Antonella Stirati: "Lo scontro con l'Fmi? Si sono accorti che con l'austerià le cose peggiorano"
Mentre in Europa regna il caos sul dossier della Grecia, scoppiano le contraddizioni tra Fmi e Ue sulle ricette da applicare per uscire dalla crisi. Lagarde si è accorta che a forza di tirare la corda la situazione corre il rischio di imboccare una strada senza ritorno. Viene sempre più allo scoperto il progetto della Germania di ridurre il Vecchio continente a una sua dependance. L'intervista ad Antonella Stirati, docente della Terza Università di Roma.
La presa di posizione del Fmi contro la strategia dell’Eurogruppo sul dossier Grecia ha sorpreso molti commentatori.Cosa sta accadendo?
Quello che sta succedendo è che, al di là dell’interpretazione di questo conflitto da un punto di vista politico, sul piano economico le cosiddette politiche di aggiustamento hanno causato in Grecia un crollo del Pil del 20%, e disoccupazione alle stelle. Tutto questo ha fatto aumentare il rapporto debito pil che è al 190 %. Al raggiungimento di questo livello danno il loro contributo decisivo anche i tassi di interesse sui titoli che devono essere pagati dalla Grecia. Quindi il debito continua ad esplodere nonostante i tagli e nonostante una parte consistente - circa la metà - di questo debito sia stata già cancellata lo scorso anno, attraverso un accordo con i creditori.Stanno metabolizzando un fallimento quindi…
Ora il Fondo monetario internazionale è uscito con un documento in cui si riconosce che il moltiplicatore fiscale era stato sottostimato, cioè che gli effetti delle manovre fiscali sono più forti di quelli previsti nel deprimere l’economia. Si riconosce che le politiche di austerità riducono il Pil molto più drasticamente di quanto il Fondo monetario aveva ipotizzato. Risultato, di fatto non riescono ad aggiustare i conti pubblici. In questo senso la proposta di Lagarde sembrerebbe riconoscere che le politiche di austerità sono inutili, anzi dannose non solo per i redditi e l'occupazione ma persino rispetto all'obiettivo di migliorare i conti pubblici. E va bene. Il punto è che non se ne traggono le conseguenze giuste. Anche una ulteriore cancellazione di una parte del debito, come proposto dal Fondo monetario, senza un cambiamento di rotta delle politiche complessive non basta. E’ stato fatto in precedenza e non ha funzionato. Anche se si taglia il valore del debito della Grecia, quello comunque torna ad accumularsi molto rapidamente a causa della caduta del reddito da un lato e degli elevati tassi di interesse dall'altro. C’è oggi un maggiore realismo da parte del FMI rispetto alla Commissione Europea, ma anziché trarne la conseguenza che bisogna abbandonare la politica di austerità, viene proposta una soluzione che non fa completamente i conti con gli errori del passato. La Grecia avrebbe anche bisogno di politiche volte a ridurre drasticamente i tassi di interesse sul debito pubblico con l’aiuto della Bce e con politiche di rilancio dell’economia. E poi va detto che il Pil della Grecia è piccolissimo rispetto all’Europa, e quindi in un consesso solidale sarebbe meglio pensare a qualcosa di simile ad un 'piano Marshall' con finanziamento di progetti di investimento e piani di sostegno della crescita, per contrastare la caduta libera dei redditi.
L’Italia va in quella stessa direzione o no?
In qualche misura tutti i paesi che hanno adottato queste misure di austerità stanno scontando esiti simili. Il Pil sta cadendo a ritmi più o meno rapidi a seconda dei paesi. In Italia dopo l'approvazione del 'fiscal conpact' da parte del governo Berlusconi e l'accelerazione delle politiche di austerità del governo Monti il rapporto debito/PIL è aumentato. E quindi in un certo senso ci stiamo mettendo sullo stesso cammino.
Sul Welfare italiano continuano ad intervenire con la zappa piuttosto che con il bisturi.
Sicuramente dei tagli più mirati nel senso dell’equità sarebbero non solo meno iniqui ma anche meno recessivi. Però ci sono due problemi, uno generale e uno specifico. Quello specifico riguarda l’anagrafe tributaria poco corrispondente alla realtà reddituale del Paese, e questo è in relazione alla forte evasione fiscale. Alla fine, le fasce con un reddito elevato effettivamente dichiarato sono piccole, limitate per lo più all’alta dirigenza pubblica. Un po’ più facile scovare e colpire le ricchezze, ma quando ci si prova ci sono sempre le alzate di scudi. Però il problema più generale è che i tagli che i governi italiani si sono impegnati a fare accettando il 'fiscal compact' (cioè il raggiungimento del pareggio di bilancio e un significativo abbattimento del debito) sono di dimensioni così grandi che è molto difficile pensare che si possano conseguire operando in modo molto mirato e senza danni per il paese. Il complesso delle manovre fatte fin qui vale circa l’8% del Pil. E quando si viaggia su questi livelli non credo sia possibile evitare di colpire fasce ampie di popolazione e di avere effetti macroeconomici pesantemente negativi. Il fiscal compact ci obbliga non solo al pareggio di bilancio ma anche alla riduzione del debito attraverso avanzi di bilancio. Finché si taglia, il pil continuerà a cadere. Se si smettesse di tagliare a un certo punto si toccherebbe il fondo e ci si fermerebbe nella caduta, pur rimanendo con livelli di reddito e occupazione minori che in precedenza. Ma se si continua a tagliare si continua a cadere. Se non c’è una inversione di rotta non c’è la fine della recessione. Le stime di alcune grandi banche internazionali prevedono per l'Italia nel 2013 una recessione più alta - intorno al 2% - rispetto ai numeri forniti per ora dalle statistiche ufficiali.
