guerra. E la
guerra arricchisce ancor più chi lo è: i cannoni costano e
arricchiscono.
Fu sempre Mussolini a
tracciare le linee essenziali in una intervista rilasciata al Daily
Mail: "Un Gentlemen’s agreement ecco quello che io
ho in mente. (…). Gli interessi anglo-italiani nel Mediterraneo non
sono antagonisti, ma complementari". L’invito di Mussolini fu
accolto dal governo inglese e il Gentleman’s agreement fu
stipulato il 2 gennaio 1937. Immediatamente dopo la stipula, alcuni
circoli conservatori inglesi, stranamente concordando con quelli
laburisti, concorsero a creare un clima di sferzante polemica. Gli
inglesi vedevano nelle iniziative di Mussolini un pericolo per i loro
interessi di egemonia mondiale (oggi lo stesso pericolo lo vedono gli
Usa) e preoccupazioni per la tranquilla esistenza del loro impero.
Scrive la studiosa Anne L. Murphy che un gruppo di persone controlla
l’economia tramite il controllo della politica. La sede del mercato
finanziario e del potere politico era (ed è) Londra, in cui si
trovava Exchange Alley, il luogo principale di incontro. Le
informazioni circolavano in modo formale e informale, e già
all’epoca c’erano persone che seminavano confusione, paura o
rendevano incomprensibile la situazione della Borsa. La Borsa, ieri
come oggi, rappresenta un luogo di truffa e inganno, che ha come
obiettivo l’usurpazione del denaro e il controllo dell’economia.
Di conseguenza si può solo immaginare quanta preoccupazione subentrò
nelle sfere capitalistiche per le notizie della legge bancaria
attuata da Mussolini nel 1936, ma anche quelle riguardanti la
Germania di Hitler che mise in atto misure restrittive e di rigido
controllo dello Stato sulle banche.
Ancora una volta
Mussolini al Senato ammonì: "Complicazioni gravi saranno
evitate se, rivedendo i Trattati di Pace, dove meritano di
essere rivisti, si darà nuovo respiro alla pace. Questa è l’ipotesi
che io accarezzo e alla quale è ispirata la politica del Governo
fascista e del popolo italiano".
Passiamo alla
Conferenza di Monaco, 30 settembre 1938. Solo per il momento
la pace fu salva e per opera di Benito Mussolini cosa ampiamente
riconosciuta, come, ad esempio, dal Ministro degli Esteri francese
George Bonnet che notò il grande ascendente che il Duce esercitava
su Hitler: "Presso il quale sembra svolgere un compito
moderatore, proponendo formule conciliative nei momenti in cui il
Cancelliere (Hitler) cedendo ad uno dei suoi momenti di collera
rimetteva tutto in discussione". O il parere di Alan Bullock
(Hitler. A study in Tiranny, pag. 428): "Ė quasi certo
che fu l’intervento di Mussolini a pesare sulla bilancia".
Quanti sparasentenze
conoscono o parlano del Vallo Alpino del Littorio? Pur
riconoscendo la giustezza di moltissime rivendicazioni della
Germania, Mussolini diffidava di Hitler, diffidava dei mezzi con i
quali voleva far valere le sue ragioni. Il Duce operava per
discuterne intorno ad un tavolo, ma gli fu impedito. Difficilmente mi
si può togliere l’idea che i Paesi capitalisti non operassero che
per la guerra, per abbattere le idee che partivano da Roma, idee che
avrebbero dovuto condurre ad un socialismo fattibile,
comunemente ricordato come Rinascimento del Lavoro. Ma questo
avrebbe condotto alla fine del potere capitalista.
L’assurdità (se poi
non fu calcolo per giungere ad una nuova guerra), fra le tante
concepite nel Trattato di Pace di Versailles fu il così detto
Corridoio di Danzica. Per motivi di spazio non posso indicare
con quale perfidia Francia, Gran Bretagna e Usa sacrificarono la
Polonia per giungere alla guerra, ignorando, checché si dica (ci
sono i documenti), le inusuali offerte di conciliazione che Hitler
avanzò verso la Polonia per trovare uno sbocco sull’affare del
corridoio. La Polonia, forte delle assicurazioni dei tre Paesi
sopra indicati, rigettò ogni proposta di conciliazione. Ecco cosa si
legge nel volume Lo Stalinista Roosevelt, di George N.
