5 aprile 2012 - 10.11
Dissanguati e radioattivi
articolo di Maria Ferdinanda Piva per Byoblu.com
L’altro giorno ha fatto il giro del web la notizia che 100 medici e scienziati hanno scritto una lettera a Monti chiedendogli di “riconsiderare il nucleare”. Come se gli italiani non avessero già detto “No, grazie” per due volte, con i referendum dell'anno scorso e dell'87.
A parte che la lettera di cui tutti parlano è irreperibile on line (non è pubblicata sul sito dell'associazione “Galileo 2001” da cui è partita e non sono stati resi pubblici i nomi dei firmatari: si vergognano?), la notizia è interessante perché ancora una volta dimostra come stanno cercando di attaccarsi alla nostra bolletta per ciucciare quanto più possibile. Impresa che col nucleare – particolarmente caro – riuscirebbe particolarmente bene, mentre con le rinnovabili non riesce affatto. Non a caso ora le innovabili sono sotto attacco.
C'è crisi e in giro c'è un'aria pesante. La reazione più comune – e più saggia – è ridurre le spese e comprare il meno possibile. Però l'energia elettrica è una delle pochissime cose di cui è davvero difficile fare a meno. Se vendere auto, case e perfino carne, latte e uova non è più un affare, è “normale” che i desideri di profitto si dirigano verso i contatori domestici. E non solo il profitto: più il costo dell'energia è alto, più i soldi escono dalle nostre tasche e, come si suol dire, girano.
Il nucleare richiesto dalla lettera spedita a Monti dai medici e dagli scienziati, da questo punto di vista, sarebbe l'ideale: poco più di due anni fa Citigroup, che non è un covo di attivisti alternativi bensì la più grande azienda di servizi finanziari al mondo, stimò che in Gran Bretagna col ritorno al nucleare il prezzo dell'energia elettrica sarebbe aumentato, nella più rosea delle ipotesi, di 5 euro per megawatt, passando da 65 ad almeno 70 euro. Il ragionamento di Citigroup che porta a dedurre un aumento dell'8% almeno è attualissimo: nulla fa pensare che nel frattempo il costo di una centrale nucleare sia diminuito, anzi! Qui la sintesi in italiano del rapporto di Citigroup, arrivato proprio mentre il governo Berlusconi prometteva che, tornando al nucleare, l'elettricità avrebbe avuto il prezzo delle patate.
Le rinnovabili invece, oltre a non inquinare (e scusate se è poco), fanno diminuire davvero il prezzo dell'energia elettrica. I politici affermano l'esatto contrario: meno rinnovabili per ridurre le bollette, ha proclamato il ministro Passera. Ma il fotovoltaico, da solo, ha fatto scendere del 10% il costo dell'elettricità nella sua fascia più cara (quella del picco di consumo diurno) e le fonti rinnovabili, nel loro insieme, l'anno scorso hanno consentito un risparmio sul prezzo dell'elettricità all'ingrosso pari a 396 milioni di euro. E’ “clamorosamente sbagliato” il calcolo governativo secondo il quale le rinnovabili producono un onere pari a 150 miliardi di euro: sono centocinquanta miliardi di balle! Parola di Repubblica, un giornale che non si può certo definire nemico di Monti.
A riprova di tutto ciò, l'Enel si lamenta che “lo sviluppo delle fonti di energia rinnovabili e il conseguente aumento della pressione competitiva (…) sta rendendo difficile la copertura dei costi di produzione degli impianti convenzionali”. Ecco: per succhiarci sangue in tempi di crisi non restano che le bollette. E adesso è chiaro perché cominciano a parlare di azionare lo sciacquone sui risultati di due referendum antinucleari e perché vogliono mortificare le rinnovabili.
Maria Ferdinanda Piva
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