http://www.imgpress.it/notizia.asp?idnotizia=65969&idsezione=2
(21/01/2012) - In
occasione della manifestazione organizzata da Giuliano Ferrara al
Teatro Manzoni di Milano il 12 novembre 2011, trovandomi a tu per tu con
un noto giornalista corrispondente de La7, purtroppo non ricordo il
nome, gli suggerivo di scrivere nel suo probabile servizio giornalistico
che l’Unione Europea ormai assomiglia alla bieca Unione Sovietica. E
proprio in queste settimane la mia convinzione si è rafforzata,
soprattutto dopo aver letto un brillante fondo di Antonio Socci del 15
gennaio scorso sul quotidiano Libero che mi sembra molto utile
presentare ampi stralci ai miei lettori. Gli italiani, secondo Socci, da
sempre fortemente europeisti, ora dopo la guerra finanziaria nei
confronti dell’Italia, hanno perso la fiducia nell’Europa. “Hanno
accettato di fare sacrifici per entrare nella moneta unica, hanno
accettato perfino di farsi spennare da un cambio lira/euro estremamente
penalizzante e poi hanno subito – senza fiatare – il sostanziale
raddoppio di tutti i prezzi con l’inizio dell’euro (un impoverimento di
massa). La loro fiducia è crollata solo davanti alla scoperta che la
sospirata “moneta unica” – che tanto ci era costata – realizzata in quel
modo (senza una banca centrale e un governo come referenti ultimi) era
una trovata assurda e fallimentare di tecnocrazie incompetenti e
arroganti. Grazie a questo incredibile esperimento, l’Italia – un Paese
solvibilissimo e che ha la sesta economia del pianeta – sta ora
rischiando il fallimento (del tutto ingiustificato visti i suoi
fondamentali)”. (Antonio Socci, L’Europa ha rifiutato le “radici
cristiane” e ora è sotto la dittatura simil-sovietica del
“politicallycorrect”, dominata da una tecnocrazia antidemocratica e
(economicamente) fallimentare, 15.1.12 Libero). E’ una deriva
totalitaria dell’UE prevista venti anni fa da una voce profetica, un
eroico dissidente russo, Vladimir Bukovsky, che sotto l’Urss era stato
rinchiuso in un manicomio politico e nel gulag, per anni torturato, poi
liberato nel 1976. Bukovsky, in una conferenza nell’ottobre del 2000,
riportata di recente su “Italia oggi”, aveva fatto affermazioni che
allora sembrarono esagerate, ma che – alla luce degli ultimi eventi –
rischiano di essere semplicemente profetiche. Socci non si riferisce al
commissariamento dell’Italia e della Grecia e al tentato
commissariamento (in corso) dell’Ungheria, ma anche alle cessioni di
sovranità dei diversi stati mai sottoposte ai referendum popolari o alle
“bocciature” di tali cessioni (nei referendum o nei parlamenti) che
sono state sostanzialmente ignorate. “Per quasi 50 anni” disse Bukovsky
“abbiamo vissuto un grande pericolo sotto l’Unione Sovietica, un
paese aggressore che voleva imporre il suo modello politico a tutto il
mondo. Diverse volte nella mia vita ho visto per puro miracolo sventare
il sogno dell’Urss. Poi abbiamo visto la bestia contorcersi e morire
davanti ai nostri occhi. Ma invece di esserne felici, siamo andati a
crearci un altro mostro. Questo nuovo mostro è straordinariamente simile
a quello che abbiamo appena seppellito”.
Bukovsky si riferiva all’Unione Europea e argomentava: “Chi governava l’Urss? Quindici persone, non elette, che si sceglievano fra di loro. Chi governa l’Ue? Venti persone non elette che si scelgono fra di loro”. Per la verità oggi è peggio, abbiamo addirittura governi non eletti (come quello italiano) con un programma dettato dalla Bce.
Diceva ancora Bukovsky: “Come fu creata l’Urss? Soprattutto con la forza militare, ma anche costringendo le repubbliche a unirsi con la minaccia finanziaria, facendo loro paura economicamente. Come si sta creando l’Ue? Costringendo le repubbliche a unirsi con la minaccia finanziaria, facendo loro paura economicamente. Per la politica ufficiale dell’Urss le nazioni non esistevano, esistevano solo i ‘cittadini sovietici’. L’Ue non vuole le nazioni, vuole solo i cosiddetti ‘europei’. In teoria, ogni repubblica dell’Urss aveva il diritto di secessione. In pratica, non esisteva alcuna procedura che consentisse di uscirne. Nessuno ha mai detto che non si può uscire dall’Europa. Ma se qualcuno dovesse cercare di uscirne, troverà che non è prevista nessuna procedura”.
