È COSÌ CHE HANNO SCAVATO LA TUA FOSSA
articolo di Maria Ferdinanda Piva per Byoblu.com
Addio Barbara, collega licenziata e disoccupata. Abbiamo lavorato tanti anni insieme e poi ti hanno messa fuori, ben prima di me, e come è assurdo scriverti adesso che ti sei uccisa. “Cronista freelance”, ti definiscono. Ossia, anche tu (come me) eri perennemente a caccia di lavoretti precari sub-sotto pagati.
I suicidi dei disoccupati sono la vera emergenza nazionale, ormai due al giorno. Ci sei finita dentro tu, e la morte mi è passata vicino.
Ma tu conoscevi il mestiere. Non avresti mai, mai!, fatto il titolo “Giornalista sì da fuoco in campagna” con il quale ti hanno salutata. Due errori in un colpo solo, orcapeppa!, e li ha fatti uno che ha il lavoro. Tu non li avresti commessi, ed eri disoccupata. A suo tempo ho “passato” tanti tuoi pezzi: erano meglio di quelli che ora leggo on line sulla tua morte, sia detto senza offesa per i vivi. Potremmo discutere per ore su come si è svilita negli ultimi anni la nostra professione. Però non è il momento, e adesso non ce la farei neppure.
Vedi, Barbara, tu mi conosci. Tu, almeno tu, capirai se parlo di te come collega e non come amica: noi non ci siamo mai frequentate fuori dalla redazione, e me lo ripeto adesso che piango, e devo trovare una scusa presentabile per non averti cercato, e scrivo di te come giornalista e non come persona.
Però il rimorso per non aver telefonato a Barbara lasciatelo a me sola. Il mondo si interessi della Barbara giornalista, una brava giornalista disoccupata. Uno dei due disoccupati che ormai ogni giorno in Italia si tolgono la vita.
Questo mondo ci riduce a meri oggetti economici. Spreme fuori di noi il nostro lavoro curandosi solo che sia tanto, flessibile (meglio se già flesso a 90 gradi) e a buon mercato. Quando ha succhiato tutto quel che gli interessa, ci butta via come gusci vuoti.
Ma il lavoro non è solo un fatto economico. Il lavoro è il principale strumento attraverso il quale ciascuno di noi può lasciare un'impronta sulla realtà e modificarla un pochino in meglio. Lo si fa in mille modi: scrivendo un articolo, aggiustando un lavandino che perde, consegnando la posta.
Se uno lavora, e se il lavoro è fatto bene – tu, Barbara, lavoravi bene – il mondo risulta migliorato.
Quando il lavoro non c'è, è difficile lasciare un'impronta nel mondo, e solo i disoccupati sanno quanto questo sia doloroso. Ma si tratta di un dolore privato. Il fatto collettivo, sociale, sono tutti i possibili miglioramenti perduti. E infatti la disoccupazione è alle stelle, e guardate in che mondo squallido viviamo.
Al mondo non glie ne frega niente di migliorare. Al mondo frega solo del Dio Quattrino: e così hanno scavato la tua fossa. No, Barbara, la tua fossa non te la sei scavata da sola, non sei tu la responsabile della tua disperazione.
Io sono viva, Barbara, e ti prometto una cosa. Conserverò il tuo infinito dolore, me lo porterò dentro, non andrà sprecato. L'ho messo insieme al mio, e fra tutti e due verrà fuori, prima o poi, la forza per ribellarmi a questo mondo ingiusto e indifferente a tutto ciò che non è denaro. Parlo di ribellione perché non posso – ora non posso – contribuire a migliorare il mondo attraverso il mio lavoro.
Lo farò. Te lo prometto, Barbara, troverò il modo.
Maria Ferdinanda Piva
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