La presa di posizione del Fmi contro la strategia dell’Eurogruppo sul dossier Grecia ha sorpreso molti commentatori.Cosa sta accadendo?
Quello che sta succedendo è che, al di là dell’interpretazione di questo conflitto da un punto di vista politico, sul piano economico le cosiddette politiche di aggiustamento hanno causato in Grecia un crollo del Pil del 20%, e disoccupazione alle stelle. Tutto questo ha fatto aumentare il rapporto debito pil che è al 190 %. Al raggiungimento di questo livello danno il loro contributo decisivo anche i tassi di interesse sui titoli che devono essere pagati dalla Grecia. Quindi il debito continua ad esplodere nonostante i tagli e nonostante una parte consistente - circa la metà - di questo debito sia stata già cancellata lo scorso anno, attraverso un accordo con i creditori.Stanno metabolizzando un fallimento quindi…
Ora il Fondo monetario internazionale è uscito con un documento in cui si riconosce che il moltiplicatore fiscale era stato sottostimato, cioè che gli effetti delle manovre fiscali sono più forti di quelli previsti nel deprimere l’economia. Si riconosce che le politiche di austerità riducono il Pil molto più drasticamente di quanto il Fondo monetario aveva ipotizzato. Risultato, di fatto non riescono ad aggiustare i conti pubblici. In questo senso la proposta di Lagarde sembrerebbe riconoscere che le politiche di austerità sono inutili, anzi dannose non solo per i redditi e l'occupazione ma persino rispetto all'obiettivo di migliorare i conti pubblici. E va bene. Il punto è che non se ne traggono le conseguenze giuste. Anche una ulteriore cancellazione di una parte del debito, come proposto dal Fondo monetario, senza un cambiamento di rotta delle politiche complessive non basta. E’ stato fatto in precedenza e non ha funzionato. Anche se si taglia il valore del debito della Grecia, quello comunque torna ad accumularsi molto rapidamente a causa della caduta del reddito da un lato e degli elevati tassi di interesse dall'altro. C’è oggi un maggiore realismo da parte del FMI rispetto alla Commissione Europea, ma anziché trarne la conseguenza che bisogna abbandonare la politica di austerità, viene proposta una soluzione che non fa completamente i conti con gli errori del passato. La Grecia avrebbe anche bisogno di politiche volte a ridurre drasticamente i tassi di interesse sul debito pubblico con l’aiuto della Bce e con politiche di rilancio dell’economia. E poi va detto che il Pil della Grecia è piccolissimo rispetto all’Europa, e quindi in un consesso solidale sarebbe meglio pensare a qualcosa di simile ad un 'piano Marshall' con finanziamento di progetti di investimento e piani di sostegno della crescita, per contrastare la caduta libera dei redditi.
L’Italia va in quella stessa direzione o no?
In qualche misura tutti i paesi che hanno adottato queste misure di austerità stanno scontando esiti simili. Il Pil sta cadendo a ritmi più o meno rapidi a seconda dei paesi. In Italia dopo l'approvazione del 'fiscal conpact' da parte del governo Berlusconi e l'accelerazione delle politiche di austerità del governo Monti il rapporto debito/PIL è aumentato. E quindi in un certo senso ci stiamo mettendo sullo stesso cammino.
Sul Welfare italiano continuano ad intervenire con la zappa piuttosto che con il bisturi.
Sicuramente dei tagli più mirati nel senso dell’equità sarebbero non solo meno iniqui ma anche meno recessivi. Però ci sono due problemi, uno generale e uno specifico. Quello specifico riguarda l’anagrafe tributaria poco corrispondente alla realtà reddituale del Paese, e questo è in relazione alla forte evasione fiscale. Alla fine, le fasce con un reddito elevato effettivamente dichiarato sono piccole, limitate per lo più all’alta dirigenza pubblica. Un po’ più facile scovare e colpire le ricchezze, ma quando ci si prova ci sono sempre le alzate di scudi. Però il problema più generale è che i tagli che i governi italiani si sono impegnati a fare accettando il 'fiscal compact' (cioè il raggiungimento del pareggio di bilancio e un significativo abbattimento del debito) sono di dimensioni così grandi che è molto difficile pensare che si possano conseguire operando in modo molto mirato e senza danni per il paese. Il complesso delle manovre fatte fin qui vale circa l’8% del Pil. E quando si viaggia su questi livelli non credo sia possibile evitare di colpire fasce ampie di popolazione e di avere effetti macroeconomici pesantemente negativi. Il fiscal compact ci obbliga non solo al pareggio di bilancio ma anche alla riduzione del debito attraverso avanzi di bilancio. Finché si taglia, il pil continuerà a cadere. Se si smettesse di tagliare a un certo punto si toccherebbe il fondo e ci si fermerebbe nella caduta, pur rimanendo con livelli di reddito e occupazione minori che in precedenza. Ma se si continua a tagliare si continua a cadere. Se non c’è una inversione di rotta non c’è la fine della recessione. Le stime di alcune grandi banche internazionali prevedono per l'Italia nel 2013 una recessione più alta - intorno al 2% - rispetto ai numeri forniti per ora dalle statistiche ufficiali.
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