Crocker, a pag. 5: "Poiché ci troviamo su dimensioni fuori del
comune diremo che nessun popolo fu ingannato, così preso in giro e
beffato, come il popolo americano dal presidente Roosevelt e dalla
sua corte. (…). La dittatura di Roosevelt si circonfuse di
un’odiosa e stucchevole aureola di democratica santità, che una
stampa intimidita e servile, quando non complice, si incaricò
instancabilmente di lustrare".
Quanto scritto da
George Crocker trova conferma in un documento in mio possesso, già
presentato in un mio libro, ora esaurito, documento che ripresenterò,
con altri, in una nuova edizione. In questa sede cercherò
brevemente di estrapolare una parte interessante. Sono due documenti,
ma mi riferirò ad uno e si tratta di una relazione inviata
dall’ambasciatore polacco a Washington, conte Jerry Potocki, il
quale aveva avuto un colloquio con l’ambasciatore statunitense
William Bullit. E la relazione venne inviata al Ministro degli Affari
Esteri a Varsavia. I testi sono in francese e confermano quanto poco
sopra riportato circa l’inganno messo in atto dalle tre potenze
democratiche a danno della Polonia, la quale non fu altro che
un’esca per costringerla alla guerra contro la Germania.
L’ambasciatore Potocki fra l’altro scrive: "Quando gli
domandai (a Bullit) se gli Stati Uniti prenderanno parte alla guerra,
egli rispose: “senza alcun dubbio, ma solo dopo che
l’Inghilterra e la Francia l’avranno fatto per prime”. Gli
animi negli Stati Uniti, continuò “sono così montati contro il
nazismo e l’hitlerismo che, sin da ora regna fra gli americani una
psicosi analoga a quella che si aveva nel 1917”".
Attenzione alla data: 16 gennaio 1939. Inoltre è da osservare che
circa lo “spirito americano per la guerra” è un falso
grossolano, infatti l’Agenzia Gallup riportò che a seguito
di un sondaggio, gli americani erano per la stragrande maggioranza
contrari ad ogni idea di guerra. Questo è tanto vero che Roosevelt
per essere rieletto fu costretto a mentire di nuovo, mentre preparava
la guerra, dai microfoni dell’Arena di Boston così garantì:
"Parlo a voi, madri e padri, per rassicurarvi su un’altra
cosa. L’ho già detto in verità, ma lo ripeto ancora e ancora: i
vostri figli non saranno mandati a combattere una guerra straniera".
Per motivi di spazio
mi è impossibile elencare le provocazioni messe in atto da Gran
Bretagna, Francia e, soprattutto dagli Stati Uniti contro il
Tripartito (Italia, Germania e Giappone). Per quanto riguarda
l’Italia riporto una parte di uno scritto di Ricciardetto (Augusto
Guerriero) quando ancora era fascista: "(…). Quando l’Asse
(Italia e Germania) non raccolse la sfida, il Presidente (Roosevelt)
passò alle provocazioni: sequestro dei piroscafi dell’Asse (30
marzo); protezione americana della Groelandia (10 aprile),
congelamento dei crediti (15 giugno); truppe in Islanda (7 luglio).
In settembre annunciò che la flotta americana avrebbe protetto i
convogli diretti in Gran Bretagna. Il gioco era chiaro: non riuscendo
a trascinare il suo popolo alla guerra, Roosevelt voleva farsela
dichiarare. L’Asse non assecondò la manovra nonostante tutte le
provocazioni non gli dichiarò guerra. Allora la Marina americana
creò una serie di incidenti (…)".
Il fascista, poi –
sì, solo POI, sfascista – Augusto Guerriero, detto Ricciardetto,
ha accennato ai “sequestri dell’Asse e, fra le tante
provocazioni per spingerci alla guerra questa manovra è stata la più
grave. Il signor D.G. può anche non saperne nulla, tale è il
silenzio dei media su questo criminale argomento, mentre è
certo che il signor Pansa ne deve essere a conoscenza. E vediamo di
che si tratta. Intanto è da tener presente che anche se la Germania
(insieme all’Urss di Stalin) aveva attaccato e distrutto la Polonia
senza che le Potenze democratiche avessero mosso un dito,
nonostante gli impegni assicurati, l’Italia aveva proclamato la
propria non belligeranza, ciò nonostante – e riporto quanto
attesta l’Ufficio Storico della Marina Militare ne: la Marina e
gli Armistizi, a pag. 346: "Dal 1° settembre 1939 al 25
maggio 1940, inglesi e francesi procedettero al fermo e al
dirottamento di 1347 mercantili e navi di linea italiane, con la
perdita di mille miliardi di lire di oggi". Ogni fermo o
dirottamento avvenuto in acque internazionali, corrispondeva ad un
atto di guerra. Mussolini non reagisce, anzi alle 18,42 del 26 agosto
(Hitler e Stalin non avevano ancora invaso la Polonia), compì un
ulteriore tentativo per dissuadere Hitler dall’iniziare la guerra
inviandogli un nuovo messaggio nel quale, fra l’altro attestò:
"(…). Nell’interesse dei nostri due popoli e dei nostri due
regimi, sull’opportunità di venire a una soluzione di carattere
politico che io ritengo ancora possibile: soluzione, naturalmente
tale da dare alla Germania piena soddisfazione, morale e materiale".