Bukovsky nel suo intervento arriva a dare giudizi pesanti, forse esagerati, ma chi ha subito – scrive Socci - ciò che lui ha subito in difesa della libertà di coscienza ha tutto il diritto di essere ipersensibile a ogni violazione della libertà di pensiero e dei diritti individuali:
“L’Urss aveva i gulag. L’Ue” aggiungeva Bukovsky “non ha dei gulag che si vedono, non c’è una persecuzione tangibile. Ma nonostante l’ideologia della sinistra di oggi sia ‘soft’, l’effetto è lo stesso: ci sono i gulag intellettuali. Gli oppositori sono completamente isolati e marchiati come degli intoccabili sociali. Sono messi a tacere, gli si impedisce di pubblicare, di fare carriera universitaria ecc. Questo è il loro modo di trattare con i dissidenti”. Qualcosa del genere non sta accadendo anche ai cosiddetti forconi siciliani? Magari esagera un poco l’ex dissidente sovietico, ma è la sua stessa vicenda personale a far riflettere sulla libertà del pensiero e della cultura in Europa occidentale, da questo momento è opportuno far parlare il giornalista senese che ci da una bella lezione sulla dittatura del politically correct di certi cosiddetti intellettuali. “Quanti in Italia conoscono Vladimir Bukovsky, il leggendario dissidente, l’eroico difensore della libertà di coscienza? Eravamo pochissimi isolati che nei primi anni Settanta ne seguivamo le peripezie (nei manicomi politici e nei lager): i miei coetanei – specie quelli che oggi pontificano dai giornali come giornalisti, opinionisti e intellettuali – avevano come loro mito i vari Mao, Fidel Castro e perfino Stalin. Oggi molti di loro – dopo essersi autoassolti – impartiscono lezioni di liberaldemocrazia dai mass media, ma senza mai aver fatto un vero “mea culpa”, infatti continuano a cantare in coro. E continuano ad avere in gran dispetto le voci libere come Bukovsky. Il motivo è semplice. Perché mette sotto accusa le élite culturali europee (e anche quelle politiche). Perché è un uomo che – dopo aver sfidato il Kgb e la cappa di piombo del regime sovietico – ha sfidato la cappa di piombo del conformismo “politically correct” occidentale. E’ uno che nei suoi libri scrive: “Il comunismo è una malattia della cultura e dell’intelletto… Le élite occidentali penso non capissero l’universalità di quel male, la sua natura internazionale e quindi il carattere universale della sua pericolosità”. La sua ha continuato ad essere una voce scomoda e isolata perché – dopo il crollo delle feroci nomenclature comuniste – non ha chiesto vendetta, ma ha pure rifiutato che si autoassolvessero e restassero al potere. Ha scritto in un suo libro: “Noi siamo pronti a perdonare i colpevoli, ma loro non devono assolversi da sé”. E’ chiaro perché uno così, in un paese come l’Italia, è sconosciuto e continua ad essere una voce silenziata. Infatti quante volte è stato fatto parlare in tv o sui giornali italiani?
Parla in Gran Bretagna, in America… Ma in Italia è una voce silenziata. Quali case editrici hanno pubblicato i suoi libri? Prendiamo il volume che ha scritto, dopo il crollo dell’Urss, quando poté tornare a Mosca e pubblicare i documenti degli archivi del Cremlino: chi ha tradotto quel libro in Italia? La piccolissima editrice Spirali. Infatti “Gli archivi segreti di Mosca” è pressoché sconosciuto e ben pochi ne han parlato sui giornali. Eppure riguardava anche noi italiani. Voci profetiche come quella di Bukovsky devono far riflettere soprattutto in un Paese come il nostro dove ha sempre scarseggiato la sensibilità per i diritti dell’individuo e ha sempre abbondato il conformismo culturale, la prevaricazione delle nomenklature e quella dello stato. L’allarme del dissidente russo sull’Europa ci riguarda e ci deve far riflettere. Oggi più che mai. Ma ancora una volta sono poche le voci sensibili all’allarme sulla libertà”.
DOMENICO BONVEGNA
Bukovsky si riferiva all’Unione Europea e argomentava: “Chi governava l’Urss? Quindici persone, non elette, che si sceglievano fra di loro. Chi governa l’Ue? Venti persone non elette che si scelgono fra di loro”. Per la verità oggi è peggio, abbiamo addirittura governi non eletti (come quello italiano) con un programma dettato dalla Bce.
