La ripresa? Una chimera
di Paolo De Gregorio - 19/11/2012Fonte: Arianna Editrice
Malgrado Monti, con la vecchia ricetta di tasse e rigore, il debito pubblico è aumentato (duemila miliardi di euro), e gli ottanta miliardi di interessi che paghiamo ogni anno a banche e privati impediscono qualsiasi intervento della mano pubblica su economia, ricerca, opere pubbliche, conducendoci a recessione, declino, fallimento.
Sinceramente non capisco su quali basi i politici e il governo “tecnico” parlino di sviluppo e uscita dalla crisi, senza peraltro uscire dal generico e dallo speranzoso, mentre è chiaro che nessuno sa che pesci prendere, a fronte di una economia globalizzata che promette di premiare ulteriormente paesi come Cina e India che pensano nei prossimi 10 anni di raddoppiare la propria capacità produttiva, che stanno formando un altissimo numero di matematici, ingegneri, ricercatori, capaci già oggi di offrire sul mercato a 64 dollari un tablet di buona qualità che presto sostituirà i libri nelle loro scuole e Università e sarà offerto a 20 dollari agli studenti.
La globalizzazione e la libera circolazione di capitali ci hanno regalato anche la scomparsa dall’Italia di migliaia di imprese che hanno delocalizzato verso paesi dove si pagano meno tasse e la manodopera è a basso costo, cancellando centinaia di migliaia di posti di lavoro.
Molti pezzi pregiati della nostra industria sono stati acquistati da multinazionali straniere o fondi sovrani: Banca Nazionale del Lavoro, Parmalat, Galbani, Invernizzi, Cademartori, Bulgari, Gucci, Fendi, Ferrè, COIN, sono finiti in Francia, Valentino ( in Inghilterra), Standa e Ducati (in Germania), Safilo (in Olanda), Fiorucci (in Giappone), Olio Sasso, Carapelli, Bertolli, Olio Dante, Star (in Spagna), Rigamonti (in Brasile), agli anglo-olandesi della Unilever sono andati Algida, Santa Rosa, Sorbetteria Ranieri, riso Flora, mentre la svizzera Nestlè ha acquisito Buitoni, Motta, Perugina, Antica Gelateria del Corso, acque minerali come la San Pellegrino, Acqua Panna, Recoaro, Vera, Levissima, gli elettrodomestici Rex, Zoppas, Zanussi, Molteni sono passati alla svedese Electrolux.
La penetrazione dei grandi gruppi della distribuzione (Carrefour, Auchan, Ikea),che fa chiudere tante imprese italiane, è affiancata da nuove imprese degli immigrati (ci sono in Italia 58.000 imprese cinesi). I nostri cantieri navali stanno chiudendo perché senza ordinativi, grazie alla concorrenza di Cina e Corea del Sud che producono a prezzi inferiori e con minori attese, Alitalia interessa ai francesi e FIAT sta andando verso gli USA. Se la crisi si aggrava anche i gioielli, Finmeccanica ed Eni, verranno ceduti.
Se ci ostiniamo a restare in questa dimensione economica globalizzata, saremo stritolati e il nostro declino è sicuro, semplicemente perché la partita è già stata vinta da chi possiede multinazionali che comprano tutto, da chi ha grandi istituzioni finanziarie, chi ha centinaia di milioni di lavoratori a basso costo, da chi possiede fondi sovrani che investono in mezzo mondo. L’Italia non ha nulla di tutto questo e continuiamo a subire una immigrazione che fa pensare ad una prossima guerra tra poveri.
Abbiamo bisogno di un governo che la finisca di dire balle alla gente, dica chiaramente in che situazione siamo e le scelte per uscirne.
Anzitutto bisogna pensare a tagliare la spesa pubblica, non certo i servizi ai cittadini, ma abolire le province (tutte), il finanziamento ai partiti e all’editoria, abolizione del Senato, riduzione dello stipendio dei parlamentari a 5.000 euro, abolizione del vitalizio, riduzione drastica delle spese militari e ritiro da tutte le missioni internazionali, abolizione dell’8 per mille alla Chiesa e del finanziamento alle scuole private, il commissariamento di tutti quei Comuni che sforano il pareggio di bilancio, per non trovarsi più in situazioni come quella di Parma con un miliardo di euro di deficit, che rende impossibile il governo della città, abolizione di tutte le convenzioni tra Sanità pubblica e strutture ospedaliere private, che succhiano nel malaffare ingenti somme di denaro pubblico.
Ma i tagli non bastano, bisogna ristrutturare l’economia, partendo da due settori fondamentali per la sopravvivenza: l’autonomia energetica e quella alimentare, con una nuova politica per la gestione dei rifiuti, la valorizzazione di tutto il nostro patrimonio artistico e ambientale per incrementare il turismo.
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