Non solo, il 27 dello stesso mese convocò l’ambasciatore von
Mackensen che, come riferì in seguito: "(Mussolini) con parole
convincenti riteneva possibile raggiungere tutti i nostri obiettivi
senza ricorrere alla guerra". Ė illuminante riportare questo
ammonimento di Mussolini a Hitler: "Anche se assistita
dall’Italia, la Germania non avrebbe mai potuto mettere in
ginocchio l’Inghilterra e la Francia e neanche dividerle. Gli Stati
Uniti non avrebbero permesso la disfatta totale delle democrazie (…).
(Ė opportuno) rischiare tutto, compreso il suo regime e sacrificare
il fiore delle generazioni tedesche per cercare di sconfiggere quelle
nazioni?". Il 30 agosto (quindi a poche ore dall’inizio del
conflitto), alle 17, Attolico comunicò a Ribbentrop che era "vivo
desiderio del Duce che il Führer ricevesse l’ambasciatore polacco
Lipski, così da stabilire almeno i minimi contatti necessari per
evitare la rottura definitiva". E questo era l’uomo che ambiva
la guerra? E vediamo l’altro versante, quello degli Angeli del
Bene. Mentre da oltreoceano il presidente americano faceva
giungere al governo polacco l’incitamento a non cedere, alle 20,20
del 31 agosto l’ufficio telefonico informò il Governo italiano che
Londra aveva tagliato le comunicazioni con l’Italia. Ma non è
finita, come si diceva una volta, il bello viene adesso.
Torniamo ai 1347 bastimenti fermati in acque internazionali o
sequestrati (per la precisione si trattava di 1347 casi di fermo o
di sequestro), ed ecco come l’ambasciatore Pietro Gerbore
presenta questi atti di pirateria commessi dagli Angeli del Bene:
"Di rado nella storia della diplomazia, una decisione come
quella del 10 giugno 1940 è illuminata da un retroterra altrettanto
minuzioso e coerente. Non è sconosciuto, i pochi intenditori lo
chiamano dal nome del suo autore: Il Rapporto Pietromarchi".
Alcuni anni fa mi misi alla ricerca di questo documento, che
per la verità sono due, e li rintracciai nell’Archivio del
Ministero degli Esteri di Roma, e li presentai nel mio libro, quello
ormai introvabile, ma che ripresenterò con nuova documentazione. Il
diplomatico Luca Pietromarchi compilò questi documenti: uno in data
11 maggio 1940 e l’altro l’8 giugno di quello stesso anno. I
documenti riportano puntigliosamente i casi della località del
fermo, del nome della nave, in quale porto di giurisdizione degli
Angeli del Bene fu obbligata a recarsi, i giorni del fermo,
quante volte l’equipaggio fu costretto a svuotare il carico e dopo
quanti giorni poterono rientrare in Patria. Solo per curiosità
vorrei sapere cosa ne pensa Giampaolo Pansa.
Vedo che debbo
concludere, anche se ho esposto solo una minima parte delle ragioni
per comprendere a pieno CHI volle la guerra.
L’Italia poteva
rimanere neutrale? I primi mesi del 1940 l’Europa era quasi
completamente occupata dalle potentissime forze germaniche, le quali
si affacciavano al Brennero. Quindi l’Italia si trovava in questa
situazione: la Germania alleata dell’Urss, l’invasione della
Norvegia, della Danimarca, dell’Olanda, del Belgio e del
Lussemburgo, Paesi che avevano ripetutamente proclamata la propria
neutralità. Il presidente americano che, anche se subdolamente,
dichiarava che mai l’America sarebbe entrata in guerra. Ancora, da
non dimenticare che il popolo tedesco non aveva perdonato il
voltafaccia dell’Italia nel maggio 1915. E, poi, come
ricordato nel Promemoria 328: "(…). Credere che
l’Italia possa rimanere estranea fino alla fine è assurdo e
impossibile. L’Italia non è accantonata in un angolo dell’Europa
come la Spagna, non è lontana dai teatri d’operazione come il
Giappone o gli Stati Uniti. Anche se l’Italia cambiasse
atteggiamento e passasse armi e bagagli ai franco-inglesi, essa non
eviterebbe la guerra con la Germania. Guerra che l’Italia dovrebbe
sostenere da sola (…)".