Diceva ancora Bukovsky: “Come fu creata l’Urss? Soprattutto con la forza militare, ma anche costringendo le repubbliche a unirsi con la minaccia finanziaria, facendo loro paura economicamente. Come si sta creando l’Ue? Costringendo le repubbliche a unirsi con la minaccia finanziaria, facendo loro paura economicamente. Per la politica ufficiale dell’Urss le nazioni non esistevano, esistevano solo i ‘cittadini sovietici’. L’Ue non vuole le nazioni, vuole solo i cosiddetti ‘europei’. In teoria, ogni repubblica dell’Urss aveva il diritto di secessione. In pratica, non esisteva alcuna procedura che consentisse di uscirne. Nessuno ha mai detto che non si può uscire dall’Europa. Ma se qualcuno dovesse cercare di uscirne, troverà che non è prevista nessuna procedura”.
Bukovsky nel suo intervento arriva a dare giudizi pesanti, forse esagerati, ma chi ha subito – scrive Socci - ciò che lui ha subito in difesa della libertà di coscienza ha tutto il diritto di essere ipersensibile a ogni violazione della libertà di pensiero e dei diritti individuali:
“L’Urss aveva i gulag. L’Ue” aggiungeva Bukovsky “non ha dei gulag che si vedono, non c’è una persecuzione tangibile. Ma nonostante l’ideologia della sinistra di oggi sia ‘soft’, l’effetto è lo stesso: ci sono i gulag intellettuali. Gli oppositori sono completamente isolati e marchiati come degli intoccabili sociali. Sono messi a tacere, gli si impedisce di pubblicare, di fare carriera universitaria ecc. Questo è il loro modo di trattare con i dissidenti”. Qualcosa del genere non sta accadendo anche ai cosiddetti forconi siciliani? Magari esagera un poco l’ex dissidente sovietico, ma è la sua stessa vicenda personale a far riflettere sulla libertà del pensiero e della cultura in Europa occidentale, da questo momento è opportuno far parlare il giornalista senese che ci da una bella lezione sulla dittatura del politically correct di certi cosiddetti intellettuali. “Quanti in Italia conoscono Vladimir Bukovsky, il leggendario dissidente, l’eroico difensore della libertà di coscienza? Eravamo pochissimi isolati che nei primi anni Settanta ne seguivamo le peripezie (nei manicomi politici e nei lager): i miei coetanei – specie quelli che oggi pontificano dai giornali come giornalisti, opinionisti e intellettuali – avevano come loro mito i vari Mao, Fidel Castro e perfino Stalin. Oggi molti di loro – dopo essersi autoassolti – impartiscono lezioni di liberaldemocrazia dai mass media, ma senza mai aver fatto un vero “mea culpa”, infatti continuano a cantare in coro. E continuano ad avere in gran dispetto le voci libere come Bukovsky. Il motivo è semplice. Perché mette sotto accusa le élite culturali europee (e anche quelle politiche). Perché è un uomo che – dopo aver sfidato il Kgb e la cappa di piombo del regime sovietico – ha sfidato la cappa di piombo del conformismo “politically correct” occidentale. E’ uno che nei suoi libri scrive: “Il comunismo è una malattia della cultura e dell’intelletto… Le élite occidentali penso non capissero l’universalità di quel male, la sua natura internazionale e quindi il carattere universale della sua pericolosità”. La sua ha continuato ad essere una voce scomoda e isolata perché – dopo il crollo delle feroci nomenclature comuniste – non ha chiesto vendetta, ma ha pure rifiutato che si autoassolvessero e restassero al potere. Ha scritto in un suo libro: “Noi siamo pronti a perdonare i colpevoli, ma loro non devono assolversi da sé”. E’ chiaro perché uno così, in un paese come l’Italia, è sconosciuto e continua ad essere una voce silenziata. Infatti quante volte è stato fatto parlare in tv o sui giornali italiani?
Parla in Gran Bretagna, in America… Ma in Italia è una voce silenziata. Quali case editrici hanno pubblicato i suoi libri? Prendiamo il volume che ha scritto, dopo il crollo dell’Urss, quando poté tornare a Mosca e pubblicare i documenti degli archivi del Cremlino: chi ha tradotto quel libro in Italia? La piccolissima editrice Spirali. Infatti “Gli archivi segreti di Mosca” è pressoché sconosciuto e ben pochi ne han parlato sui giornali. Eppure riguardava anche noi italiani. Voci profetiche come quella di Bukovsky devono far riflettere soprattutto in un Paese come il nostro dove ha sempre scarseggiato la sensibilità per i diritti dell’individuo e ha sempre abbondato il conformismo culturale, la prevaricazione delle nomenklature e quella dello stato. L’allarme del dissidente russo sull’Europa ci riguarda e ci deve far riflettere. Oggi più che mai. Ma ancora una volta sono poche le voci sensibili all’allarme sulla libertà”.
DOMENICO BONVEGNA
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