giovedì 22 novembre 2012

Il refrain dei Monti’s fan: senza, sarebbe andata peggio


Un anno di Governo Monti. I record del Professore…
di Miro Renzaglia - 21/11/2012
Fonte: mirorenzaglia 
Appena ieri, il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha emesso la seguente sentenza: «I partiti con posizioni diverse potranno al massimo aggiungere qualcosa e non distruggere quello che ha fatto Mario Monti».
Il detto, va da sé, è a un tempo di monito a chi s’azzardasse a mettere in discussione il tracciato di Monti e di encomio per l’operato svolto in un anno dall’esimio bocconiano prestato a Palazzo Chigi. Il detto, ancora, è di quelli apodittici: ovvero, se ne sbatte dei dati e dei risultati, delle cifre e delle percentuali, delle critiche e delle obiezioni. Non c’è bisogno di dimostrazioni: è così perché Lui dice che è così. Ma è proprio così? Vediamo.

Dunque, andiamo con ordine. Mario Monti venne chiamato di gran carriera a Palazzo Chigi perché l’Italia era a rischio collasso (o default, se preferite) a causa di un mostruoso debito pubblico che divorava ricchezze e risorse del Paese. La terapia d’emergenza proposta dal nominato fu d’urto. E che urto: tasse alle famiglie e tagli alla spesa pubblica. A parte che non serve uno scienziato per applicare questa ricetta, bastava un onesto ragioniere tanto la formula è risaputa, la domanda vera è: è servita a qualcosa? Beh, si direbbe proprio di no. Stando ai rilevamenti di Eurostat, nel secondo trimestre del 2012 il debito pubblico italiano ha toccato il nuovo record storico: 126,1% del Pil. Che tradotto in soldini reali fanno 1.972,9 miliardi di euro rispetto ai 1966,3 di maggio 2012. Insomma, le maggiori entrate fiscali, tipo l’Imu o l’aumento delle accise della benzina, non solo non sono riuscite a ridurre il debito ma questo si è ulteriormente gonfiato.
Conosco bene il refrain dei Monti’s fan: senza quelle misure, sarebbe andata peggio. E sia. Tuttavia, è lecito prendere atto che nonostante l’amara medicina il malato si è aggravato, o no? Con dei fastidiosi effetti collaterali: sottrarre alle famiglie le già non faraoniche risorse economiche le induce a consumare meno. Consumare meno significa mandare in recessione il ciclo produttivo. La crisi del sistema produttivo provoca la chiusura delle fabbriche (o la loro delocalizzazione in paesi dalla mano d’opera a costi più bassi). La chiusura di fabbriche e aziende provoca disoccupazione. E, infatti, a settembre 2012 il livello di disoccupazione ha registrato un nuovo record: 10,8% pari a 2,8 milioni di senza lavoro. Che sale al 12,1% considerati gli “scoraggiati”, ovvero quei disgraziati che hanno perfino smesso di cercarlo un lavoro, tanto la ricerca si rivela inutile. Dato che è quasi roseo se messo a confronto con la disoccupazione giovanile che – e anche questo è un record – sale al 34,3%.
Ma c’è di più. Ricordate la nota formula di quell’altro insigne economista che risponde al nome di Jean-Claude Trichet, già Presidente della Bce, che sosteneva che il sacrificio fatto per tenere bassa l’inflazione avrebbe consentito la stabilità dei prezzi nell’Eurozona? Orbene, pur a fronte di una inflazione scesa ad ottobre al minimo annuale del 2,6%, i prezzi dei prodotti acquistati con maggiore frequenza dai consumatori italiani aumentano su base
 mensile dello 0,8% e il tasso di crescita su base annua sale al 4,7%. E, allora, delle due una: o la ricetta di Trichet è sbagliata o, se è esatta, Monti non è in grado di applicarla.
Alla luce di tutto questo, resta davvero difficile capire il monito di Napolitano a proseguire sulla via maestra tracciata da Monti e, ancora di più a comprendere come i partiti potrebbero aggiungere ancora qualcosa al disastro che il professore sta provocando. Ma siccome al peggio non c’è mai fine, vedrete che qualcosa s’inventeranno. Altro che ripresa. D’altronde, siamo un popolo di masochisti: nonostante tutto, e stando ai sondaggi, Monti continua ad essere l’uomo “politico” a più alto gradimento degli italiani. E questi sono misteri veramente poco gaudiosi.

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