Allora l’Italia
poteva rimanere neutrale? Ecco l’opinione di Lucio Villari,
certamente uno studioso non-fascista, che su Venerdì del
numero di giugno 1991 ha scritto: "Allo stato delle cose, la
guerra era dunque inevitabile, anche se è più comodo pensare che
non fosse tale e che al nostro Paese avrebbe potuto essere
risparmiato un destino così tragico. Infatti dal punto di vista
storico, oggi, a distanza di cinquat’anni, non abbiamo alcun
appiglio politico o diplomatico per dire che Mussolini avrebbe potuto
lasciare fuori l’Italia dal conflitto europeo". Oppure secondo
il dialogo fra Myron Taylor, l’inviato da Roosevelt e Monsignor
Tardini, dialogo che terminò con queste parole: "Si sa bene che
Mussolini ha dovuto entrare in guerra perché altrimenti l’Italia
avrebbe subito la sorte dell’Austria". Ancora Mussolini
nell’intervista, di cui proporrò qui di seguito uno stralcio: "Ho
una documentazione che la storia dovrà compulsare per decidere.
Voglio solo dire che, a fine maggio del 1940, se critiche venivano
fate, erano per gridare allo scandalo di una neutralità definita
ridicola, impolitica, sorprendente. La Germania aveva vinto. Noi non
solo non avremmo avuto alcun compenso, ma saremmo stati certamente,
in un periodo di tempo più o meno lontano, invasi e schiacciati.
“Cosa fa Mussolini? Quello si è rammollito. Un’occasione così
non si sarebbe mai più presentata”. Così dicevano tutti (e
posso testimoniare che così era, ndr) e specialmente coloro che
adesso gridano che si doveva rimanere neutrali e che solo la mia
megalomania e la mia libidine di potere e la mia debolezza nei
confronti di Hitler aveva portato alla guerra (…)".
Non posso terminare
questo lavoro senza citare di nuovo il più noto studioso del
fascismo, Renzo De Felice. Questo è un sunto tratto da una
intervista concessa a La Stampa il 4 settembre 1989:
"Mussolini (…). Avrebbe voluto essere l’altro uomo
dell’Asse, il leader degli europei che non volevano finire sotto
l’egemonia di Hitler. Quello che gli aveva tenuto testa (…). Ma
si è riflettuto abbastanza su quell’attacco alla Francia? Quand’è
che lo mise in atto? Quando i tedeschi da Besançon cominciarono a
puntare verso il Mediterraneo". Allora è bene rammentare
l’ammonimento del Duce: "Hitler non deve vincere troppo e,
soprattutto non deve vincere da solo".
Concludo, anche se a
malincuore, dati gli argomenti che potrei presentare, con una frase
tratta dall’intervista rilasciata da Mussolini al giornalista G.G.
Cabella del Popolo di Alessandria, intervista concessa ad una
settimana dal suo assassinio, disse, indicando due grosse borse di
cuoio: "Ho qui delle tali prove di aver cercato con tutte le mie
forze di impedire la guerra che mi permettono di essere perfettamente
tranquillo e sereno sul giudizio dei posteri e sulle conclusioni
della Storia. Non so se Churchill è, come me, tranquillo e sereno!
Ricordatevi bene: abbiamo spaventato il mondo dei grandi affaristi e
dei grandi speculatori. Essi non hanno voluto che ci fosse data la
possibilità di vivere.".
Purtroppo un gruppo
di squallidi traditori sottrasse quelle borse che poi, come riportato
dal quotidiano l’Unità, furono consegnate all’Intelligence
britannica.
Non posso terminare
senza tornare su quanto ha scritto il signor D.G., e precisamente:
"In effetti solo durante il ventennio (ma soprattutto negli anni
trenta [incredibile il grado di non conoscenza della storia, nda])
fascista si raggiunsero livelli di corruzione paragonabili agli
attuali (…)". Non prendo neanche in considerazione, tanto è
banale, che "i nostri soldati si ritrovarono in Russia con le
scarpe di cartone". Premetto che ci vuole del coraggio a
scrivere certe cose nel clima di generale corruzione e furfanteria
nel quale da settant’anni ci hanno obbligato a vivere, clima di
biricchinate che si moltiplica in forma geometrica di giorno
in giorno. Ma torniamo al periodo del male assoluto. Per
scrivere su questo argomento avrei bisogno di un volume, ma citerò
solo alcuni fatti che possono essere esplicativi. Quando a Mussolini
fu affidata la direzione de l’Avanti, la prima cosa che fece
fu di dimezzarsi lo stipendio. Deputati e Senatori, ovviamente
all’epoca in questione, non percepivano stipendi, ma un semplice
gettone di presenza, perché per il fascista il sedersi in
quegli scranni era un dovere al servizio del cittadino (esattamente
come nel periodo post-fascista). Ė noto che Benito Mussolini viveva
con i proventi dei suoi scritti e rifiutò sempre qualsiasi
appannaggio – anche nella Rsi – per la disperazione di Donna
Rachele. Quando Storace, avendo venduto il suo appartamento chiese al
Duce l’autorizzazione di volersi comprare una villa (il gerarca,
oltre tutto, aveva sposato una donna abbastanza ricca) gli fu vietato
perché un gerarca doveva dare esempio di sobrietà, esattamente come
ha fatto Gianfranco Fini con l’appartamento a Montecarlo, vero
signor D.G.? Quando su ordine del’ Allied Military Government
Territories (AMGOT) gli Alleati vincitori imposero al governo
italiano di procedere all’epurazione dei fascisti, fu istituita un
Commissariato per le sanzioni contro il Fascismo, e secondo
quanto ha scritto il giornalista Lamberto Mercuri: "(…). Un
milione e mezzo di impiegati dello Stato erano sotto giudizio
d’epurazione, il che equivale a dire che la stragrande maggioranza
dei pubblici dipendenti, quasi tutti iscritti al Partito Nazionale
Fascista (…). Il che sarebbe stato appunto come sospendere l’intero
Stato italiano (…). Si giunse ad un totale di 34.842 casi".
Anche questa cifra, per quanto di mia conoscenza si ridusse, si
ridusse ad indagare su 5005 gerarchi o alti funzionari fascisti. C’è
da tener presente che fra questi possiamo leggere i nomi di Aldo
Moro, Amintore Fanfani, Giovanni Spadolini e tanti e tanti altri
illuminati sulla via di Damasco. Ebbene dopo un anno di lavoro
non trovarono nulla di illecito. Alt! Fu trovata una cassetta
intestata a Italo Balbo, depositata in una banca. A questa scoperta
insorsero i giornali sfascisti i quali a tutta pagina
anticiparono la notizia con grandi titoli: "TROVATO IL TESORO DI
ITALO BALBO". Grande fu lo scorno quando, con grande pompa si
andò ad aprire e, invece del tesoro fu trovatala Sciarpa
Littoria, una ambita onoreficenza del Regime. Nel 1947, non
avendo trovato nulla di penalmente accettabile, il Commissariato
dovette chiudere bottega.
C’è un'altra
annotazione, ovviamente molto poco nota (ma ripeto di nuovo, dovrebbe
essere conosciuta da Giampaolo Pansa) nonostante cinque anni di
durissima guerra, nonostante i bombardamenti terroristici degli
Angeli del Bene, nonostante i sabotaggi degli eroici
partigiani, nonostante la rottura di scatole dei tedeschi,
"la Repubblica Sociale Italiana fece trovare agli Alleati
invasori dell’Italia, un non immaginabile bilancio statale attivo
per 20.9 miliardi di lire. Attivo mai più raggiunto in positività
nella storia di alcuno Stato europeo, mentre la RSI, grazie alla
rettitudine imposta nella guerra devastante, lasciò rara floridezza
nei depositi bancari, ed efficienza insuperata nella gestione della
cosa pubblica" Antonio Pantano, Ezra Pound, pag. 11.
Cose dell’altro
mondo, vero? Anzi, di un’altra galassia; eppure è stato
così. E da qui si spiegano tante cose. E chi vuol capire, capisca!!!
Ė vero, detesto
questa forma di democrazia, mentre invece indico, se vogliamo
superare ogni crisi o problema, la Democrazia del Lavoro o,
come vogliamo chiamarla Democrazia Organica, cioè per essere
più chiari, quella indicata da Benito Mussolini, perché è ancora
oggi (anzi, ancor più oggi), attuale e fattibile.
I vari Giampaolo
Pansa possono scrivere la storia secondo quanto ammonito da Voltaire:
"L’onnipotenza di Dio, una volta terminati gli eventi, non
è in grado di modificarli successivamente, mentre invece possono
farlo gli storici mutando la narrazione degli avvenimenti
effettivamente accaduti".
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